La giornata è cominciata con un cappotto più leggero, in onore alla ricorrenza. E’ proseguita con un treno preso in corsa, dopo il caffè del bar dell’angolo, la normalità di chiacchiere, un invito alla lettura.
A scuola (come tutti i venerdì) il tempo vola via frenetico: dagli Anatri c’è da interrogare in storia, ascoltare le ricerche sui sistemi educativi dei paesi europei a confronto, parlare di teatro delle origini, discutere i dettagli dell’ormai imminente viaggio in Appennino.
“Che poi lo so, prof., con le ragazze di 2A, all’inizio ci guarderemo strane, e in capo a due giorni saremo inseparabili” – osserva la nuova arrivata, Jane Andrews, all’intervallo.
“E’ vero: i maschi in questo senso son più ovvi” – le fa eco dal termosifone Bella.
“Certo che lo sono” – la ‘povna interloquisce, pronta. “Ricordatevi, ragazze: parliamo di due neuroni e due sinapsi. Dategli una palla da seguire, in mezzo al mucchio. E loro saranno, come le foche, inconsapevoli e felici”.
Le bimbe ridono, la complicità si sente. Nel frattempo nel crocchio sbuca (inattesa) la testa di Sandokan. Sente solo la seconda parte del discorso: “Una palla, evviva, bello” – prorompe senza porre tempo in mezzo.
E tutte loro annuiscono con aria saputa.
Alla 3^ ora c’è da correre dalle Giovani Marmotte. Si fa Storia, si accoglie un nuovo arrivo con un altro giro di gioco del gomitolo (che ha portato, con bella consapevolezza, Armadietto). Nel mezzo fervono i preparativi per quell’altro viaggio (a Praga, coi Merry Men, partenza il 1^ aprile, che a raccontarlo sembra un pesce): la ‘povna, Mr. House e l’Ingegnera Tosta rincorrono cartine, itinerari, mappe, ognuno secondo la sua verve e le sue capacità.
La ‘povna piomba nel bosco dei Merry Men che si sente già in ritardo. Per fortuna a portare le sue cose (faldone, borsa, libri e anche il registro) ci ha pensato Cirillo Skizzo. Si parla di Dante, si mettono croci positive sul tabellone del destino (una cosa folle e narcisista sulla quale la ‘povna e loro segnano i punti premio per decidere il via al trasferimento), si chiacchiera.
La ‘povna non è preparata, come sempre, quando suona la campana.
Però “è primavera, prof.: ha visto che sole bello?”.
“L’ho visto sì, miei cari, e non vedevo l’ora di vederlo!”.
Ma il tempo delle chiacchiere è finito: al Prefabbricato già la aspettano. Ed è lì che, dopo una sessione a parlare del sito della scuola, una crisi isterica e un invito a un concerto, la ‘povna, con quell’ora buona di ritardo, riesce infine a raggiungere Mafalda al coro. Poi è tutta in discesa, finalmente (nonostante la canzone scelta oggi faccia letteralmente schifo al cazzo). Alle cinque del 21 marzo del 2014 la ‘povna, finalmente, mette di nuovo piede in casa.
Tempo di parlare di letteratura ce ne è poco: c’è da preparare le tracce di storia, per il tema dei Merry Men di giovedì prossimo. Però la ‘povna ci teneva, invece, molto. E dunque attinge a un titolo che non è omen, per il contenuto, però si adatta tanto al giorno, e decide (per la prima volta) di dedicarsi al suo Fenoglio. E al romanzo – l’unico, a tema resistenziale, pubblicato in vita e per volontà esplicita dell’autore, per i tipi di Garzanti – Primavera di bellezza. Perché le parole decontestualizzate di questo titolo fascista si facciano portavoce, imprevedibili, di una qualche, so much longed, complicazione della trama.
Uscito nel 1959, dopo una storia compositiva complessa (che avrebbe portato, nel mezzo, l’autore ad abbandonare un romanzo intero, pubblicato postumo e non finito, con il titolo di Partigiano Johnny), Primavera di bellezza rappresenta l’unico romanzo resistenziale pubblicato in vita da Fenoglio. Racconta la vicenda di un giovane studente piemontese, Johnny, dai giorni di servizio (controvoglia) come ufficiale del regio esercito, fino alla svolta dell’8 settembre, il “tutti a casa” che prende l’intera Italia alla sprovvista, il rocambolesco ritorno in Piemonte, coi tedeschi, ex alleati, ora nemici, che sparano a vista, la decisione iniziale di non prendere più parte a tutto ciò che sia militare e di guerra, e l’altrettanto repentino impulso a unirsi a un reparto di appena nati partigiani. Gli ultimi capitoli raccontano brevemente le prime avventure di Johnny nella nuova condizione esistenziale, la prima vissuta per scelta dopo le imposizioni del ventennio, fino alla fine, improvvisa, in un’imboscata.
E’ un libro strano, Primavera di bellezza, e, per quanto breve, non sempre facile. Per l’argomento trattato, per lo stile, asciutto, scabro, assai diverso dalle volute ariostesche che caratterizzeranno Una questione privata (non parliamo del particolarissimo stile del Partigiano Johnny). Eppure è un romanzo doveroso, in molti sensi. Perché raramente è stata raccontato con tanta precisione nitida, militante e insieme durissima, che cosa abbia voluto dire, per molti giovani nati al mondo insieme al fascismo, vivere sotto “gli anni difficili”; e perché nessuno come Fenoglio riesce a dare conto, in pochi tocchi, dell’ineluttabilità necessaria, ma insieme così casuale, come furono i giorni post 8 settembre, della scelta partigiana.
La ‘povna lo consiglia come prima tassello di un percorso di avvicinamento, che dovrebbe comprendere (almeno) anche alcuni racconti della raccolta I ventitré giorni della città di Alba; e poi (ovviamente) Il partigiano Johnny e Una questione privata. Ed è così, parlando di un romanzo che le è caro come un pezzo di vita, di lavoro, di studio (un po’ di tutto) che la ‘povna festeggia, a modo suo, il primo giorno di primavera del 2014. E partecipa al venerdì del libro.