Quanti formati di pasta conoscete? E quante varietà di riso vi vengono in mente? E la polenta, con quali farine di mais di prepara? Per conoscere il variegato patrimonio gastronomico dei primi piatti bisogna andare al Festival dei Primi d’Italia, una rassegna che si tiene ogni anno, a fine settembre, nel cuore storico di Foligno. Quest’anno il Festival è stato inaugurato giovedì 26 settembre e si concluderà questa sera, domenica, 29 settembre.
Oltre agli assaggini (2,50 euro l’uno) e ai menu degustativi tematici (7,50 euro l’uno), la rassegna ospita presentazioni di libri (come quello dedicato alla celiachia e alle ricette senza glutine), corsi tematici e per i più piccoli, esposizione di creazioni originali realizzate con i vari formati di pasta (come quadri e orologi da parete)
show-cooking con i maestri della cucina italiana (tra gli chef celebri vale la pena menzionare Simone Rugiati, conduttore del fortunato programma Cuochi e Fiamme, Claudio Sadler, Anna Moroni, Mauro Uliassi, Gaetano Trovato), ma anche mostre-mercato di prodotti tipici locali (come legumi e cereali, formaggi, salumi, liquori e birre) e convegni sulla storia del cibo, come quello del professor Massimo Montanari, insegnante di Storia Medievale e Storia dell’alimentazione mondiale all’Università di Bologna, che ha tenuto una lezione sui “Tempi del cibo”. Per vari motivi, purtroppo non ho potuto seguire l’intervento di Montanari, ma essendo una vera e propria “testimonial” del professore conoscevo già il contenuto del suo intervento e chi volesse approfondire l’argomento, in uno dei suoi testi dedicati alla storia del cibo nel mondo, dal titolo “Il cibo come cultura”, può trovare un lungo capitolo dedicato proprio ai tempi del cibo e al concetto di stagionalità dal Medioevo fino ad oggi. Tra le iniziative, anche la mostra dedicata a Barbanera (con il famoso e mitico calendario, immancabile a casa mia) con notizie, storie, aneddoti dedicati al cibo, alle stagioni e alle proprietà dei cibi.
Il festival dei Primi d’Italia è un’occasione per scoprire, assaggiare, imparare e curiosare esplorando un mondo di cui facciamo parte, che a volte però ci sfugge o non conosciamo in modo appropriato. In fondo, il nostro patrimonio gastronomico è uno dei più grandi valori aggiunti che abbiamo, ma ancora oggi non siamo capaci a divulgarlo, valorizzarlo e venderlo all’estero come meriterebbe. E come chiede (implorandoci da tempo) anche la nostra economia.
Uno dei punti più interessanti della rassegna dedicata ai Primi d’Italia è sicuramente l’esposizione dei pastifici artigianali italiani, nella suggestiva corte di Palazzo Trinci, dove è possibile trovare marchi di pasta di grande qualità e formati davvero originali: dai fusilli verdi, perché impastati con il sedano, ai tortelli al limone, dalle farfalle multicolore alle tagliatelle al farro, passando per i rigatoni di grano duro toscano, scuri e rustici, come le paste di una volta. Senza dimenticare la numerosissime varietà di riso e di farine per polenta.
Naturalmente, tra i pastifici industriali e artigianali presenti al festival (come De Cecco e la Molisana, Garofalo, Martelli, Fabbri, Campofilone, Setaro, ecc) non compariva Barilla, che ormai con la pasta non ha davvero più nulla a che fare. Il famosissimo brand, che ha lanciato la nostra pasta nel mondo, infatti, realizza oggi prodotti di pessima qualità, con grano ammuffito (o al limite dell’ammuffimento) proveniente dalla Cina, mentre con il nostro grano crea i formati di pasta destinati agli Usa.
Uno dei prodotti più interessanti che ho scoperto al Festival dei Primi d’Italia (nell’edizione di due anni fa) è la roveja, un legume molto particolare e raro, che cucino in inverno. Il suo aspetto è a metà strada tra un pisello e una lenticchia; ha un colore che va dal verde scuro al marroncino e viene coltivato solo in alcune zone dell’Umbria. È ideale per zuppe, minestre e vellutate, è molto proteica, ricca di potassio e fosforo (quindi va bene per chi ha problemi cardiaci e di pressione alta) ed è buonissima.
A breve, sul blog, troverete una ricetta per preparare una zuppa di roveja.
Intanto, eccovi una ricetta che mi ha dato una delle aziende produttrici locali di legumi e cereali.
Farricello alle erbe aromatiche
Ingredienti per 4 persone: 300 g di farro spezzato, 1 cipolla, 1 spicchio di aglio, foglie di maggiorana e prezzemolo, 1 litro di brodo vegetale, la polpa di 2 pomodori maturi, 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, sale, formaggio grattugiato.
Fate un trito di odori ed erbette e rosolateli in pentola con l’olio per 2-3 minuti, unite i pomodori, allungate con il brodo vegetale, salate a piacere e portate a bollore. Versate il farro e fate cuocere per 40 minuti, quindi servite con formaggio a piacere.