Il primo maggio è la prosecuzione del 25 aprile con altri mezzucci, soggettoni e canzoni. I partigiani cedono il posto ai sindacalisti che prendono la testa del corteo. Cioè prima l’àggio del burocrate su quello del residuato di guerra. Poi, insieme sfileranno gli uni e gli altri che sono ormai più numerosi dei lavoratori in Italia. Questo è un paese fondato sul mito della resistenza e sulla mitologica resistenza delle corporazioni, dove l’abitudine nazionale è quella di addossare all’altra categoria ciò che non vorresti sia mai fatto alla tua. Anzi, potremmo dire che alla festa del lavoro i veri imbucati sono proprio i lavoratori che non (r)esistono più perché a furia di tirare la cinghia hanno perso tutto il corpo. In quel luogo comune dove si ritroverà questa bella gente si sprecheranno, ancora, bandiere rosse e parole al vento. Per finire in bellezza con una gran concertazione dove se le canteranno e se le suoneranno di santa ragione, in mezzo al fumo di qualche cannone. Come cantava Elio: “Corre nu guaglione dentro al centro sociale, corre nu poliziotto che lo vuole acchiappare, corre il metalmeccanico che brandisce una biella corre quella col piercing che non è tanto bella…Ma comunque prima di cantare una canzone balcanosa ricorda di fare una cosa lanciare un’invettiva contro il capitalismo. (Allora noi vogliamo dedicare questa canzone contro il capitalismo, perché è ora dire basta col lavoro che sfrutta tutti. Devono capire che hanno rotto le palle i padroni, perché le masse operaie… o ma non vi sento fatevi sentire, siete tantissimi!)” [Il complesso del primo maggio, Elio e le storie tese]. Più che una festa una farsa. Insomma, strano a dirsi, la vita è una sòla, solito “Primo Maggio con noia” (ma questa è un’altra canzone).