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Prisoners – Recensione

Creato il 06 novembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
prisoners

Photo credit: Gage Skidmore / Foter.com / CC BY-SA

In uscita il 7 novembre nelle sale italiane, Prisoners, è il nuovo thriller ad alta tensione del regista canadese Denis Villeneuve (già regista de La donna che canta – candidato all’Oscar come Miglior Film straniero nel 2011).

In questa pellicola il protagonista Keller Dover è interpretato da Hugh Jackman, che finalmente tenta di distanziarsi dai soliti ruoli da supereroe macho e si cala in una parte più umana, quella del padre di famiglia, e al contempo più buia. La figlia di Keller è infatti stata rapita, insieme alla sua amica, durante il Giorno del  Ringraziamento,  e le due sembrano essere introvabili.
L’unico indiziato è un ragazzo, interpretato da Paul Dano (Little Miss Sunshine; Ruby Sparks), che girava su un camper nei pressi della loro casa ma è fondamentalmente incapace di intendere e di volere, perchè, nonostante la sua stazza di adulto, ha un’età mentale di dieci anni.
Su questo filo si svolge Prisoners, un bel thriller ansiolitico in cui il poliziotto instancabile è Jack Gyllenhaal, con quella suo solito sorriso sconsolato e gli occhi da cucciolone triste. Il film, contestualizzato negli Stati Uniti dei nostri giorni nostri, è incentrato sul concetto di prigioniero: chi è davvero prigioniero di chi, ma, sopratutto, prigioniero di cosa?
Con un impianto tipico del genere, la vicenda si sviluppa in modo fluido e coinvolgente, in quasi 2 ore e mezza di film, la noia è poca.
C’è forse qualche incongruenza non immediatamente comprensibile, ma sono, in realtà, piccoli particolari che non disturbano la qualità dell’ansia.
I personaggi sono caratterizzati da un senso di abbandono rispetto alle istituzioni: un’idea per nulla banale.; credere ciecamente nella divisa e nella Patria è’ forse  il tratto distintivo degli americani.  Che  in un film di questo tipo- non proprio di impegno sociale – venga inquadrato un disagio sociale di questa entità, è una bella critica.

Le poche critiche fattibili a Prisoners sono l’eccessiva crudità di alcune scene, evitabili, che rendono alcuni momenti paragonabili a Saw , ed alcuni particolari inspiegabili ancora alla fine del film. Tutto sommato è però una pellicola interessante e ben congegnata, di sicuro non manca la tensione.

Ma la domanda che ognuno di noi si pone alla fine di questi film è: perché negli Stati Uniti lasciano sempre le porta aperte ma hanno la pistola carica?


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