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Processo Arrigoni: Ai limiti della farsa

Creato il 06 gennaio 2012 da Tnepd

Nena News

Amr al Ghoula, imputato a piede libero per il rapimento e l’assassinio di Vittorio non si è presentato in aula. Alla difesa non è stata passata documentazione. Dopo cinque minuti udienza aggiornata al 16 gennaio

vittorio
Gaza, 05 gennaio 2011, Nena News – Si prevedeva una udienza importante e invece anche oggi non è stata fatta chiarezza sul sequestro e l’assassinio di Vittorio Arrigoni, compiuto lo scorso aprile a Gaza da un sedicente gruppo salafita palestinese. Uno dei quattro imputati – Amr Al Ghoula – agli arresti domiciliari, non si è fatto trovare nella gabbia degli imputati, violando l’ordine della corte militare di presentarsi all’udienza. In assenza di Al Ghoula, ora ricercato su mandato d’arresto, e della documentazione sulle operazioni di indagine non pervenuta alla difesa di un altro imputato, cinque minuti sono bastati alla corte per chiudere l’udienza e rinviarla al prossimo 16 gennaio. Il processo cominciato quattro mesi fa procede ad una lentezza sconcertante, un vero e proprio affronto alla famiglia Arrigoni che, peraltro, il mese scorso, aveva espresso la sua totale contrarietà ad una eventuale condanna a morte degli imputati. Aveva però chiesto giustizia e chiarezza che invece restano lontane.

L’udienza precedente, svoltasi poco prima di Natale, era stata breve ma di una certa importanza. Il processo sembrava aver fatto finalmente un passo in avanti dopo tre mesi trascorsi a dibattere, quasi sempre, di questioni procedurali. La Pubblica accusa militare aveva portato in aula l’hard disk del computer dove sono state ritrovate le immagini del rapimento di Vittorio. Si era parlato in particolare del filmato messo in rete dai sequestratori il pomeriggio dello scorso 14 aprile allo scopo di ottenere uno scambio tra l’italiano e il leader spirituale del gruppo armato islamico «Tawhid wal Jihad», arrestato all’inizio del 2011 dalle forze di sicurezza del governo di Hamas.

L’ultima udienza si era svolta mentre veniva diffusa in rete la lettera di risposta della madre e della sorella di Vittorio – Egidia Beretta e Alessandra Arrigoni – alla «richiesta di perdono» inviata dalle famiglie di tre dei quattro imputati. Di fronte alla possibilità che i tre imputati vengano condannati a morte, la madre e la sorella di Vittorio hanno espresso l’auspicio che il processo si svolga in modo regolare, nel rispetto delle procedure stabilite dalla legge internazionale e che venga fatta piena luce sull’assassinio. Più di tutto Egidia Beretta e Alessandra Arrigoni hanno chiesto che non venga attuata una sentenza di morte in caso di condanna degli imputati. Si tratta di una posizione coerente con i valori, i principi e la storia politica e umana di Vittorio e della sua famiglia, ed è importante che sia stata espressa in modo pubblico. Ma altrettanto rilevante è la richiesta che sia fatta piena luce su quanto è accaduto nella notte tra il 14 e il 15 aprile, quando i rapitori decisero di assassinare l’attivista italiano e di non rispettare l’ultimatum che loro stessi avevano lanciato.

Su questo punto non ha fornito nuovi elementi la dichiarazione fatta il mese scorso da Tamer Hasasnah, l’imputato che ha ammesso senza esitazioni di aver girato e caricato le immagini sul computer mostrato in aula. Hasasnah alle domande della Pubblica accusa e alla richiesta di chiarimenti fatta dal presidente della corte, ha replicato che la decisione di uccidere Vittorio fu presa dagli altri due membri della cellula: il giordano Abdel Rahman Breizat, il leader del gruppo, e il suo braccio destro Bilal Omari. Entrambi però non possono rispondere a queste affermazioni, perché sono stati uccisi delle forze di sicurezza di Hamas, durante uno scontro a fuoco avvenuto due giorni dopo l’assassinio di Vittorio.

Gli avvocati dei quattro imputati puntano la loro strategia difensiva sul ruolo da protagonisti che avrebbero avuto Breizat e Omari, in modo da alleggerire la posizione dei loro assistiti. A Gaza però si dice che una sentenza di colpevolezza piena attende i tre principali imputati, che rischiano la pena di morte. Da qui l’appello rivolto alla famiglia Arrigoni. La prossima udienza del processo è fissata per il 16 gennaio.

Intanto il mese scorso è tornato operativo il blog di Vittorio Arrigoni, Guerrillaradio. La famiglia Arrigoni vuole continuare a dar voce ai testimoni di tutte le ingiustizie e delle negazioni dei diritti umani, ovunque essere si manifestino. Nena News


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