"Ho scritto la relazione tra Hermione e Ron per soddisfare me stessa. È per questo che è nata, in realtà. Hermione è finita con Ron per ragioni che avevano poco a che fare con la letteratura e molto più a che fare con il mio desiderio di rimanere fedele al plot iniziale."
Ora, a parte quello che molti potrebbero dire sul caso isolato che è la questione Rowling (non mi interessano i discorsi "ship", quindi astenetevi, vi prego), il mio discorso si allarga nel momento in cui, dopo aver letto questa frase, mi sono chiesta...
Ma è l'autore che decide il plot o sono i personaggi che lo modellano?
È giusto modificare una storia, un'idea iniziale (come il plot di cui parla la Rowling) perché nel bel mezzo del processo creativo ci si rende conto che la suddetta idea ha dei buchi o i personaggi intorno alla quale si doveva in principio modellare hanno iniziato a smussare il castello costruito dall'autore per crearne un palazzo rinascimentale?
Quale tra i due è il migliore? Il castello o il palazzo?
Per ricollegarmi alla frase della Rowling, quest'ultima sembra aver seguito un processo creativo evolutosi più o meno così:
- Ha delineato un plot iniziale.
- Ha scritto la storia da lei delineata, dando voce ai personaggi che, come spesso accade, su carta hanno iniziato ad avere una loro personalità ben distinta dall'idea di base.
- Ha notato delle incongruenze nei protagonisti con la sua idea iniziale. Penso ciò si colleghi al fatto che alcuni dei suoi personaggi abbiano iniziato a smussare il castello di "Harry Potter", minando le fondamenta del plot base.
- Alla domanda, "cedo all'inclinazione del personaggio o continuo con la mia idea?", ha deciso di rimanere legata all'idea iniziale.
Ribadisco: i risultati del processo di JKR mi interessano poco e niente, ormai è fatta e non vedo perché indugiare in inutili discussioni visto che non sapremo mai come sarebbe potuto essere. Ciò che però mi interessa è la domanda, "cedo o non cedo?", mi lascio andare all'inclinazione dei miei personaggi o seguo l'idea che ho avuto sin dall'inizio?
Lo chiamerò... "Il bivio dello scrittore".
Sono assolutamente certa che seguendo l'idea iniziale si arrivi a una conclusione soddisfacente. Certo, la Rowling sembra pensare di aver ignorato delle possibilità di miglioramento non indifferenti (per decidere di dirlo pubblicamente...), perché anche una cosa stupida come invertire delle chimiche base nella trama può smuovere un po' le cose, soprattutto in un romanzo per ragazzi. Ma quali sono i pro e i contro? Perché una scelta dovrebbe prevalere sull'altra?Pro
- Se sono i protagonisti a guidare la storia le possibilità di ottenere una caratterizzazione migliore e, di conseguenza, una trama più fedele al personaggio aumentano.
- C'è sempre la possibilità che si creino alchimie tra i personaggi che non ci saremmo aspettati. Lasciarli liberi di seguire le inclinazioni che si manifestano, quelle che lo scrittore non aveva previsto, potrebbe portare a ottenere un equilibrio maggiore e una storia più realistica o appassionante.
- Si rischia, in caso di scrittori inesperti, di minare le fondamenta della storia e lasciarla andare allo sbaraglio.
- È sempre un rischio che l'autore prende, perché è qualcosa di imprevisto.
- La solita solfa del "rischio cliché". Quando si seguono le inclinazioni di alcuni personaggi si rischia di ricadere in quello che molti definiscono "cliché". Volete un mio parere? Chi definisce il "cliché" è la prima persona che andrebbe presa a schiaffi, di quelli forti. Il cliché è, spesso e volentieri, il naturale andamento della vita. Se i vostri protagonisti si sposano alla fine di un romanzo, quello è un happy ending un po' cliché, non vi pare? Eppure se nell'ultima pagina, in chiesa, faceste entrare un serial killer con un manganello che, di punto in bianco, prenda a uccidere tutti fino a concludere la storia con il suo sorriso inquietante e sangue sull'altare (fa tanto incipit di Kill Bill...), quello non è cliché e a qualcuno potrebbe pure piacere, ma nella continuity della storia (soprattutto se era la storia di una famiglia casta e candida senza attitudini alla malavita), è essenzialmente una gran porcata.
Ecco un cliché riuscito male.
Esempi di pro/contro ben riusciti? Si guardi a George R.R. Martin. Lui stesso ha creato una saga spesso considerata epica, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, delineando (come sostiene in alcune interviste) i punti focali da scrivere, ma concedendosi il margine di miglioramento che lo ha spinto ad andare da tre libri inizialmente pianificati a ben sette romanzi (e potrebbero aumentare ancora). La sua capacità di bilanciare i pro e i contro come solo uno scrittore esperto può fare si vede dal modo in cui nonostante io abbia quasi finito il quinto libro, mi sembra di aver iniziato la lettura solo ieri. Raramente ci sono frasi scritte "in più" e raramente qualcosa è inserita tanto per far piacere all'autore stesso (escludendo le morti - temo provi piacere a uccidere). Ci sono situazioni che in alcuni casi possono essere state previste dal lettore, ma che non scadono mai nel cliché per la capacità dell'autore di innovarle e inserirle in contesti più ampi. Questo è un esempio di processo creativo che asseconda la ribellione dei personaggi, dandole un limite - perché lo scrittore capace è colui che sa bilanciare. E allora, non mi rimane che porre la domanda: voi cosa ne pensate? Cedere o non cedere al richiamo del personaggio? A questo punto penso di aver espresso bene il mio punto di vista, il il concetto di "bilanciamento". Se mi verranno nuove idee le introdurrò in futuro, ma per ora... a voi la parola!