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"Processo ed Avvelenamento di Osho Rajneesh" di Ambra Guerrucci

Da Risveglioedizioni
Risveglio Edizioni, Libri, Spiritualità, Meditazione, Medicina, Cosmologia, Arte, Filosofia, Ufologia, Federico Bellini, Ambra Guerrucci, Osho, TV Dopo il fallimento dei vari tentativi di screditare il nome di Osho, fu arrestato a casa di una sua sannyasin con ben trentaquattro capi d’imputazione, di cui solo due, sotto ricatto, furono accettati dagli avvocati del maestro...
Lo stesso giorno dell’arresto, gli avvocati di Bhagawan, chiesero la libertà provvisoria su cauzione, ma il governo americano la rifiutò prontamente nonostante non ci fossero prove della sua colpevolezza. Essendo la causa di competenze dello stato dell’Oregon ci fu un trasferimento di Osho, ma un viaggio in aereo di non più di sei ore richiese dodici giorni e il trasferimento in sei diverse prigioni. In Oklahoma l’aereo atterrò nel silenzio della notte all’aeroporto ed il detenuto venne condotto in prigione dalla porta sul retro, quasi come se ci fosse interesse nell’occultare la sua presenza. Ancor più strana fu la richiesta del maresciallo degli Stati Uniti di riempire il modulo sotto il nome di David Washington, ma Osho, inizialmente, si rifiutò di assecondare tale assurdità, trovando un compromesso: il maresciallo avrebbe riempito i moduli come voleva e lui li avrebbe firmati in Hindi. Se avesse firmato col nome impostogli dal maresciallo avrebbe anche potuto essere ucciso e non ci sarebbe stata alcuna prova della sua presenza in quella prigione. Dopo aver firmato fu condotto in una piccola cella maleodorante, con un materasso sporco, infestato da scarafaggi e senza cuscino o coperte. Il maestro ricorda solo di essersi svegliato il mattino seguente e che gli venne offerta una strana colazione: due fette di pane con una salsa senza sapore ne odore. Il giorno in cui si dovettero recare in tribunale, gli avvocati vennero minacciati di accettare almeno due imputazioni formali o la vita di Osho sarebbe stata in pericolo e così fecero. Il giudice chiese all’imputato se si dichiarava colpevole dei reati imputatogli, ma la sua risposta fu solo “io sono”, completata da uno dei suoi avvocati che aggiunse prontamente “colpevole”. La sentenza prevedeva che l’imputato fosse multato per cinquantamila dollari e che fosse espulso senza possibilità d’ingresso per cinque anni. Immediatamente fu condotto a riprendere i suoi vestiti in carcere e subito dopo all’aeroporto. Dopo l’espulsione Osho girò venti paesi per otto mesi, ma tutti gli vietarono il visto o gli dettero l’espulsione senza una logica spiegazione. Iniziò fin da subito a mostrare i segni dell’avvelenamento: il sonno era completamente scomparso, si verificò una totale perdita dell’appetito, non riusciva più a sentire i sapori, aveva una costante nausea, nessuna sete, i capelli caddero, la barba diventò bianca in pochissimo tempo, il sistema immunitario sembrava gravemente compromesso, la vista si indebolì, si presentava spesso una forte sensazione di formicolio che si estendeva a tutto il corpo, dolore ai polsi e contrazione delle palpebre. I sospetti del Dottor Amrito, medico personale del maestro, sull’avvelenamento iniziarono a sorgere dal momento che per guarire da un otite ci vollero sette settimane e un intervento, la cui ferita faticò molto a guarire. Il veleno usato non si scoprirà mai con certezza, ma tutti i sintomi sono compatibili con quattro tipi di veleno: Tallio, un veleno della famiglia dei metalli pesanti che scompare dall’organismo in otto settimane, eroina sintetica, veleno che si pensa sia stato usato dal governo americano per uccidere individui ribelli e che scompare dal corpo in due anni, esposizione alla radioattività (in carcere mentre dormiva o tramite l’esposizione a radioattività dei cibi), o il meno comune fluorocarbonio che scompare immediatamente dal sangue e dalle urine. In conclusione, come dichiarò Bhagwan stesso, non importa che tipo di veleno gli abbiano somministrato, ma è certo che è stato avvelenato dal governo americano di Ronald Reagan e questo lo ha portato lentamente alla morte.

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