Più di 6mila beagle sarebbero morti nell'allevamento di Green Hill tra il 2008 e il 2012
Il Tribunale di Brescia ha condannato questa mattina per uccisione di animali e maltrattamenti i responsabili di Green Hill, allevamento di cani destinati alla sperimentazione scientifica e chiuso a Montichiari nell'estate 2012.
Sono stati condannati il veterinario dell'allevamento (1 anno e 6 mesi di reclusione a fronte di una richiesta del pm di 3 anni e 6 mesi), il direttore della struttura (1 anno a fronte di una richiesta di 2), il co-gestore (1 anno e 6 mesi a fronte di una richiesta di 3). Assolto invece il consulente di Green Hill per il quale il pm aveva chiesto una condanna a due anni. Il giudice ha inoltre disposto la confisca dei cani e la sospensione della licenza di allevamento per due anni.
Il pubblico ministero aveva denunciato come più di 6mila beagle sarebbero morti nell'allevamento tra il 2008 e il 2012.
“Un risultato, quello arrivato oggi, che rappresenta una storica vittoria ed un prezioso riconoscimento per tutti coloro che si sono impegnati per salvare i cani, per chiedere la definitiva chiusura della struttura dove venivano maltrattati ed uccisi gli animali", ha dichiarato Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente.
Legambiente ricorda che i beagle di Green Hill erano destinati alla sperimentazione animale nei centri di ricerca e nelle università italiane ed estere. "I tremila cani, oggetto di sequestro, - continua la Muroni - sono stati adottati da tante famiglie che li hanno adottati grazie all'intervento di Legambiente e Lav che hanno gestito la difficile fase di affido e la successiva adozione. Tutto è andato per il meglio grazie al costante lavoro di decine di volontari, associazioni, ed esperti legali a cui oggi dedichiamo questa vittoria".
“Una sentenza storica che segna una straordinaria vittoria per gli animali. Il 23 gennaio sarà la Giornata della Memoria dell'animalismo”, commenta la presidente nazionale dell'Enpa, Carla Rocchi.
“Animali che venivano trattati alla stregua di merci e non come esseri senzienti e che, in quanto tali, vedevano calpestato il loro diritto a una vita comunque dignitosa a prescindere dal fatto che fossero destinati alla sperimentazione – continua Rocchi – . Questa sentenza è importantissima proprio perché afferma in modo inequivocabile che nessun essere vivente può essere costretto in condizioni di sofferenza e di deprivazione, tanto più se ciò avviene come conseguenza di un impiego per attività umane”.