Udienza del 13 luglio 2011 del processo per l’uccisione del sociologo e giornalista Mauro Rostagno avvenuta nel piccolo borgo di Lenzi, in territorio di Valderice la sera del 26 settembre 1988 ed in corso di svolgimento davanti alla Corte d’Assise di Trapani.
Alla sbarra il boss mafioso Vincenzo Virga e Vito Mazzara, per l’accusa, rispettivamente, mandante e killer dell’omicidio che sarebbe stato deciso per punire Rostagno per la sua attività giornalistica condotta attraverso l’emittente Rtc ‘Radio Tele Cine’.
Durante l’udienza vengono esaminati i testi: Nino Marino e Aldo Ricci.
In apertura di udienza vengono acquisiti i verbali di dichiarazioni rese durante l’istruttoria dall’editore di Rtc, Giuseppe Bulgarella, perché deceduto.
Primo teste è l’avv. Nino Marino il quale negli anni 80 svolgeva attività forense ed era dirigente del Pci, all’epoca del delitto era segretario provinciale del PCI, dirigente regionale ed era nella commissione antimafia presieduta dall’on. Violante all’interno della direzione nazionale del partito.
Mauro Rostagno, lo conobbe intorno alla mettà dell’86′, dice Marino, era un giornalista puntuale, accreditato e ascoltato, la frequenza con lui fu molto intensa e col tempo si stabilì un rapporto di interlocuzione che andò al di là del semplice dato politico. Dopo la morte di Mauro Rostagno tutti sono diventati suoi amici.
Quel 1988 fu un anno particolarmente intenso, terribile, perchè scandito da una serie di arresti di assessori e consiglieri comunali per tangenti, la scoperta della loggia Scontrino, ci colpì che questa cosa nascesse a Trapani, quasi in coincidenza, e si pensava anche da parte di Rostagno, in sostituzione di Castiglion Fibocchi (P2), erano gli anni in cui scende in Sicilia la struttura segreta Scorpio di Gladio, a Trapani c’erano 5 centri, è l’anno in cui si celebra il processo per l’omicidio di Vito Lipari.
Un anno in cui molto fattori si addensavano e che davano il segno di un cambiamento nei rapporti tra affari e malaffari, mafia e politica, e per questo il contatto con Rostagno era quasi quotidiano.
Rostagno stava facendo e stava preparando inchieste giornalistiche su questi temi. Fu pubblico il suo interesse nel seguire il processo per l’omicidio di Vito Lipari. Rostagno concordò e approfondì un nostro giudizio che l’omicidio Lipari (1980) segnava una rottura.
Vito Lipari era uomo dei cugini Salvo era il numero uno dell’espressione politica dell’influenza politica dei Salvpo, non si uccideva Vito Lipari se non per dare un colpo ai Salvo, poco tempo prima (1975) c’era stato il sequestro Corleo.
Rostagno iscrisse il delitto Lipari in questo quadro e ragionò che se questo fu deciso con il coinvolgimento di Santaparola, se questo era avvenuto ed avvenne a Trapani quello che si profilava come un nuovo potere all’interno della mafia a Trapani doveva essere molto forte.
Allora si pensava che capo mafia a Trapani era Minore, ed invece a quell’epoca capo mafia era già l’attuale imputato Vincenzo Virga, un passaggio che doveva restare segreto. Rostagno per questo ricevette minacce seguendo questa linea di intepretazione.
Rostagno esordisce sulla Iside 2 della quale subito si intuisce la pericolosità e la rilevanza, per i nomi che c’erano dentro Iside 2, nomi di mafiosi riconosciuti, credo anche ufficialmente tra i quali Mariano Asaro, Natale Lala, Agate, ed altri cle aleggiavano, tra i quali il commercialista Mandalari.
Rostagno esordisce su questa vicenda con un editoriale incredibile, per chi non lo conosceva, un editoriale di apparente sottovalutazione, nel quale si dicevano cose come: “si tratta di una manovra di Sergio Mattarella per colpire”, ecc., “io capii subito che era un depistaggio”, non poteva corrispondere al pensiero di Rostagno le banalità che disse in televisione, gli chiesi cosa c’era dietro, mi rispose debbo depistare, debbo fare finta che è una cosa stupida, voglio indagare ancora, non voglio essere scoperto per potere ricevere così notizie.
Qualche giorno dopo venne convocato dai carabinieri, i quali gli chiesero notizie dell’editoriale. Rostagno me ne parlò. Ricordo che mi diede questa immagine della biglia che viene sballottata nel flipper per via di quell’editoriale.
Io gli procurai un formale incontro con il giudice istruttore Nunzio Trovato, debbo dire leggendo quel verbale che Rostagno ricevette massima comprensione dal giudice.
Lui racconta al dott. Trovato che andò a fare una visita alla sede del circolo Scontrino per rendersi conto della Loggia, e lì in qualche modo, non so fino a che punto fu prudente, racconta al giudice che egli ebbe notizia della venuta qui in provincia di Trapani a Mazara la prima e Campobello la seconda di Licio Gelli ospite di Mariano Agate. Opinione di Rostagno era che Gelli venne per decidere qualche cosa, tornò per verificare.
I magistrati gli chiesero come lui lo aveva saputo, Rostagno rispose di non ricordarselo.
La convocazione dei carabinieri era sembrata anomala a Rostagno e una forma di intervento sul suo lavoro.
Io ricordo una preoccupazione visibile da parte di Mauro Rostagno, quando fu ucciso e trovato morto sulla piazza di Paceco un ragazzino, e fu arrestato un tale pacecoto. Il fatto destò allora impressione e Rostagno ne fece un pezzo di costume e una serie di servizi additando questo Barbera come autore dell’omicidio, se non chè questi fu scarcerato perché riconosciuto estraneo.
E Rostagno cominciò a ricevere una serie di lettere anonime e che lui attribuiva a questo presunto autore del delitto, per questa vicenda lo vidi colpito e preoccupato.
Poi lo vidi umiliato, da lontano, lui era già a Trento, per la vicenda Calabresi.
Con Cardella vi sono rapporti di conoscenza giovanile, continuati poi anche in età adulta. Difensore in processo che lo ha riguardato (truffa Saman) poi da allora non l’ho più visto.
La preminenza di Cardella su Rostagno era evidente, assieme li ho visti poche volte.
Cardella faceva delle feste di compleanno nella sua casa, io non andai mai, mi chiese perché non andavo, non sapevo cosa potesse significare questa comunità, il sospetto mio era quello che lui potesse essere in rapporti con servizi segreti anche stranieri.
All’inizio a Lenzi era una comunità di arancioni, era una cosa strana, c’erano sensazioni in giro per quegli anni che la Sicilia stesse diventando terra di ”attenzioni” internazionali.
Con Rostagno non parlai mai di Cardella, alcune vicende le appresi dopo da Carla Rostagno.
L’esame dell’avv. Marino prosegue a proposito del faldone di documenti, appena dallo stesso riconsegnati, all’avvocato di parte civile di Chicca Roveri.
Chicca me la diede il giorno di Natale del 1988, io la visionai, la conservai con cura, appunti manoscritti di Rostagno, ritagli di giornali, quotidiani, settimanali, sottolineature che rigurdavano i famosi cavalieri di Catania, i Salvo, qualche cosa credo che rigurdi l’on. Giunnella, in genere sulle vicende della mafia, oltre a questo c’era la fotocopia di una lettera che mi colpì, fotocopia di una lettera inviata presuntivamente da Rirì Gerbino, giramondo di Calatafimi, e negli anni ottanta ritornato anche lui in Sicilia, questa lettera ha una cosa strana che tiene timbro di entrata del 26 settembre 1988 (giorno dell’omicidio) ed era già aperta.
Il materiale sembra fosse stato raccolto dallo stesso Rostagno. La Roveri era commossa ma anche preoccupata in quel Natale del 1988. Chicca per il suo impegno nella ricerca della verità, era un possibile obiettivo di intimidazioni ed era preoccupata per la figlia.
Relativamente all’indagine sul delitto Calabresi Rostagno ne attribuiva l’origine ad una manovra dell’arma dei carabinieri nei confronti di Lotta Continua: “non ci hanno sciolti quando eravamo organizzati e ci vogliono sciogliere ora a distanza di 10 anni”
Non so se conosceva particolari specifici, non me ne disse.
Che la riteneva una manovra di destabilizzazione per operare una ricostruzione diversa della storia d’Italia degli anni 70′ questo lo percepii.
Le trasmissioni di Rostagno su Rtc erano seguite e molto popolari nella società trapanese.
Anche con Giuseppe Burgarella una antica frequentazione giovanile da parte di Nino Marino.
Burgarella era l’editore di Rtc, ma non sottovaluta la funzione che ebbe Caterina Ingrasciotta la moglie, era lei l’editrice di Rtc materialmente.
Puccio esercitava un peso e con la moglie aveva una buona interlocuzione, con Rostagno Bulgarella non aveva un ruolo censorio.
Secondo Marino, Bulgarella commise un errore di sottovalutazione, aveva ottimi rapporti con Claudio Martelli e con Ludovico Corrao e tramite Caterina Ingrasciotta pure con Giovanni Falcone, Bulgarella non aveva precisa contezza della mafia e della mafiosità.
Nel 90′ in Consiglio comunale vengono eletti al consiglio comunale di Trapani soggetti particolari tra i quali, Franco Orlando, arrestato, in Consiglio provinciale il consuocero di Messina Denaro, nelle liste del Psi a Castelvetrano viene eletto e nominato assessore uno dei generi di Messina Denaro.
Cambia la morfologia dei gruppi politici e dei gruppi criminali.
Continue erano le denuncie di Rostagno usando la cultura e l’arma del giornalismo sulle cose che non andavano nella città e sul perchè su queste cose c’era l’interesse della mafia, per esempio, l’invasione della monnezza della città.
Lui ebbe rapporti con altri due uomini politici di limpida cristallinità e di schieramenti diversi, con Michele Rallo e con un socialista Vincenzo Genna, più volte sindaco di Marsala, che fu il tramite che mise in contatto Rostagno con Paolo Borsellino.
Rostagno delle cose di mafia trapanese ne parlava con una certa cognizione essendo stato in precedenza in Sicilia, e a Palermo, da dirigente di Lotta Continua.
Secondo l’avv. Marino era forte l’interesse di Rostagno per Marsala, accenna allo scandalo che restò non chiarito del cosidetto Ente Teatro del Mediterraneo, Marino accenna ad un incontro tra Rostagno e Borsellino, fu sicuramente poco prima dell’estate del 1988 promosso da Vincenzo Genna, non conosco però i contenuti dell’incontro.
La provincia di Trapani era esposta e sospettata di essere luogo di sbarchi con una forte presenza navale in grado di camuffare determinati movimenti di armi e droga. In particolare Marino mostrò a Rostagno un articolo di Federico Rampini pubblicato su Rinascita, nel quale si ricostruiva l’intreccio tra servizi e traffici di armi e droga ed il coinvolgimento della mafia.
Rostagno all’epoca associava punti di contatto poi risultati provati tra Iside 2, Mazara del Vallo, traffico d’armi, porto.
Alla Provincia Regionale di Trapani Rostagno, aveva buoni rapporti con due presidenti democristiani: Gioacchino Aldo Ruggeri e Mario Barbara.
Relativamente alla provincia in quanto ente, Rostagno si occupò di una indagine di mafia su Mariano Agate che coinvolse un consigliere provinciale del Pri di Mazara, Girolamo Pipitone (poi prosciolto) il quale si dimise per intervento del presidente Ruggeri.
Cardella e il senatore Pizzo non si potevano vedere. Cardella era nel cerchio ristretto degli amici di Bettino Craxi.
Fin qui le risposte di Marino ai Pm e alle parti civili.
Tocca ora alla difesa.
L’avvocato Vezzadini chiede delle minacce che Rostagno avrebbe ricevuto da tale Barbera di Paceco intorno alla primavera 88′.
Probabilmente mi accennò anche a qualche telefonata di minaccia
La domanda successiva riguarda il faldone di documenti consegnati oggi alla Corte e che lui aveva avuto consegnati da Chicca Roveri per sapere se fosse stata consegnata copia anche ai carabinieri.
L’avvocato Ingrassia la prende molto alla lontana a partire dalla posizione di Rostagno intorno alle droghe, di Telescirocco e di Peppe Bologna, di missili a Comiso per continuare con la fonte delle visite di Licio Gelli a Trapani.
La pista di Gladio e dei servizi segreti deviati interessa il difensore di Virga, le domande poste portano a parlare di una presenza di Gladio a Santa Ninfa e di un possibile referente della struttura nell’allora comandante della stazione dei carabinieri Guazzelli, ucciso anni dopo ad Agrigento.
A Trapani in Via Virgilio, Pantelleria, Santa Ninfa ed altri due erano sedi di Scorpio struttura segreta interna alla struttura segreta Gladio.
Rispondendo all’avvocato Salvatore Galluffo, Nino Marino riferisce di avere appreso da Francesco Cardella che lo stesso Cardella viaggiando in aereo da Milano verso Trapani, la sera delll’omicidio Rostagno, l’onorevole Pellegrino, che viaggiava con lui, gli avrebbe detto che a suo parere quel delitto era cosa di servizi segreti.
E’ il turno del teste Aldo Ricci.
Aldo Ricci fiorentino pubblicista e scrittore liberal era amico di Francesco Cardella e Mauro Rostagno che aveva conosciuto già dal 1966 a Sociologia a Trento e che diresse Rtc per un mese dopo l’omicidio di Mauro Rostagno
Non ebbe conoscenza diretta di un litigio tra i due, ma lo apprese dopo l’omicidio e gli vennero fatte delle ipotesi assai diverse.
Ricci ha poi confermato nella sostanza se non nella forma il verbale del 1993.
Tra vuoti di memoria e difficoltà a mettere a posto le date infine Ricci ha dichiarato che: “Se continuano a rompermi i coglioni io dirò chi ha ammazzato Calabresi” (ucciso il 17 maggio 1972 a Milano), sarebbe una frase dettagli da Mauro Rostagno a Milano nel 1978, affermazione detta dieci anni prima della comunicazione giudiziaria, in un momento in cui Rostagno era, deriso per la gestione del locale Macondo, mi disse che se lo continuavano a deridere (dall’ambiente degli ex gruppuscoli dell’estrema sinistra) avrebbe raccontato quello che sapeva sul delitto Calabresi.
L’ostracismo in quel periodo nei confronti di Rostagno a Milano era palpabile.
Ricci ha riferito che Rostagno (vestito di arancione) venne a Firenze, forse nel 1977, in una intervista registrata su nastro e di cui dovrebbero esistere i nastri nel suo archivio e di cui alcuni stralci vennero pubblicati ne “I giovani non sono piante”, gli disse che non intendeva fare più politica, che aveva rotto ogni rapporto con gli ex compagni di Lotta Continua in particolare aveva rapporti tesi con Giorgio Pietrostefani.
In seguitò accettò l’offerta di Francesco Cardella rappresentante in Italia del movimento arancione e poi si recò a Puna.
Il giornalista Sergio Di Cori lo conobbe leggendo un pezzo di D’Avanzo su La Repubblica e ci trova nel pezzo l’agente Pampillonia che lo avrebbe portato dal Procuratore della Repubblica per fare dichiarazioni che sarebbero state secretate, una storia stranissima, a cui La Repubblica dopo pochi giorni si sottrasse.
Io lo avvicinai, per sapere i retroscena di cui lui avrebbe potuto essere a conoscenza, ma non si cavò un ragno dal buco.
Dopo di che il Di Cori si attaccò a lui e raccontò di essere un collaboratore dell’FBI, ma già al secondo incontro capii che era un mitomane pur se intelligente e spiritoso.
In seguito il Di Cori si mise con l’ex moglie di Aldo Ricci portandola sul lastrico.
La credibilità di Di Cori per Aldo Ricci è pari a zero.
Tra le persone vicine politicamente a Mauro Rostagno vi era sicuramente Marco Boato, non vi era Curcio con il quale vi era amicizia.
Rostagno non era un bacchettone come altri personaggi di Lotta Continua, come per esempio Marco Boato.
Rostagno aveva un modo di comportarsi e di vestirsi che non andava bene a quelli di Lotta Continua, mi pare che metteva un ombretto sugli occhi, portava braccialetti, andava vestito in modo vistoso.
Quelli di Lotta Continua non potevano essere dalla sua parte, perché i comportamenti erano diversi, Rostagno gli disse: “Per punizione Pietrostefani mi ha mandato in Sicilia, dove sono stato benissimo“.
Rostagno seguì la filosofia del santone indiano.
A proposito di Francesco Cardella, (un tipo geniale) con cui ci si vedeva in Via Plinio a Milano, nei quali aveva a disposizione due piani, una delle sue idee era di “vendere Dio attraverso pillole arancioni da distribuire in edicola in dispense settimanali“, in favore della Foundation del santone indiano, una sorta di multinazionale religiosa con sedi in diversi paesi.
Il responsabile e massima autorità morale e spirituale della Foundation in Italia era Cardella che veniva riconosciuto come tale anche da Rostagno.
Duro e sprezzante però il giudizio di Ricci su Francesco Cardella, definito gangster e pornografo in quanto aveva le rotative ad Opera, a Milano, in cui si stampava pornografia e aveva una spregiudicatezza assoluta.
Rostagno versava alla comunità il modesto stipendio che percepiva Rtc, a fronte di un Cardella che era un miliardiario con aereo, auto di lusso barche e traffici forse poco leciti, senza contare il Cammisa come guardia del corpo, un assaggiatore di droga della mafia.
Su Puccio Bulgarella, “una persona molto simpatica, con lui parlai del delitto Rostagno, io arrivai uno o due giorni dopo il funerale, non volli venire prima perché avrei incontrato Martelli, Boato, quelli di Lotta Continua, arrivai apposta due giorni dopo il funerale”, “Cardella mi portò a Rtc”, “dopo avere conosciuto Caterina Ingrasciotta che era la moglie e Bulgarella, andammo tutti in barca” e durante questa giornata Bulgarella mi disse che io mi dovevo togliere dalla testa che questo era un delitto mafioso, per delle caratteristiche balistiche, e la stranezza di una testimone che esce dalla macchina senza riportare una macchia, e che se fosse stata la mafia lui sarebbe venuto a saperlo, Bulgarella ripeteva questa cosa in modo categorico, ossessivo, per un mese mi disse questo.
Questo fino a quando all’arrivo di Martelli, loro (Burgarella, Cardella, la Roveri, Ricci viene escluso) si riuniscono a Lenzi, dopo un’ora viene fuori Bulgarella e mi dice che Martelli gli ha promesso un miliardo di pubblicità, abbiamo parlato del delitto, “non è stata la mafia con la ‘m’ maiuscola”, ma “una mafia, una mafietta, con la ‘m’ minuscola, qualche balordo“, io a quel punto me ne andai tre quattro giorni prima della scadenza del contratto.
La prossima udienza è fissata al 28 settembre, prima udienza dopo la sospensione estiva, in programma l’audizione dei testi: Rostagno Carla, l’Avvocato Lucio Ambrosino e Wilma De Federicis.
La precedente udienza del 13/07/2011 la trovate qui
grazie a Radio Radicale