Processo Rostagno, le videocassette tornano al centro del dibattito

Creato il 12 maggio 2012 da Andreaintonti

foto: liberainformazione.org

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Trapani, 12 maggio 2012 – Con la convocazione di Lorella Raggi della Saman, dell'ispettore della Polizia di Stato Bruno Lorenzi e di Antonio Dales della Digos, che il pubblico ministero Francesco Del Bene ha precisato non essere tra quelli indicati, si è aperta ufficialmente l'udienza numero ventotto del processo relativo all'omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, ucciso a Trapani il 26 settembre 1988.
Il primo a salire sul banco dei testimoni è proprio Dales, in servizio a Trapani fin dal 1986, nonostante lo stesso pubblico ministero abbia evidenziato la possibilità che per lui non si sia fatto in tempo a produrre domande. «Avrò presenziato in qualche atto, non ho fatto indagini e non ho mai partecipato ad accertamenti presso l'aeroporto di Kinisia», ha detto il teste prima di essere congedato, dando probabilmente parziale ragione all'avvocato Vito Galluffo – difensore di Vito Mazzara – che lo aveva definito “teste irrilevante”.
Dopo Dales è il turno di Lorella Raggi. «Lavoro alla Saman (la comunità di recupero per tossicodipendenti aperta da Rostagno e Francesco Cardella, ndr) dal novembre 1990. Sono stata sentita per questo processo una o due volte, una volta a Palermo e un'altra volta a Milano. E in generale per Saman forse più di sei volte», ha esordito la teste.
«Divenni amministratore di Saman su invito di Cardella nel maggio 1995, dopo che lo stesso era stato arrestato per truffa nella gestione della comunità. Cardella chiese a me, Giancarlo Zuccotti e Luisa Fiorini di prendere in mano l'associazione. Io mi occupavo della contabilità. Era una attività che già facevo quando c'era lui. Cardella decise di passare la gestione di Saman dopo l'arresto perché voleva andare via dall'Italia.
Verso il luglio 1995 Cardella se ne andò in Nicaragua. Noi continuavamo a dargli comunicazione su Saman. Ci disse di comprare per conto della Saman un immobile suo, intestato ad una società di Milano di via Plinio, per permettere a lui di introitare una somma di denaro. Ci chiese di acquistare l'immobile per tre miliardi e ottocento milioni di lire, un milione e ottocento li voleva subito. Erano i soldi che Saman aveva sui conti correnti».
L'affare, comunque, salta, perché Lorella Raggi e Luisa Fiorini cambiano idea.
«Cardella mi disse che mi ero montata la testa. Se rifiutate la mia proposta posso diventare molto cattivo», avrebbe detto Cardella.
Il giudice Pellino, presidente della Corte d'Assise, ha evidenziato come non si debba tener conto di tali fatti all'interno del dibattimento, in quanto questi sono avvenuti dopo l'omicidio. Ma i soldi alla Saman, ha fatto notare la difesa, sono interesse del processo.
A Lorella Raggi sono poi state poste domande in merito agli interessi somali di Cardella, confermati dalla teste. «Cardella era interessato in operazioni in Somalia. C'erano Pietrucci e Cammisa (detto “Jupiter”, braccio destro di Cardella nella comunità alla morte di Rostagno, ndr)» Alla specifica domanda sull'incontro tra quest'ultimo ed Ilaria Alpi, la giornalista del Tg3 uccisa insieme al suo operatore Miran Hrovatin a Mogadiscio il 20 marzo 1994, la teste non ha saputo rispondere con certezza.
Dopo domande specifiche sui rapporti politici di Cardella – noti infatti i suoi stretti legami con Craxi, al quale questi chiese più volte soldi – l'interrogatorio si è concentrato sulla “Holding Saman”, sulla sede francese e sugli interessi all'estero di Cardella.
Ultimo a testimoniare, l'ispettore Bruno Lorenzi, che all'epoca dell'omicidio era sovrintendente capo della divisione anticrimine della squadra mobile della Polizia di Stato al quale, insieme ad altri quattro uomini inviati da Roma, venne affidato il compito di visionare tutto il materiale video prodotto da Mauro Rostagno, dalle quali emergeva il suo modo di fare giornalismo, occupandosi con la stessa attenzione del problema più piccolo così come del grande affare dei boss mafiosi.

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