di Matias Vernengo*
In un recente post, Krugman ha rilevato l’andamento negativo della produttività dell’Italia rispetto a quella della Francia, in particolar modo dalla fine degli anni ‘90, dopo il lancio dell’euro. Egli fa giustamente notare che la dimensione del Welfare State non dovrebbe essere il principale imputato, dal momento che anche in Francia è di grandi dimensioni (secondo lui più grande).
Il grafico seguente mostra il PIL reale in entrambi i paesi (1980 = 100) in valuta nazionale.
Si noti che dopo il lancio dell’euro il PIL dell’Italia risulta notevolmente inferiore a quello della Francia. In altre parole, l’Italia è cresciuta molto meno della Francia dal 1999 [nel 1998 è scattato il cambio fisso tra le valute europee, ndt]. Il tasso di crescita reale della Francia è stato di circa l’1,6%, mentre quello dell’Italia si è collocato più vicino allo 0,7%. Che la produttività sia più elevata in Francia non dovrebbe essere una sorpresa per coloro che riconoscono una forte evidenza della legge di Kaldor-Verdoorn, in base alla quale la produttività scaturisce dalla necessità di innovare quando l’economia si approssima al pieno impiego. E’ la mancanza di domanda, causata da politiche restrittive e dalla necessità di ridurre il debito in Italia che spiega i livelli più bassi di produttività. La responsabilità è dell’euro!
Solo per divertimento, si veda sotto il grafico del PIL reale dell’Italia in percentuale su quello della Francia. Si torni al grafico di Krugman e si notino le somiglianze.
Dean Baker ha suggerito a Krugman che un motivo alla base della minore produttività dell’Italia risiede nel più elevato tasso di occupazione effettiva precedente all’euro o, se si preferisce, in una assai consistente quota di finta disoccupazione. Successivamente, con l’entrata nell’euro, diversi lavoratori in precedenza non assunti regolarmente lo sono stati, con il risultato di una caduta solo apparente della produttività.
In altri termini, sembra che i molti lavoratori aggiuntivi non siano più ugualmente produttivi, mentre in effetti l’aumento effettivo dell’occupazione non è stato poi così elevato e, di conseguenza, la caduta della produttività non è stata così grande. Un’eventualità certamente interessante. Di seguito è riportata una comparazione dell’occupazione dell’Italia con quella della Francia (1970=100).
Si noti come, in effetti, fino agli anni ’80 l’occupazione crebbe più velocemente in Italia che in Francia, e dalla metà degli anni ’90 si delineò un’inversione di tendenza. Mentre è vero che sul finire degli anni ’90, con l’euro, l’occupazione mostra in Italia una tendenza a crescere più velocemente (il che può essere dovuto a quanto suggerito da Dean Baker), si noti che l’incremento proporzionale è relativamente piccolo (circa il 3,9% rispetto alla Francia dal 2000 al 2006) e che ha subìto un’inversione di tendenza con l’inizio della crisi. Ne risulta che la maggior parte della caduta della produttività è reale, e causata dal fatto che l’Italia cresce di meno. Di nuovo, penso che ciò rifletta le politiche eccessivamente restrittive e la ben nota regolarità che va sotto il nome di legge di Kaldor-Verdoorn.
* Banca centrale della Repubblica Argentina, University of Utah
da nakedkeynesianism.blogspot.com.ar
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