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Prof. Giuseppe Fontanazza: Xylella, se la pianta è viva non dev'essere estirpata
Creato il 27 agosto 2014 da Antoniobruno5il Prof. Giuseppe Fontanazza già direttore del CNR Sezione Olivicoltura di Perugia DIFESA Preoccupazioni a seguito dell'orientamento della Ue di eliminare gli olivi colpiti dal batterio La Xylella viene indicata come causa principale o concausa del disseccamento più o meno accentuato di parti della chioma. L'olivo presenta una notevole variabilità genetica, per cui si potrebbe ipotizzare tolleranza o resistenza in ambito varietale. Prof. Giuseppe Fontanazza: A mio parere gli olivi colpiti vanno sradicati soltanto quando non reagiscono più, ma finché emettono anche un solo pollone, un succhione o rigenerano una nuova branca spontaneamente o per intervento umano, vanno lasciati in situ. Si potrebbe obiettare che in tal modo si mantiene un focolaio d'infezione (ritorniamo alla peste del quotidiano), senza tener conto che ciò si può prevenire isolando la zona dove il parassita o i parassiti virulenti si manifestano, agendo su fasce di protezione atte a fronteggiare l'espansione dei parassiti.
Intervista al Prof. Giuseppe Fontanazza sulla xylella fastidiosa agente causale del disseccamento rapido nell'olivo nel salento DI GIUSEPPE VERGARI Lo sostiene uno storico esperto di olivicoltura. Meglio bruciare in loco la ramaglia disseccata e diserbare le piante infestanti La situazione del disseccamento degli olivi secolari nel Salento sta creando molte difficoltà a un'economia olivicola già sottoposta a gravi problemi di redditività. Molte e discordanti sono le opinioni di esperti del settore, anche se l'orientamento della Ue sarebbe quello di estirpare le piante attaccate dal batterio. Questo provocherebbe un disastro ambientale senza precedenti in Puglia, creando condizioni di desertificazione e senza la certezza di aver eradicato la malattia. Questa intervista vuole solamente essere un dialogo tra un tecnico agronomo e uno storico esperto di olivicoltura, quale Giuseppe Fontanazza, per cercare di capire quali possono essere le probabili soluzioni al problema.
Professore, pensa che la pianta possa reagire, e in che modo, a questa malattia? La risposta necessita di una premessa. Le mie competenze riguardano aspetti agronomici e biologici dell'olivicoltura e dell'olivo, non essendo né patologo né virologo. Conosco tuttavia, per esperienza ultratrentennale, la capacità reattiva dell'olivo che è in grado di reagire agli attacchi parassitari noti, tanto più rapidamente e in senso risolutivo se sostenuta da adeguate pratiche agronomiche e di difesa dai parassiti.
Attualmente, tra le più colpevolizzate ci sono le tecniche colturali e l'uso indiscriminato dei fitofarmaci che hanno, secondo queste teorie, debilitato la pianta negli ultimi anni. Pensa che questo abbia influito sull'attecchimento della malattia? Ritengo di dover escludere che trattamenti effettuati in difesa della pianta, anche se ricorrenti, possano aver indebolito gli olivi, a meno che non siano stati utilizzati antiparassitari tossici per la specie (cosa che ritengo da escludere). Tecniche agronomiche inadeguate, invece, quali apporti limitati di concimazioni soprattutto azotate, irrigazioni di soccorso con acqua con salinità accentuata, scorretta potatura ordinaria o straordinaria, possono essere chiamate in causa, legando tutto ciò a una minore reattività della pianta ad attacchi parassitari noti e meno noti. La pratica del biologico ha portato molte aziende salentine a diminuire notevolmente la cura degli oliveti. La pianta potrebbe essersi trovata in uno stato di suscettibilità fisiologica a favore della malattia? Nella domanda è insita la risposta. La coltivazione biologica impiegata in olivicoltura presenta dei punti deboli legati a carenze di tecnologie specifiche per la nutrizione e la difesa dai comuni parassiti, soprattutto in particolari ambienti. L'impiego di concimi organici, quasi sempre in quantità modesta per i costi elevati e a basso contenuto in azoto rispetto alle esigenze della specie, non sono sufficienti a garantire adeguata attività vegetativa e ancor più produttiva delle piante. Lo stesso dicasi per la difesa dai parassiti. È noto ad esempio che la lotta alla mosca delle olive, fondamentale per assicurare quantità e qualità dell'olio, non viene garantita se non si interviene con specifici prodotti antiparassitari. Cosicché la speranza di ottenere integrità del raccolto e olive sane per l'olivicoltore biologico è legata all'assenza del parassita. Lo stesso dicasi per altri parassiti animali e vegetali. Rimane invece il fatto che l'oliveto indenne da stress idrico nutrizionale, sottoposto a lavorazioni superficiali e concimato adeguatamente, è in grado di attenuare i danni provocati da parassiti. Notizie da riviste scientifiche ci dicono che in una zona della California la Xylella fastidiosa ha distrutto totalmente i vigneti, salvo poi trovare delle cultivar di Moscato italiano che hanno dimostrato resistenza. Lei ha lavorato molto sul miglioramento genetico: pensa che anche l'olivo possa manifestare resistenza? Il famigerato batterio killer Xylella fastidiosa, definito da un noto quotidiano "peste dell'olivo", viene ipotizzato essere la causa principale o concausa del disseccamento più o meno accentuato di parti consistenti della chioma, secondo il parere di esperti autorevoli. Tuttavia, il fatto che ceppi specifici del batterio risultino letali per la vite, gli agrumi e altre specie geneticamente lontane dall'olivo, ma che nel caso della vite si riscontri resistenza per una varietà, sta a indicare che non si può parlare di parassita letale della specie Vite. Come la vite, anche l'olivo presenta una notevole variabilità genetica legata alle numerosissime varietà che lo caratterizzano, per cui a priori si potrebbe ipotizzare tolleranza o resistenza in ambito varietale. L'olivo ha una forte capacità rigenerativa e una reazione decisa verso le malattie. Questo è dimostrato anche nel caso della verticilliosi dove la pianta emette polloni basali a volte resistenti alla malattia. Pensa che potrebbe succedere anche questo nel CASO della Xylella? Questo è il punto su cui bisogna riflettere prima di prendere drastiche decisioni. L'accentuata e pronta capacità rigenerativa dell'olivo verso danni di natura biotica e abiotica, sempre che la pianta sia ben coltivata, suggerisce immediati interventi in tal senso appunto per favorire e sostenere tale reazione, ripristinando razionali pratiche colturali (concimazioni azotate di pronto effetto al suolo e fogliari integrate da microelementi, drastiche potature di branche disseccate o deperite e trattamenti contro eventuali insetti vettori del batterio e lotta alla Zeuzera) che possono determinare il recupero delle piante a meno che l'apparato radicale sia compromesso del tutto. Tali interventi dovrebbero essere presi in considerazione di fronte ad attacchi conclamati di Xylella fastidiosa e in presenza di altri patogeni fungini della specie Phaeacremonium subspecie Alvesii che sembrerebbero legati ad attacchi consistenti di Zeuzera. Alla luce di tutto ciò lei pensa che, come hanno deciso le autorità, l'estirpazione delle piante malate e la loro distruzione sia l'unica soluzione? Non credo che siamo di fronte al caso della Fillossera della vite che portò alla distruzione di vigneti anche secolari nel Mediterraneo, un secolo fa. Personalmente non ritengo che la soluzione del problema stia nell'estirpazione generalizzata di piante che manifestano disseccamento più o meno esteso sulle chiome delle branche principali. A mio parere gli olivi colpiti vanno sradicati soltanto quando non reagiscono più, ma finché emettono anche un solo pollone, un succhione o rigenerano una nuova branca spontaneamente o per intervento umano, vanno lasciati in situ. Si potrebbe obiettare che in tal modo si mantiene un focolaio d'infezione (ritorniamo alla peste del quotidiano), senza tener conto che ciò si può prevenire isolando la zona dove il parassita o i parassiti virulenti si manifestano, agendo su fasce di protezione atte a fronteggiare l'espansione dei parassiti. L'estirpazione delle piante colpite da Xylella provocherebbe un disastro ambientale senza precedenti In Puglia. Quali interventi potrebbero essere adottati in questa situazione? Occorre innanzitutto andate in fondo alla ricerca delle cause del danno evidenziato e comunque svolgere test di laboratorio per verificare la reale virulenza del batterio, cosa che mi risulta già avviata con supporti scientifici di laboratori Cnr e universitari e supportati da esperti internazionali. Parallelamente occorrerebbe frenare gli allarmismi degli olivicoltori coinvolti e vittime, ma anche di politici e amministratori, consigliando pazienza per capire come si evolve l'epidemia dell'area interessata. Questa va comunque tenuta sotto controllo, alla ricerca e alla lotta di insetti vettori del batterio e di piante ospiti dei medesimi. Concludo insistendo sull'opportunità di non estirpare piante danneggiate anche gravemente, se ancora reagiscono vegetativamente, mentre è opportuno seguire la pratica consigliata di bruciare in loco ramaglia disseccata e praticare il diserbo controllato di piante infestanti. Ciò per verificare la presenza o meno del o dei parassiti coinvolti, ma soprattutto per osservare casi di resistenza o di tolleranza legata alle diverse varietà presenti e alle loro varianti genetiche. Si comprende bene che le mie disamine, considerazioni e suggerimenti indicano l'abbandono almeno temporaneo della coltura biologica, ma come si è sottolineato ne va di mezzo l'olivicoltura dell'area interessata e quindi tra i mali si sceglie il minore. In questo senso a mio parere andrebbero orientati gli interventi a livello locale, regionale, nazionale e particolarmente comunitario, che sembrerebbe orientato su misure drastiche che prevedrebbero l'abbattimento totale delle piante anche se accompagnato da supporti finanziari che comunque sarebbero fini a se stessi. Fonte: Terra e Vita
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