Esiste ancora, o forse esiste ancora di più, ai nostri giorni, una questione di genere. E la letteratura non è esente da tale questione. Sembra, però, che decenni, ormai, di riflessioni, in certi casi non siano serviti proprio a nulla.
David Gilmour, canadese, omonimo del chitarrista e cantante dei Pink Floyd dal 1968, è un professore di letteratura all’Università di Toronto e ha di recente scatenato una polemica con un’affermazione tanto semplice quanto discutibile. Il docente ha infatti dichiarato, in un’intervista rilasciata al magazine online Hazlitt di non essere interessato all’insegnamento di romanzi scritti da donne, poiché non ama abbastanza le scrittrici (e neppure i cinesi) da voler parlare di loro e delle loro opere, per l’appunto, ai suoi studenti.
Gilmour parla solo di, e citiamo testualmente, «serious heterosexual guys», «real guy-guys». Solo un’eccezione, ammette Gilmour, per Virginia Woolf.
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Com’è ovvio, non si può sindacare sulle convinzioni e sulle prospettive estetiche di questo professore, ma almeno su quelle “pedagogiche”, sì. Se, come il buonsenso suggerirebbe prima di tutto, più che le teorie sull’insegnamento, il docente dovrebbe dare meno risposte, e porre più domande, ed educare i suoi studenti a porsi domande, è evidente che Gilmour non assolve questo tipo di compito.
Forse, in certi contesti, gioverebbe mettere in campo un po’ meno protagonismo e qualche grammo di coscienza in più. E magari comprendere che i gusti personali non sono verità assolute, anzi.
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