Viviamo tempi in cui il must comunicativo è il messaggio semplice, il periodo breve privo di frasi subordinate che costringano il cervello ad uno sforzo eccessivo. Abituati come siamo alla cultura via strumento hi-tech, tutto ciò che non è immediato e ridotto ai minimi termini ci appare subito prolisso, noioso, scoraggiante.
Ma ci sono state epoche diverse, epoche che adesso ci appaiono come paleolitiche e che invece risalgono a poco più di tre decenni fa, in cui invece i parametri erano tutti l’opposto di quelli attuali, e l’impegno era un obbligo relazionale. Fasi storiche nelle quali la complessità del tutto e l’elevazione intellettuale ad ogni costo rappresentavano un valore condiviso. Erano anni in cui anche un disco di musica leggera poteva essere il pretesto per chissà quali dibattiti socio-politico-esistenziali.
Le mie continue peregrinazioni nella cultura pop del passato recente mi hanno fatto per esempio inciampare nella LATO SIDE, una casa editrice romana che, nata come rivista, finì col pubblicare per cinque anni – tra il 1978 e il 1983 – una serie di libricini in cui non solo i cantautori allora molto in voga, ma anche gli interpreti più pop della canzone da hit parade venivano analizzati in chiave intellettualoide.
I Beatles e Guccini ma anche Milva e la Vanoni, Bennato e la PFM ma pure Carosone ed Elton John. Tutti presi e raccontati (giustamente) come pezzi del puzzle che costituiva la cultura contemporanea.
Firme del giornalismo e della critica musicale si spendevano in approfondite analisi dei testi ed interviste freudiane, mentre le copertine venivano disegnate dai più prestigiosi illustratori che la nostra storia recente ricordi: Guido Crepax (autore, per esempio, di questo ritratto di Barbra Streisand), Andrea Pazienza, Hugo Pratt, Emanuele Luzzati. Così, tanto per dire.
Straordinario e distante anni luce dal lessico attuale anche il descrittivo della serie:
“Questa collana propone: pagina di storia popolare, pagine della più profonda esperienza personale, pagine della coscienza militante (in un libro sulla Streisand?!?, N.d.R.), pagine scritte scendendo le scale della Torre di Babele, pagine per vivere e comunicare insieme. Abbiamo cercato persone che sappiano dire qualcosa, ora ci affidiamo a lettori allo stato di veglia e speriamo di trovare una lingua che sia loro comune. Un ‘lato’ del mondo in maniera ‘lata’, un’esperienza della cosa di cui si parla, sapendo che ci sono molte cose da dire e da fare ma da dire solamente non ce n’è”.
Vivere e comunicare insieme.
Lettori allo stato di veglia.
Una lingua comune a tutti.
Cose “da dire e da fare” perché, evidentemente, parlare e basta non era considerato sufficiente.
Senza necessariamente esprimere giudizi di merito né trarre conclusioni affrettate su quale delle due opzioni sia preferibile, una cosa la si può evidenziare: quello che esce da questi libri di appena trent’anni fa sembra davvero il ritratto capovolto del mondo odierno, il LATO opposto dei valori che impregnano le letture pop a cui, oggi, ci siamo abituati.