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Ecco, ci risiamo. Serata piena. Musica, buona cucina e profumo di donna.Devo stare attento, la Parma della triade musica-donna-cibo, va gustata... non sprecata. Un poco di Maria Luigia, una spolverata di Farnese, una fetta di culatello, la sensualità di Tamara Baroni, due anolini in brodo, una strofa di Attilio Bertolucci, due righe de "la Califfa", il glamur de l'Antea, le tettine della Petra, un aria di Verdi, una suonata di Toscanini, l'Anna e l'Erminia del Molinetto, un mese dell'Antelami, l'Angiolino del Duomo, l'alfabeto di Bodoni, il profilo di Paola Pitagora...E allora, qui in questa strana estate parmense, paliamo di donne.C'è un filo "rosa" che lega la storia di Parma alle donne.Eccola, la donna al parmense, ispiratrice piuttosto che consigliera, autoritaria e/o dolcissima, nonna, madre, figlia, sorella, moglie o amante, santa o puttana, ma anche impegnata socialmente e culturalmente, spirito libero e creativo, nel lavoro come nel tempo libero.Comunque divina, come tutte le donne,Donne, con le loro belle facce, il petto abbondante e i fianchi torniti; donne alle quali le condizioni sociali del loro tempo affidavano, con poche possibilità di scelta, ruoli domestici e apparentemente subalterni; donne che, sfidando il tempo e la storia, hanno saputo dare, senza uscire dalla posizione loro assegnata dal tempo e dalla storia, una propria impronta alla vita politica, sociale e culturale di questa carissima terra parmense.E che impronta!Ecco, donne costrette a matrimoni combinati o al chiostro - donne rifiutate o condivise - trasformarsi in diplomatiche, mecenati, duchesse, regine, puttane, poetesse, memoria popolare, mito...Eccole, in modo disordinato, ecco Margherita d'Austria, la "Madama" di "palazzo Madama", che, con entusiasmo e tenace caparbietà, salva, facendo valere i suoi titoli di bastarda imperiale, il Ducato appena nato e già in pericolo; ecco Luisa Elisabetta di Borbone, figlia di Luigi XV, e sublime artefice della rinascita di Parma, decadente cittadina di provincia trasformata nell'Atene d'Italia; ecco la parmigianissima Elisabetta Farnese, al primo impatto "ragazza burro e formaggio", poi regina, moglie del Re di Spagna Filippo V, che governò, si racconta, al posto del marito; e che dire di Bianca Pellegrini, conquistò il cuore di Pier Maria Rossi e per lei il condottiero parmense costruì due imponenti castelli (Torrechiara e Roccabianca) dove fece dipingere intere pareti per raccontare il loro definitivo amore.E poi ancora, ancora e ancora grazie alle donne, grazie al loro intuito, oggi possiamo ammirare gli affreschi del Correggio nella Camera di San Paolo (commissionati dalla badessa Giovanna Piacenza) e quelli del Parmigianino nella Rocca di Fontanellato (voluti da Paola Gonzaga, moglie di Giangaleazzo Sanvitale).Che dire di Giulia Farnese, amante di papa Giulio II, "che la gonna alzò" consentendo al fratello di esser nominato cardinale e poi papa, con il nome di Paolo III, quello del Concilio di Trento e dell'invenzione del Ducato di Parma e Piacenza, da destinare ai figli... Eccola, Maria Luigia d'Austria, irrequieta duchessa dai molti giovani amanti, diventata quasi un mito per i parmigiani - "e la Gigiasa in tal canel col gambi praria...", forse in memoria di quel "palio delle prostitute" che, intorno all'anno mille, come ricorda Luigi Afieri nel suo libro "Parma, la vita e gli amori", qui si svolgeva con gaudium magnum dei cittadini. Dunque, la Duchessa. Un mito, come Verdi e il formaggio più buono del mondo a braccetto con il prosciutto più buono del mondo. E ancora, le donne dei borghi, richiamate nella mistica poesia di pietra dell'Antelami, come negli squillanti, solari, vertiginosi inni del Correggio, o nei versi del Bertolucci poeta "inchiodate al confine invalicabile delle porte-finestre" E poi, le donne qui sono anche le <<rezdore>>, donne dal cuore caldo, mani forti a tirar la sfoglia per gli "anolini". Gli "anolini", circolarmente, ci riportano, tra colpi di gomito dei commessali, alla donna, al sesso della donna. L'"anolino" che, se a bollire nel brodo di carne a dispetto si apre, diventa, nel dialetto dell'Oltretorrente, la barbiza, la plosa, la barbousa, la chitare'na, el bus da gat, la perseghétta, la pota, la figa, l'ortiga, la bartagna, la barnarda, la flippa, la gnéza, la brugna, la gnòca, la tana, la natura, la ponghén'na, sorgarola, pasarén'na, baiana. Un piatto di "anolini" in brodo e il sorriso di una donna. Mica per niente qui, terra di guelfi e ghibellini ma anche di antiche, e rinnovate, tradizioni libertarie e anticlericali, vale il motto popolare: "I miracoj ja fa i Sant e 'l ragasi sénsa mudant". E come dimenticare le donne della Parma di Stendhal, la Sanseverina, Clelia Conti; donne della Parma di Giacomo Casanova o di quella di Alberto Bevilacqua; donne raccontate da Cesare Zavattini o Attilio Bertolucci, da Pietro Bianchi, Giovannino Guareschi e Latino Barilli e Pippo Campanini, Francesco Barilli, Piero Schivazzappa e Luigi Malerba; donne come Paola Pitagora, Lydia Alfonsi, Paola Borboni, Emma Gramatica, lia Tanzi, come Claudia Cardinale "La ragazza con la valigia", Catherine Spaak "La Parmigiana" , la Morante in "La tragedia di un uomo ridicolo", e Romy Schneider de "La Califfa" e la Sandà di "Novecento".
Si, quella che qualcuno definisce "parmigianità" ci parla non solo di cultura e gusti raffinati, ma regala, per chi vuole accettarne il dono, quell'abbondanza di amicizia che le donne, tutte le donne, splendide nella loro ricercata eleganza aiutata da un soprappiù di briosa sensualità, hanno avuto per questa città... Dove di più?http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane
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