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Profumo: "Sperimentiamo l'abbreviamento del percorso scolastico"

Creato il 24 marzo 2013 da Pedagogika2
di R.P.
24/03/2013

Ennesima proposta semplicistica del Ministro che forse non ha neppure fatto una analisi completa della questione. L'idea di "sperimentare" la riduzione del percorso scolastico appare molto contraddittoria e pressochè impossibile da realizzare.

Se non fosse che la proposta arriva direttamente dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e cioè da un’altissima carica istituzione della Repubblica, l’idea di “sperimentare” l’abbreviamento di un anno del percorso di studi non meriterebbe neppure due righe sugli organi di stampa.
Si tratta di una proposta talmente approssimativa e abborracciata che non varrebbe la pena discuterne più di tanto.
Ma l’idea è del Ministro, cioè di un rappresentante del Governo e allora il discorso cambia.
Ora, è bene chiarire: non si tratta di essere pregiudizialmente contrari ad abbreviare il percorso di studi di un anno: su questa ipotesi si può essere favorevoli o contrari ma credo che varrebbe comunque la pena aprire un ampio confronto politico e soprattutto culturale.
Ma la proposta del Ministro è di tutt’altro genere.
A quanto riportano le cronache Francesco Profumo ha in mente una sorta di “sperimentazione” molto ampia e diversificata: anticipare l’obbligo scolastico a 5 anni, oppure ridurre di un anno la scuola primaria (tra la classe IV e la classe V), eliminare un anno di secondaria di 1° grado oppure ancora ridurre di un anno la scuola secondaria di 2° grado.
Cercando di interpretare le dichiarazioni del Ministro c’è da pensare che l’idea sia quella di “lanciare” un piano nazionale per incentivare la sperimentazione che dovrebbe però essere gestita dalle singole autonomie scolastiche.
In pratica ciascuna scuola potrebbe “autorizzare” gruppi di alunni a “saltare” un anno scolastico, magari previo un accertamento delle competenze acquisite.
Se così fosse il risparmio di sistema sarebbe tutto da dimostrare: è difficile pensare che il “salto” di classe di piccoli numeri di alunni in ogni scuola possa, in ciascuna scuola, determinare la diminuzione di classi. Senza contare che difficilmente le scuole autorizzeranno gruppi consistenti di alunni a saltare una classe se questo dovesse comportare la perdita di classi e quindi di posti e di insegnanti
C’è però una alternativa: la scuola che aderisce alla sperimentazione deve necessariamente estenderla ad almeno una classe. E’ ovvio che questo comporterebbe la “sparizione” di una classe; credo che in un caso del genere le scuole aderenti si conterebbero (forse) sulle dita di una mano.
La strada apparentemente meno dolorosa sembrerebbe quella di anticipare l’obbligo a 5 anni.
Ma anche questa soluzione presenta ostacoli non da poco: come fare a garantire l’assolvimento dell’obbligo all’interno della scuola dell’infanzia dove molto spesso, per ragioni numeriche, le sezioni sono formate con bambini di età diverse ?
A quali insegnanti verrebbero affidati i bambini di 5 anni ? se fossero assegnati a insegnanti di primaria è del tutto evidente che si determinerebbe una eccedenza di docenti di scuola dell’infanzia che verrebbero collocati in soprannumero.
E poi c'è una questione strutturale: che faranno i bambini che anticipano l'obbligo scolastico ? L'anno successivo verebbero iscritti alla seconda classe della primaria ? Ma se così fosse quei bambini continuerebbe a stare a scuola per 13 anni se il modello continuasse ad essere del tipo 5+3+5 !
Insomma, non mi pare proprio che l’idea di Profumo possa riscuotere molto interesse all’interno delle scuole. Forse il Ministro spera di trovare il sostegno dei dirigenti scolastici, ma dimentica che i d.s. devono poi fare direttamente i conti con gli organi collegiali e con le rappresentanze sindacali.
Idee assai meno dolorose e forse persino interessanti sul piano pedagogico e organizzativo (il famoso “concorsone” di Berlinguer, tutor e portfolio della Moratti, per esempio) sono state osteggiate con scioperi di massa. 
A meno che il ministro Profumo non abbia già scoperto una pozione magica che possa indurre i tacchini a presentarsi spontaneamente nelle cucine e gli insegnanti italiani a offrirsi come soprannumerari per il bene della patria (o dell’Europa). 
*******************L'articolo è ripreso dalla Tecnica della scuola e, vorrei aggiungere delle considerazioni.Il ministro Profumo in questi giorni di confusione politica pur essendo dimissionario, ne ha approffitato per promuovere in silenzio  delle misure che mirano a cambiare la scuola (vedasi il rafforzamento dell'istituto Invalsi, dell'Indire e del sistema Vales, la proposta e la conseguente decisione della riduzione scolastica) mentre avrebbe fatto meglio a stare fermo in stand by come il buon senso avrebbe voluto, inoltre mi permetto di aggiungere che in quanto ministro tecnico non avrebbe dovuto fare molte delle cose che, invece, ha fatto compreso il "concorsone" che da un punto di vista legale presentava almeno dieci punti critici che lo rendevano anticostituzionale e, egli essendo un tecnico non ha nessuna competenza in ambito scolastico o meglio, mi spiego, della scuola ne sa poco o niente (si stupì un anno fa di vedere i banchi in fòrmica nelle scuole italiane). Anche questa proposta è tutta mirata al "risparmio". Ancora una volta la scuola è un luogo da cui togliere qualcosa, la logica prevalente è quella degli economisti che pensano solo sui principi di risparmio/guadagno/spesa.Da un punto di vista didattico e pedagogico, quindi formativo la riduzione del tempo scuola ha senso solo se:
  • si pensa la scuola e, quindi il suo percorso, non in termini anagrafici ma in termini di capacità. In questo caso ha senso il bambino che anticipa o riduce il suo percorso scolastico se il tutto è basato sulle sue competenze, sui suoi interessi e risultati. Quindi la vera rivoluzione dovrebbe essere una scuola che forma le sue classi ed i suoi percorsi sulla base dei requisiti dei bambini e le classi potrebbero in tal caso essere eterogenee. In prima ad esempio potrebbe esserci un bambino di 5, di 6 ma anche di 8 se in tutti i casi per motivi di più o meno capacità hanno gli stessi requisiti. La scuola italiana invece si basa su un preconcetto anagrafico che allinea, banalmente, tutti i bambini di una certa età, se non c'è un cambio di questa visione l'anticipo o il salto non ha senso.
  • le scuole dell'infanzia non sono attrezzate per preparare i bambini di  4 anni per l'anticipo alla primaria a 5 anni. Sino a qualche anno fa era possibile (ma in pochi lo facevano) accedere alla 2^ classe primaria previo esame, ma oggi non si può fare.
  • ricordiamo, che sempre in base al fatto che la scuola italiana è progettata su base anagrafica anche chi avesse le competenze, non può diplomarsi se non ha espletato tutto il percorso dei 5 anni di scuola superiore e se non ha compiuto 18 anni (bel paradosso!). Anche l'Università è basata sullo stesso principio, infatti se uno studente supera gli esami prima del percorso previsto è costretto a fermarsied aspettare esattamente per il tempo che lo Stato ha stabilito per il suo percorso di studi
  • quindi, se non si cambiano i presupposti della scuola l'anticipo, il salto, l'abrevviamento non hanno senso. Il problema delle riforme strampalate che spesso si presentano è che si "copia" da modelli anglossassoni, europei, americani ma estrapolando solo ciò che ci interessa senza senso critico e, senza mai cambiare veramente nulla.
  • la scuola europea e americana che prevedono il salto, l'anticipo e l'abrevviamento scolastico si fondano sul principio di seguire le inclinazioni, capacità, aspirazioni degli studenti e non di fondare tutta la scuola su un mero presupposto anagrafico.
  • la scuola dovrebbe in tal caso cambiare - e sarebbe veramente auspicabile- il suo modo di fare didattica, dovrebbe ripensare i metodi, i programmi, il tipo di relazione insegnante/studente/società/famiglia. La scuola dovrebbe ripensarsi in modo più aperto, attivo e collaborativo.
  • non si può pensare alla scuola solo in termini economici e numerici. Certo è da tener presente il numero dei docenti soprannumerari, ma occorre anche ricordare che la scuola non può essere pensata come un bacino di accoglienza per gli inoccupati. Bisogna considerare che in Italia il rapporto numerico tra insegnanti e studenti è davvero sproporzinato se si pensa che le graduatorie attuali hanno un numero di insegnanti che basterebbero da qui al 2030 circa, mentre gli alunni calano in tutte le scuole di ogni ordine e grado Praticamente tutti gli schieramenti politici utilizzano il MIUR quale ammortizzatore sociale per creare "nuovi" posti di lavoro, con voti di scambio per i vari concorsi bluff (vedasi tutti quelli avvenuti negli ultimi decenni!) e portando al collasso i requisiti di formazione dei neo assunti, ad avere una grossa voce dei costi generali per la sola voce stipendi a discapito dei restanti impegni economici che la scuola dovrebbe sostenere per essere al passo con la richiesta del mercato e della società.
  • bisogna ripensare anche il metodo di reclutamento degli insegnanti che finora ha presentato non poche pecche.  
  •  ben vengano le riforme, le sperimentazioni ma fatte in modo reale, con senso pratico e critico e, con coraggio. La riforma della scuola è urgente e necessaria, ma bisogna cambiarla tutta. 
S.F.

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