Magazine Psicologia

Pronti, partenza, via! Elementi di Psicologia dello Sport (1 parte)

Da Psychomer
by Paola Sacchettino on settembre 10, 2012

“A nome di tutti gli atleti giuro che parteciperemo a questi Giochi olimpici rispettandone fedelmente le regole, gareggiando senza fare ricorso al doping né ad altre sostanze chimiche,attenendoci al vero spirito sportivo, per la gloria dei Giochi e l’onore della nostra squadra”
 (Il giuramento olimpico)

Si sono da poco conclusi i XXX Giochi olimpici, le Paralimpiadi si stanno ancora svolgendo a Londra e mi viene naturale inoltrarmi in un ambito della Psicologia a me congeniale, al quale confluiscono diverse dottrine: psicologia generale, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia, filosofia, igiene, scienze motorie, riabilitazione, ecc.: la Psicologia dello Sport.

Il suo interesse è volto allo studio del comportamento dell’uomo e, a differenza del resto della Psicologia che agisce su individui problematici,  opera su soggetti sani che debbono fornire alte prestazioni fisiche, psichiche ed emotive.

Mettendo quindi da parte il ruolo clinico dello Psicologo, aspetto questo strettamente legato alla psicopatologia, nel lavoro con lo sportivo si vanno a sviluppare abilità mentali specifiche: un requisito essenziale a questo livello è la conoscenza di sé che l’atleta deve possedere per arrivare ad identificare i propri punti di forza e quelli di debolezza, giungendo a dominare questi ultimi per ottenere un pieno sviluppo personale.

Lo studio e l’applicazione della Psicologia dello Sport sono volti a sviluppare il meglio del potenziale di ciascun atleta, migliorandone la prestazione e ricercandone il benessere psichico, fisico ed emozionale, ottimizzando la performance, l’orientamento al pensiero positivo, lo sviluppo del potenziale mentale, fino al raggiungimento dell’equilibrio tra la sua parte razionale e quella emotiva.

Lo Psicologo che voglia essere facilitatore e mediatore dell’ottimizzazione della performance, deve cercare quindi la normalità, esaltarla stimolando l’intelligenza dello sportivo sapendo regolare i tempi del singolo e favorendo quella familiarità con il compito da svolgere che ha come obiettivo l’utilizzo ideale dell’energia.

Relativamente al tipo di lavoro che si può fare sull’atleta e sullo sportivo in genere è molto più utile focalizzarsi sulla sua identità che su tecniche specifiche orientate a sviluppare particolari doti, partendo dall’ipotesi che l’identità personale è costruita attivamente dal soggetto stesso, lungo tutto il corso della propria vita.

E’ importante tenere presente l’elenco di priorità attraverso le quali l’individuo organizza la propria esperienza. Possiamo immaginare una struttura piramidale, nella quale i livelli inferiori della lista possono andare ad influenzare i livelli superiori mentre questi ultimi, nel momento in cui sono modificati, porteranno sicuramente dei cambiamenti ai livelli inferiori:

  1. l’ambiente: costituisce il contesto entro il quale avviene l’esperienza del soggetto
  2. i comportamenti: sono le azioni effettive operate dall’individuo all’interno di un contesto
  3. le capacità:  costituiscono le abilità sviluppate dall’individuo che ha imparato a reagire in modo adeguato all’ambiente esterno
  4. le opinioni e le credenze: sono le idee che si posseggono o che ci si è fatti su se stessi, sugli altri e sul mondo
  5. i valori e le convinzioni: costituiscono ciò che veramente conta ed è importante per la vita, determinano la motivazione a fare ciò che si fa.

I primi tre livelli: ambiente, comportamenti e capacità sono essenzialmente legati al mondo del saper fare e rispondono a domande sul come, dove e quando fare una certa cosa. Gli ultimi due sono legati al mondo del saper essere, rispondono alle domande sul perché si deve fare una certa cosa e sono fondamentali per la motivazione.

­­­­

Continua…


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog