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Pronto Soccorso, Sardegna bocciata dal ministero

Creato il 27 maggio 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Da quattordici anni a questa parte il sistema del Pronto Soccorso in Sardegna funziona per la grande buona volontà e la preparazione personale degli operatori, medici e volontari, che mettono a disposizione la loro professionalità. Eppure nella nostra regione manca sostanzialmente una testa pensante, una catena di comando regionale in grado di gestire al meglio questo sistema essenziale per la sopravvivenza di tante persone. E’ assente il coordinamento tra Regione, Aziende sanitarie locali e centrali operative del 118 e, soprattutto, non esistono delle linee guida regionali. Gli operatori sono costretti a lavorare con molta discrezionalità e spesso la gestione di una emergenza è ancora legata alla fortuna. Essere soccorsi, magari d’estate in una spiaggia affollata del litorale isolano, può rivelarsi una sorta di terno al lotto. Bisogna sperare che un’ambulanza passi da quelle parti e che nell’équipe medica sia presente un medico in grado di intervenire in quello specifico caso. Mancando una gestione centralizzata del servizio, si tende inoltre a non dare una adeguata formazione ai medici che devono operare sul campo, non è stata predisposta una funzione di controllo (della qualità del servizio offerto, delle spese sostenute e dei flussi di intervento) in grado di garantire un monitoraggio costante del sistema (per risolvere le criticità) né una adeguata informazione dei cittadini sulla corretta fruizione del servizio 118. Non ci sono infine, ma questo è un problema di portata nazionale, direttive centralizzate che diano ai diversi operatori (Vigili del Fuoco, Polizia e Carabinieri) regole di comportamento univoche nella gestione delle emergenze più gravi.

Le criticità e le problematiche del sistema del Pronto Soccorso isolano (di cui si è avuto modo di parlare in questo blog anche in un post dedicato ad una encomiabile iniziativa della società Cagliari Calcio sull’uso del defibrillatore) sono elencate in un documento del ministero della Salute che, qualche anno fa, ha effettuato una “Ricognizione della normativa, delle esperienze, delle sperimentazioni, relativamente a emergenza e 118, a livello regionale e nazionale”.  In base alla relazione, la regione Sardegna presenta una serie di problemi. E nonostante il Piano Sanitario regionale in vigore dal novembre 2005 si sia posto l’obiettivo di migliorare il sistema di gestione delle emergenze, queste criticità non sono state ancora purtroppo risolte.

Pronto soccorso: il servizio 118

Pronto SoccorsoIstituito nel 1992, il servizio 118 per l’emergenza sanitaria è un numero unico nazionale attivo 24 ore su 24 e sette giorni su sette (gratuito su tutto il territorio italiano, sia da telefoni fissi che mobili).

Il centralino è gestito da personale tecnico, infermieristico e medico che attiva un servizio di emergenza allertando le ambulanze e le auto mediche convenzionate. Almeno sulla carta, il servizio dovrebbe essere in grado di gestire qualsiasi evento ordinario – cioè il trasporto di un paziente in ambulanza – in circa 810 minuti in città e in circa 20 minuti in ambito extraurbano. Mentre dovrebbe saper gestire eventi straordinari – quelli che gli esperti chiamano “incidenti maggiori” – in tempi dalle 2 alle 6 ore. Tale performance presuppone però un’organizzazione efficiente e centralizzata in grado di gestire il servizio in tutta la regione, di dislocare in modo razionale tutti gli automezzi medicalizzati a disposizione e coordinare gli operatori sul territorio.

Le direttive per la gestione delle emergenze in Sardegna sono state dettate, come detto, dal Piano Sanitario regionale approvato con Decreto della Giunta regionale n. 51/9 il 4 novembre 2005, nel quale è prevista un’organizzazione abbastanza complessa del servizio di pronto soccorso:

  • un sistema di allarme sanitario, dotato di numero telefonico di accesso breve ed universale (118) afferente alle centrali operative;
  • un sistema territoriale di soccorso costituito dai mezzi di soccorso avanzato (medicalizzati) e dagli enti e associazioni di volontariato operanti in regime convenzionale;
  • una rete di servizi e presidi ospedalieri, funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati, articolati su quattro livelli di operatività:
  1. Punti di primo intervento;
  2. Pronto soccorso ospedaliero;
  3. Dipartimento di emergenza e accettazione di primo livello;
  4. Dipartimenti di emergenza, urgenza e accettazione di secondo livello.

In teoria, secondo le normative nazionali, l’organizzazione ottimale del servizio di Pronto soccorso dovrebbe constare di un comando regionale (dislocato presso l’assessorato regionale della Sanità) e dei Comitati di gestione Centrali Operative dislocati presso le Aziende sanitarie locali con funzione di controllo e coordinamento delle attività di accoglienza e soccorso sul territorio.

Come invece segnala la relazione del ministero, in Sardegna il comando regionale del 118 ancora non esiste ed esistono una serie di importanti criticità. Nella nostra regione sono ancora infatti attive soltanto le due Centrali Operative, istituite a Cagliari e Sassari da una delibera di Giunta del 1998: ognuna delle due centrali è governata da un Comitato di Gestione composto dai Direttori generali delle aziende ASL afferenti.

In Sardegna, secondo la relazione del ministero, il sistema territoriale di soccorso si basa attualmente su due livelli di risposta:

  • 24 postazioni di soccorso avanzato (medicalizzato) composte da personale medico convenzionato e infermieristico dipendente dalle aziende ASL.
  • 209 postazioni di soccorso di base gestite da associazioni di volontariato in regime di convenzione, non tutte attive h24.
  • Quanto ai presidi ospedalieri, non in tutti  è presente un pronto soccorso adeguato: pochi hanno letti di osservazione breve, ancor meno di medicina d’urgenza e terapia sub-intensiva. La relazione ministeriale rileva inoltre la pressoché totale assenza dei Dipartimenti d’Emergenza (DEA), con eccezione dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari.

La relazione ministeriale (datata 2006) ricorda che, al fine di migliorare il sistema emergenza-urgenza e di superare le criticità presenti, la regione Sardegna nel 2005 ha previsto nel Piano Sanitario Regionale una serie di obiettivi da perseguire. Ma al momento di descrivere tutti gli altri parametri analizzati per le altre regioni italiani per monitorare il servizio, il ministero si è dovuto arrendere per mancanza delle necessarie informazioni. Informazioni che a quanto pare non sono arrivate neppure nel corso degli anni. Probabilmente perchè la politica e la burocrazia sarda, in tutt’altre faccende affaccendate, si sono dimenticate di perseguire effettivamente quegli obiettivi finalizzati alla sicurezza e al soccorso.

Ecco uno stralcio significativo della relazione:

Sistemi di classificazione/codifica.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Sistemi di finanziamento.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Misure adottate per migliorare l’appropriatezza degli accessi.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Interazione con altri servizi territoriali.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Strumenti per la mappatura dei servizi sul territorio.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Disponibilità routinaria di informazioni.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Analisi dell’attività, anche con riferimento alla valutazione dell’appropriatezza, della qualità e dell’esito.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

Sistemi informativi (inclusi eventuali strumenti di supporto agli operatori). /Informazioni previste nelle schede di soccorso.

Non è stato possibile acquisire informazioni in merito.

La gestione degli incidenti maggiori

Tra le criticità rilevate a livello nazionale riveste infine particolare importanza quella della gestione degli incidenti maggiori, ovvero quegli eventi imprevedibili in cui la collocazione, la quantità, la gravità o il tipo dei feriti ancora vivi richieda l’utilizzo di risorse e procedure straordinarie. In Italia, quando accadono questi eventi di massa i servizi di emergenza sanitari vengono coordinati da un’organizzazione di livello regionale e provinciale, mentre le altre componenti del soccorso (Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Forze Armate) vengono organizzate a livello nazionale. Come dimostra l’esperienza degli operatori, la mancanza di una regolamentazione con standard univoci ha finora creato molti problemi nella gestione di grossi incidenti. Per questo, secondo gli addetti ai lavori, una formazione comune e la condivisione degli stessi standard ai diversi livelli di intervento (Polizia, 118, Vigili del Fuoco, Forze Armate, etc) permetterebbe ai soccorritori di parlare una stessa lingua “operativa” e permetterebbe al sistema complessivo di dare una risposta d’azione valida e efficace all’azione di soccorso.

Premesso ciò, sarebbe probabilmente opportuna una maggiore attenzione da parte della politica, sia a livello nazionale che regionale, alle problematiche relative alla sicurezza e al soccorso delle persone.

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