È record di visitatori per “Manet. Ritorno a Venezia”, esposizione allestita a Palazzo Ducale. La mostra avrebbe dovuto concludersi il 18 agosto, ma dopo aver raggiunto i 100.000 visitatori, l’evento è stato prorogato fino al 1 settembre 2013 per permettere di ricevere chi non l’ha ancora vista e ne ha fatto esplicita richiesta.
È un’esposizione che si propone di indagare ed approfondire i modelli che influenzarono la pittura del grande pittore francese, nato a Parigi nel 1832 e morto nella medesima città nel 1883. Particolare attenzione è rivolta al rapporto con l’arte italiana, specialmente quella veneta del Cinquecento.
La mostra è stata ideata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia con la collaborazione speciale del Museo d’Orsay di Parigi, al fine di scandagliare l’anima “italiana” della pittura di Manet che con audacia apre la strada dell’Impressionismo, pur non avendo egli mai voluto aderire a questo movimento, né riconoscersi in esso.
I colori, la modernità, lo spirito del grande artista francese saranno rivalutati attraverso l’influenza che su di lui esercitarono l’arte italiana, in particolare la pittura veneta del Rinascimento, da cui Manet si lasciò suggestionare nei due viaggi che lo portarono nella città lagunare, rispettivamente nel 1853 e nel 1874. Palazzo Ducale ospiterà dal 24 aprile al 1 settembre 2013, circa un’ottantina di capolavori dell’artista provenienti da numerosi musei internazionali e una decina d’importanti dipinti italiani, insieme ad inedite e curiose testimonianze della presenza di Manet in città.
Tra le opere esposte anche la celebre Olympia del 1863, una tela che non aveva mai lasciato il suolo francese prima di questa mostra e che ora arriva in Italia per essere esposta accanto alla celebre Venere di Urbino di Tiziano. Quest’ultima, rappresenta la fonte sicura d’ispirazione per l’artista francese, il quale ebbe certamente modo di vedere il dipinto durante uno dei suoi viaggi in Italia. Un Manet rivisitato nel suo tragitto formativo, quindi, quello che si delinea a Palazzo Ducale, che necessariamente si lasciò ammaliare dai grandi maestri della nostra penisola.
Un Manet che farà veramente ritorno a Venezia dove ha risieduto per ben due volte ed incontrato l’arte di Tiziano. I modelli a cui Manet si ispirò, fino ad oggi quasi esclusivamente riferiti all’influenza della pittura spagnola, furono invece assai vicini alla pittura italiana del Rinascimento, come vuole dimostrare proprio l’esposizione veneziana nella quale il pubblico potrà ammirare, accanto ai suoi capolavori, alcune eccezionali opere della pittura veneziana del Cinquecento, da Tiziano a Tintoretto, a Lotto in particolare.
La solita distinzione di antichi e moderni? Non esattamente. Avremo invece il piacere di osservare il pittore diventare moderno, proprio attraverso lo studio dell’antico. In questa mostra sembra piuttosto che artisti e rivoluzionari in epoche diverse, si siano dati appuntamento fuori dal tempo, in un incontro inedito sulle pareti degli Appartamenti del Doge.
Con Olympia è arrivata anche la Colazione sull’erba in una replica londinese dell’originale, rimasta invece in sede a Parigi. Anche qui il confronto è con Tiziano, oltre che con Raffaello, mentre altre tele intrecciano fili con diversi artisti rinascimentali: il giovane gentiluomo di Lorenzo Lotto a fianco di Zola, la famiglia borghese del Balcone che si affaccia sulla loggia di Carpaccio, le serate in maschera di Francesco Guardi accostate ai balli parigini.
Il primo viaggio in Italia e a Venezia di Manet è del 1853, quando il giovane è appena ventunenne ed il suo talento precoce ha già avuto modo di esercitarsi tra i copisti del Louvre, i giovani artisti che facevano pratica riproducendo le opere dei grandi del passato. La mostra si apre proprio con una serie di libere interpretazioni di opere che Manet vide durante questo viaggio. Poi Manet torna in patria, e non sarà nuovamente in Italia fino al 1874, ormai nel periodo della sua maturità artistica.
Sembra quasi che ora il pittore si volti indietro a guardare la strada percorsa, trovando nell’arte classica un punto di riferimento per andare avanti. L’arco di tempo racchiuso tra i due viaggi veneziani è uno strumento utile per seguire lo sviluppo dell’artista dagli esordi alla maturità.
Le sale infatti sono tematiche: dopo la copia e il gioco di specchi, c’è una sala dedicata alle nature morte, formula olandese ma con strutture e colori potenzialmente italiani, mentre in un’altra si ammirano opere della maggiormente riconosciuta impronta spagnola di Goya, El Greco e, soprattutto, Velazquez. Fino al gran finale, tutto lagunare: siamo nel 1874 e l’artista dipinge il Canal Grande. La mostra si chiude con questo omaggio a Venezia. È proprio il caso di dirlo: Manet è tornato!
Written by Cristina Biolcati