L’unto dal Signore, probabilmente per questo sanato dalla terribile malattia, dice ancora una volta la sua portandoci oggi a interrogarci sull’effettiva necessità di seguire il consiglio dei medici e suggerendo a noi poveri sprovveduti di richiedere almeno 3 consulti (come se non ci pensasse nessuno).
Ora, io lo so che quest’uomo vive in un mondo parallelo al nostro, un mondo tutto suo in cui si possono pagare 300mila euro al mese di alimenti alla ex moglie ma, visto che dovrebbe saperlo anche lui, potrebbe almeno farci la grazia di chiudere la bocca.
Un comune mortale che si reca in un normale ospedale si trova ad affrontare tempi biblici anche solo per arrivare alla diagnosi della malattia. Grazie al suo governo e alle scelte che quotidianamente e costantemente opera, ormai il pronto soccorso è diventato il luogo di lavoro di poveri e santi martiri che fanno di tutto per curarti anche se non possono farlo. Quando vai lì i medici ti guardano dicendo che sì, bisogna approfondire, fare accertamenti, ma che non possono tenerti in ospedale, che sono costretti a mandarti a casa perché almeno una volta all’anno vengono tagliati posti letto su posti letto. E così, assolutamente non sano, torni a casa con qualche antidolorifico e qualche antibiotico ad ampio spettro e una lista di esami da fare lunga come la quaresima. Esami da fare tutti ambulatorialmente, con la tempistica che questo comporta. Dopo un mesetto o due, quando finalmente hai capito cos’hai, ricominci ad affrontare tutto l’iter per capire come intervenire. Altri mesi che se ne vanno. I tempi d’attesa per chiedere consulti ad altri medici in strutture sanitarie di Stato sono di circa 1 settimana. Ogni medico chiede approfondimenti che non può far fare tramite ricovero. E il tempo continua a passare. Ogni esame in ambulatorio richiede almeno 7 giorni di attesa, se non 20, 25, 30 per i più costosi e impegnativi. Gli esiti arrivano dopo 7, 10 giorni. Ogni volta che un esito richiede un altro approfondimento, il tempo continua a passare.
E poi in lista per l’operazione, in lista per gli esami pre-operatori, in lista per i post-operatori, in lista per le chemio. E il tempo continua a passare senza che sia possibile intervenire in alcun modo, mentre tu lo sai benissimo che quella roba lì che hai dentro mica ha voglia di aspettare che si degni di arrivare l’esito di una scintigrafia o di un istologico.
E i famosi parenti, i familiari. Quelli che ti accompagnano a fare tutte queste visite, questi accertamenti, queste medicazioni post-operatorie. Quelli che devono chiedere giorni di ferie, se li hanno. Perchè se un malato di tumore ha anche la sfiga di avere in famiglia un lavoratorie precario, non solo lui rischia di rimetterci le penne, ma il familiare rischia di vedersi sfumare il lavoro. Perché è vero, esistono possibilità, 104, aspettative, che però non puoi richedere subito. Devi superare montagne burocratiche (e avere giorni di ferie per farlo) e poi – forse – puoi avere qualche diritto. E quindi non resta che affidarsi al buon cuore del datore di lavoro. Sperando che prima o poi non chieda il conto.
Tre consulti, dice questo signore, operazioni non necessarie, forza di volontà e quella frase, «ho sempre creduto in me stesso». Vorrei vederlo crederci ancora dopo 5 mesi di attesa. Dopo 5 mesi d’attesa non credi più a niente.
Per non parlare del miracolo della sconfitta del cancro, con i soldi per la ricerca che vengono ogni giorno ridotti ai minimi termini (è notizia di questi giorni l’ennesimo taglio) e passi in avanti che vengono fatti da ricercatori italiani costretti a lavorare all’estero.
Tre consulti. Operazioni non necessarie. Con i soldi suoi probabilmente. Perché l’unica speranza per evitare un’operazione è intervenire tempestivamente. Ché (detto francamente) a nessuno fa piacere farsene portare via un pezzo, con tutti i dolori, i danni e le magagne che questo comporta. E l’unico modo per intervenire tempestivamente è pagare. Fior di soldi. Quando passano mesi dalla diagnosi alla terapia puoi solo sperare che un’operazione serva ancora a qualcosa, e che si possa ancora fare.
Quindi Silvio, mi rivolgo a te per chiederti un favore: già combatto quotidianamente con tutti gli ostacoli che tu e i tuoi contribuite a mettermi davanti. Fammi almeno la buona grazia di tacere.
Ma forse sì, ha ragione lui. La soluzione è quella di farsi una magnifica assicurazione privata sulla salute. Magari con Mediolanum. E non pensarci più.
Arno Klein – Una stanza bianca
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