Rieccomi. Non ho scritto per motivi evidenti e poi perché ero impegnata a protestare contro il parcheggio. Non abbiamo ancora smesso, nonostante in tanti, soprattutto giovani e di sinistra, ci diano per spacciati. Un amico mi ha detto: sul tuo blog non ho letto niente sulla protesta. Se volete leggere, andate qui. Un altro mi ha detto: ma ti rendi conto con chi ti sei messa? C’è chi ci guarda dai lati del campo e storce il naso: che armata Brancaleone! A parte che io non la vedo così, ma è interessante questa schizzinoseria. Questi no, sono troppo esaltati. Sono anche maleducati con il sindaco. E la maglietta di quello è troppo aggressiva, non possiamo farci fotografare assieme. Questo giro di protesta lo salto, ci sarà di sicuro un’altra occasione.
La cosa interessante è che più sono giovani, più ragionano così. Non ho ancora capito perché, l’unica spiegazione, ma non può essere quella giusta, è che i vecchi sono affezionati alla piazza perché gli ricorda la gioventù.
Voglio ringraziare chi ha prenotato delle quote del mio libro, ringrazio Michele per il suo appello e vorrei rassicurarlo e magari rassicurare eventuali altre persone preoccupate: anche se non dovessi raccogliere ulteriori adesioni, il libro lo stamperò lo stesso. Le quote non prenotate saranno a carico mio. Non so se questo violi i principi del crowdfunding, ma penso di no.
Questa mia precisazione non significa che è indifferente se sosterrete il mio progetto o meno, semplicemente che non voglio che qualcuno offra più di quello che potrebbe o vorrebbe per paura che io non ce la faccia.
Sono settimane che penso a come commentare la vostra risposta alla mia richiesta di aiuto (sono rimasta un po’ male, è ovvio), poi ho concluso che non devo scendere nei particolari e che piuttosto le idee più interessanti a proposito mi sono venute da due documentari che ho guardato recentemente. Uno era Sugarman, l’altro Exit through the gift shop. Entrambi offrono spunti di riflessione sull’arte: sui suoi meccanismi di diffusione e sul suo ruolo nella società, sull’aspetto commerciale e sul potenziale rivoluzionario, sull’autenticità, sul ruolo del caso, della promozione e del passaparola, sul talento, sull’onestà e la disonestà, sull’immagine pubblica e l’anonimato…
E sotto a tutto questo, implicitamente, la domanda: è meglio avere successo, o non averne?
Oggi ho messo un link in un commento, ma forse non tutti leggono i commenti, quindi re-linko questo bellissimo articolo dei wu ming che prende spunto dal caso del ragazzo che diede del ‘pecorella’ al carabiniere e racconta nel piccolo e nel grande quello che succede in val Susa. Mi piace perché finalmente si legge un reportage lungo, perché è scritto con poca retorica e molto materiale, perché sputtana i grandi media, la loro disinformazione e le loro ossessioni, perché dà un’idea di cosa fanno veramente le forze dell’ordine nella valle, e perché descrive bene cos’è una lotta di popolo. Qui in Friuli la lotta di popolo non la sappiamo più fare. Io credo che ci sia stato un tempo abbastanza recente in cui la sapevamo fare, quel tempo era la Resistenza e probabilmente anche il terremoto, cioè quando ci sono capitate le peggiori disgrazie. La mia riflessione senza fine è perché il meglio delle persone viene fuori nei tempi bui, quelli in cui ci si batte per avere quello che adesso abbiamo: la pancia piena, la pace, la libertà e i mille svaghi stupidi che già i romani avevano capito bisogna dare in pasto al popolo per tenerlo buono. E quindi non sappiamo più lottare per niente o dare un senso alla nostra vita che non sia meschino.