Magazine Cultura
Un noioso post di Mantellini mi fa pensare che, risorgimento o non risorgimento, il blog, come forma espressiva, si stia avvicinando sempre più a una specie di “prova d'artista”, ovvero a un esercizio di arte estemporanea del pensiero, di colui o colei che non stanno a meditare troppo su quello che han da dire, altrimenti sfugge loro il concetto; e dato che un post non deve essere un trattato, ma la fuggevole testimonianza di una mente che mette in scena se stessa, ecco che il blog - aiutato in questo dal successo di Twitter o Facebook che hanno allontanato parecchi di coloro che usavano il mezzo blog per limitarsi a fare due battute - si è ritagliato uno spazio preciso nella comunicazione internettiana, una specie di padiglione tutto suo, dove i visitatori vanno di solito per trovare cose che altrove è difficile vi siano, giornali soprattutto, settimanali pure, non dico cose migliori o peggiori, ma diverse, certamente meno mediate e meditate, improvvise, sicuramente gratuite (non dico sincere, ché la sincerità è roba da boy scout). Ecco, leggere un buon post credo sia come ascoltare un buon brano musicale che ascolti per la prima volta e poi più, o vedere un quadro o una scultura che non sono stati mai usati come forma di pubblicità. È per questo che i post sono, in genere, così effimeri, farfalle di parole che svolazzano in cerca di essere lette, e magari catturate e inchiodate nella mente da gentili entomologi amanti delle menti altrui. Il post come prova suprema di arte caduca: una volta prodotto prende vita autonoma, e vola (notate come sparo frasi a caso).Il blog non ha altro da offrire che pensiero impermanente, che accarezza la mente e non la percuote con fastidiosi memi del cazzo che tanto piacciono ai cantanti famosi (su questo tema ci devo tornare un giorno). Chiudo: i blog sono la forma principe di pensiero non stereotipato. Almeno credo. Almeno spero. Almeno finché i post che lo compongono non assomiglino, nella forma e nella sostanza, agli editoriali di De Bortoli.
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