Magazine Cinema
“Màh, questo mio ultimo che ho fatto è comunque e soltanto un filmetto”
Fderico Fellini, 1978.
“ll declino dell'Occidente in C # Maggiore.”
Dalla Tagline originale di lancio del film negli Stati Uniti
Nino Rota tra le moltitudini di film per cui ha composto la colonna sonora, in cinquant'anni di carriera, (“Il Padrino”, [1972] di Coppola, “Il Casanova”, [1976] sempre per Fellini ), ce n'era uno che ha meritato per decenni più di altri di essere finalmente riesumato, grazie all'avvento dell'era del dvd (ma non in Italia, essendo uscito in Gran Bretagna). Pensando che non era poi stato mai distribuito in home video in alcuna forma, e che essendo una produzione RAI veniva soltanto programmato in televisione, ogni tanto. Questo film ingiustamente dimenticato è “Prova d'orchestra” (1979), diretto ovviamente da Federico Fellini. Esso raffigura la lotta artistica e politica tra un Direttore d'Orchestra (tedesco) e i suoi italianissimi musicisti. Un film dunque sulla musica, ma anche e non secondariamente, sull'assolutismo del potere, il terrore che ne consegue, e dei destini dell'umanità stessa.
“Prova d'orchestra” è stato oltre che per Rota, anche uno dei massimi risultati della “maturità” nella filmografia felliniana, Rota intanto venne qui impegnato nel suo ultimo lavoro (morì dopo le sessioni di registrazione) che di conseguenza fu anche il lavoro finale della lunga collaborazione Fellini-Rota - dopo alcuni capolavori come “8 1/2” (1963), “Roma” (1972), “Amarcord” (1974) e tanti altri.
"Il collaboratore più prezioso che abbia mai avuto, lo dico subito e non ho nemmeno bisogno di esitare, era Nino Rota," affermò Fellini, "tra noi, subito, una completa, totale, l'armonia."
“Prova d'orchestra” fu ambientato durante una sessione musicale dall'inizio alla fine, e tutti i personaggi sono musicisti. Potrebbe esserci stato un risultato supremamente migliore?
Di solito, nei film di finzione ma anche nei documentari sulla musica, i musicisti e le orchestre sono solo una parte del set, e solamente sullo sfondo. Qui, sono gli “anti eroi” protagonisti, che hanno tutti i dialoghi e ognuno di loro ha un'importanza nella storia. Questo film è un omaggio ricco e vibrante, alla musica e ai suoi interpreti (venne infatti ingaggiato Carlo Savina per mostrare all'attore principale come condurre l'orchestra). “Prova d'orchestra” di tutti i film di Fellini è stato per lungo tempo quello davvero più sottovalutato, mentre è invece probabilmente uno dei film più emozionanti mai realizzati sull'arte della musica – e un film di rara lucidità e riuscita metafora sull'attualità italiana di quel tragico e tumultuoso periodo, dalla tesi mai enunciata, ed eppure stampatasi nella mente di ogni spettatore.
Il caos come inizio
Mostrare i musicisti di un'orchestra al lavoro fu il desiderio che fece a Fellini da spunto catalizzatore per fare il film. Fellini, in effetti, confessò al famosissimo critico cinematografico francese Michel Ciment: "Quando ho partecipato alle sessioni di registrazione delle colonne sonore dei miei film, mi ha sempre colpito, stupito e anche ogni volta spostato l'attenzione da altre cose, perché mi sentivo come se fossi il testimone di un miracolo molto diverso e particolare. Persone che arrivavano allo studio di registrazione ognuna con i propri diversi strumenti, ma anche con i loro problemi personali, il loro cattivo umore, la loro malattia, a volte la loro radiolina."
Non appena incominciano i titoli di apertura o durante le prove dell'Orchestra, Fellini sempre più e con grande maestria fa pervenire allo spettatore l'idea del caos che apparirà come il tema principale della storia. Non inizia il suo film con un'apertura musicale tradizionale (come con Rota ha fatto spesso), oppure i suoni dei musicisti che scaldano i loro strumenti prima dello spettacolo. Mentre i nomi degli interpreti e dei tecnici sono presentati sullo schermo, si possono sentire solamente i rumori del traffico urbano (anche se nessuna scena del film avverrà poi all'esterno).
Si tratta di una sorta di "melting pot" fatto di suoni della città, con le sirene dei pompieri, ruggiti di moto, pneumatici di auto che rumorosamente stridono sull'asfalto, le campane, i tram, altri rumori di motori e persino di aerei. Fellini ci fa qui immaginare come di un esercito pronto ad andare in guerra. Tutte le tesi alla fine, come i suoni, si confondono. Fellini mette a confronto il circo alla vita dei musicisti professionisti contemporanei al circo, così come la creazione di immagini, con l'esecuzione delle sessioni musicali. Gli impazienti suoni dei mezzi motorizzati che si sentono nei titoli di testa di “Prova d'orchestra” in un certo senso, sono i musicisti dell'orchestra che come stiamo per scoprire, hanno come mezzi di trasporto i loro strumenti musicali.
Immediatamente, la magia del rapporto suono / immagine è già effettiva. Parlando di questo in una lunga intervista a Giovanni Grazzini, Fellini aveva ammesso: "Per quanto mi riguarda, sento un bisogno personale di dare la stessa importanza ai suoni e alle immagini, creando una sorta di polifonia." Ma ciò non significa, come nella maggior parte dei film di oggi, che si debba avere tanti suoni e brani musicali quante sono le immagini. E infatti non è l'idea del caos che veramente interessi a Fellini ma, più probabilmente, l'idea della polifonia, il vero filo di Arianna di “Prova d'orchestra”.
Il film si apre come con l'allarme di una guerra, di un pericolo che annuncia un imminente apocalisse. Ma questa apertura di “suoni confusi" (quasi come una sorta di techno-ouverture musicale) forse rivela anche il difficile rapporto tra il maestro Federico Fellini e il grande mondo dei suoni e della musica.
Fellini e Rota, due mondi
Quando si fa una ricerca su Fellini, può chiaramente sembrare che la musica non fosse mai stata per lui vitale, un fatto piuttosto sorprendente per un artista. "In privato", disse Fellini "devo confessare che preferisco non ascoltare la musica. La musica mi condiziona, mi preoccupa, mi possiede come una voce di rimprovero che mi tormenta perché mi mostra una dimensione di pace, di armonia e di completamento dalla quale mi sento escluso, esiliato. La musica può essere anche crudele. " Fellini in “Prova d'orchestra” affronta in profondità questa sofferenza personale, come la confessione sorprendente di ipersensibilità vis-a-vis alla musica da parte di uno dei registi più musicali di sempre.
"Non posso ascoltare qualcuno che batta con le dita su di un tavolo: Immediatamente mi disturba, vengo colpito dal ritmo nello stesso respiro." Fellini ha continuato: "Come per Nino Rota, che era capace di ascoltare un altro brano nel bel mezzo empatico di una fanfara, in questo aveva delle capacità da fachiro.».
A differenza di Fellini, Nino Rota (compositore dei film di Fellini dal 1952) era, come per lui, in una "non-relazionabilità" con il mondo delle immagini - da qui forse la complementarietà assoluta tra due uomini. Fellini ha spiegato: "Egli [Rota] aveva come una" immaginazione geometrica ", un approccio musicale degno delle" sfere celesti "Galantemente, ma non aveva bisogno di vedere le immagini dei miei film. Quando gli chiedevo con quali melodie aveva in mente di commentare. una sequenza o un altra, ho capito chiaramente che non era interessato alle immagini come tutti. Il suo mondo era interiore, dentro di sé, e la realtà non aveva modo di entrarvi." Rota sembrava essere così lontano dal film stesso che poteva così apportare una totale libertà di creazione.
Fellini era così divertito, dopo il montaggio nei suoi film, della musica registrata da Rota, che il loro duo artistico si sarebbe poi trasformato in una collaborazione centrale nella storia del cinema: "Dopo aver messo così tanti sentimenti nel mio film, tanta emozione, tanta energia, egli [Rota] si volta verso di me e mi chiede (circa l'attore principale del film): "Chi è questo tizio '" E' l'attore principale, "ho risposto e lui diceva, in un tono di rimprovero:." E cosa sa fare? Non mi hai mai dato spiegazioni. "La nostra amicizia era davvero basata sui suoni." *
Molti critici e studiosi hanno parlato dell'armonia artistica tra Fellini e Rota, ma questo loro unico rapporto, quasi definibile come un'armonia di colori era in realtà basato su di un enorme conflitto artistico: Fellini e Rota appartenevano a due famiglie diverse, il mondo delle immagini e quello della musica. L'amicizia può spiegare quest'armonia?
I mondi degli strumentisti
Si sentono a volte aneddoti sulle differenze più o meno importanti tra alcuni dei cineasti e dei loro compositori cinematografici, ma a volte ci sono anche alcuni “problemi” interni -ed è un eufemismo- tra i musicisti delle orchestre, come ben mostra Fellini in “Prova d'orchestra”. "Prima di scrivere la sceneggiatura," Fellini aveva osservato che "Avendo intervistato un sacco di musicisti, un buon centinaio, forse, come alcuni dei più grandi solisti italiani, sono riuscito a calarmi bene nella loro pazzesca identificazione con il loro strumento." Qui ci sono alcuni estratti dei pensieri di alcuni musicisti.
IL FLAUTO. Nel film, la flautista vede il flauto come lo strumento il più vicino alla voce umana. "Ironia della sorte," dice, "il coro considera sè stesso come uno degli elementi più importanti. Secondo una musicista donna come me invece, il flauto può addomesticare le bestie più selvagge, ricordo sempre a tutti che Apollo svegliò i morti con un flauto. E' lo strumento degli incantesimi, uno strumento solare e lunare insieme." dichiara.
Il trombone. "Uno strumento insostituibile per l'abusato accompagnamento dei pagliacci quando cadono a terra" indica il suonatore di trombone. "Ma è anche lo strumento degli angeli. Nei dipinti del Rinascimento, quando c'erano degli angeli spesso erano a suonare il trombone, forse donatogli da Dio stesso".
La sezione di percussioni. Un percussionista si lamenta degli altri musicisti perché si prendono troppo tempo a scaldare i loro strumenti. Il timpanista accusa il piano di essere un "malato di protagonismo". "In Italia", dice un altro musicista, "Si da troppa attenzione ai cantanti e non abbastanza per il ritmo. Il popolo napoletano, però, ha un buon senso del ritmo, loro sì sono i migliori percussionisti! Chi ha inventato la tarantella? Un napoletano! "
Il primo violino. "E' il cervello, il cuore della orchestra." Sostiene il musicista. "E il clarinetto è l'uccello!" grida un altro musicista. "No, il violino è lo strumento più virile dell'orchestra Perché è penetrante, fallico! Non è femminile, ma malato d'amore, vibrante e sempre attuale, è ancora lo strumento preferito al conservatorio. E' il divo dell'orchestra, la stella! "
Fellini e Rota al posto di lavoro
Dopo tutti questi "mini-ritratti" nel film di Fellini arriva il Direttore. I musicisti si siedono e iniziano a suonare. Quattro pezzi hanno la superba mano di Nino Rota e furono composti appositamente per il film.
"Lavorare con lui [Rota] è stata una vera gioia Si poteva sentire così bene la sua capacità di creare quella musica che avrebbe poi comunicato a tutti una sorta di euforia che era così potente, o una sensazione che mi dava l'impressione di scrivere la musica per conto mio. " *
Fellini, naturalmente, non ha mai scritto musica, ma ne ha spesso abusato nei suoi film, “sparando” con essa, come se la musica fosse per lui una spiegazione non verbale per i suoi attori e attrici. "Quando ho da girare un film," ammise Fellini: «Io sono abituato a portarmi sul set alcuni dischi. La musica può condizionare una scena, portare ad essa un certo ritmo, suggerire una soluzione, o l'atteggiamento di un personaggio." Fellini ha ad esempio spesso abusato della canzone "Titina" da “Tempi Moderni”(Modern Times) (1936) di Chaplin. "Queste musiche sono legate a delle emozioni precise, ai temi dei miei segreti." *
Ma come ha fatto Rota a scrivere le sue partiture originali per i film di Fellini? In effetti, Rota era aduso improvvisare alcuni "brani" sulla fisarmonica per le prime impressioni di Fellini. A volte, dopo un paio d'ore, il regista si metteva improvvisamente a gridare: "Sì è questa, è questa la musica!" Fellini spiegò: ". Fu così che i nuovi motivi del film hanno preso vita e sono rimasto subito affascinato dimenticandomi di quelle vecchie canzoni che avevo usato sulle riprese e che mi avevano consigliato. " In altre parole, Rota era ogni volta di gran lunga meglio di qualsiasi" traccia precedentemente esistente"!
"Egli [Rota] era qualcuno che aveva una qualità rara che appartiene al mondo dell'intuizione. Proprio come i bambini, e semplicemente, le persone sensibili, persone innocenti, egli [Rota] direi improvvisamente faceva delle cose folgoranti" ha affermato Fellini. "Appena arrivato, lo stress era scomparso, e andava tutto verso un clima festoso, il film entrò in una gioiosa serenità, un periodo fantastico, una nuova vita."
Una definizione di musica: ricerca del mondo perduto
In una scena di “Prova d'orchestra” è possibile vedere il Direttore (interpretato da Baldwin Baas) portare "vita" e "respiro" alla musica. Dopo diverse riprese, i musicisti alla fine riescono a eseguire il pezzo con intensità. La musica è formata con tale passione che si ha l'impressione ovunque nello studio come di una presenza febbrile. Alcuni musicisti nemmeno si alzano per togliersi i maglioni visto il ritmo che diventa sempre più veloce, mentre gli altri mantengono sempre più energica e selvaggia, l'esecuzione della musica di Rota. In realtà, si potrebbe quasi dire che i musicisti si tolgono i loro vestiti e si trasformano in elfi, la loro pelle si “desquama” e la loro voce cambia, trasformandosiper tornare alla vita.
Il famoso storico della musica Quignard dei miei non dimenticati studi musicali, ricordava di notare che ci sono anche ragioni storiche e sociologiche che avevano impedito per lungo tempo alle donne di comporre musica, egli può però essersi dimenticato che anche la ricerca della metamorfosi non è solo peculiare della composizione musicale, ma anche peculiare nelle esecuzioni stesse della musica. Questa è una delle lezioni di “Prova d'orchestra”, in cui è possibile vedere i musicisti (uomini e donne) con il loro comportamento che cambia e loro corpi stessi che si muovono attraverso la musica. Essi sono riportati come in uno stato di trance; Durante l'esecuzione della musica di Rota, quasi ballano. Inoltre, "orchestra" originariamente significava "il luogo in cui andare a ballare." Il film di Fellini potrebbe quindi essere anche il film più bello e avvincente mai realizzato sulle motivazioni segrete e recondite della musica.
"L'orchestra è il terrore, il Direttore è la morte"
Il Direttore in “Prova d'orchestra” è per primo mostrato come una madre che permette la musica carrivi a donare come una nuova esistenza ai musicisti, con la quale tornare alla vita. Ed è mostrato da Fellini anche come un padre autoritario.In questo film il Direttore è in realtà un gravoso e autoritario tedesco (considerando anche che i musicisti dell'orchestra sono tutti italiani). Quando il film venne fatto uscire alla fine del 1978, molti recensori videro in questo come una simbologia sulla rinascita e una recrudescenza del nazismo e quindi del fascismo in Italia, ma lo stesso Presidente della Repubblica Pertini ebbe a dichiarare ufficialmente "[Fellini nel suo film] affronta non solo l'Italia del terribile 1978 ma anche il mondo intero". **
“Prova d'orchestra” è certamente una potente metafora di quel periodo storico in Italia, forse la più convincente e originale mai realizzata, ma anche e soprattutto un'esplorazione del mondo interiore dei musicisti, la quale a poco a poco, diventa nella sua attualità del 1978 una realtà sociale, e universale. "I musicisti sono lavoratori come gli altri”, rivendicano I sindacalisti al Direttore d'orchestra. Fellini ci mostra poi l'insoddisfazione del Direttore al riguardo che controbatte: " Se Wagner avesse dovuto obbedire agli scioperi e alle richieste dei dirigenti sindacali, non sarebbe mai riuscito a scrivere le sue opere e sinfonie". Uno dei musicisti allora gli risponde che "Non è, in ogni caso, allora colpa dei leader sindacali se Wagner scrisse musica pomposa!"
La guerra annunciata nei titoli di testa alla fine irrompe prepontemente fuori. Dopo una pausa forzata, il conduttore torna all'Auditorium musicale e si trova di fronte ad un autentica e spettacolare rivolta. I musicisti hanno dipinto graffiti osceni sui muri, alcuni musicisti stanno suonando musica orribile e rumorosa e altri gridano con veemenza: "L'orchestra è il terrore e il Direttore è la morte!" A volte, la furia dei musicisti sembra provocare piccole scosse di terremoto nell'Auditorium stesso.
L'elettricità è stata tagliata, oramai l'intero studio è illuminato da diverse candele, come in una caverna preistorica. Fellini filma le ombre dei musicisti sui muri e sui fogli degli spartiti. Si tratta ora di un esercito di ombre. Nel caos rumoroso e buio, è possibile vedere un peloso musicista denudatosi, una coppia che chiava sotto un pianoforte, un gruppo che ascolta una partita di calcio alla radio, e una donna che dice rivolta alla cinepresa: "Un bambino, una volta mi ha chiesto da dove viene la musica e dove va, quando essa finisce?"
Ascoltare l'inconscio
Alcuni orchestrali ribelli sostituiscono il leggio del Direttore d'orchestra con un metronomo gigante simile ad una bara, che viene però distrutto rapidamente da altri musicisti, i quali rifiutano qualsiasi forma di leadership. Ma improvvisamente, una dei muri si crepa, e la polvere e dei piccoli sassolini incominciano a cadere sui musicisti. Poi, viene da fuori o dal nulla, una enorme sfera d'acciaio incatenata ad un fusto, come quelle delle demolizioni, che finisce di distruggere il muro di fronte ai musicisti. La furia viene subito sostituita dal suono del vento. L'improvvisa intrusione di questa gigantesca e misteriosa sfera ha l'impatto di una bomba nucleare. Nel subconscio questa immagine ci ricorda il grande pesce sulla spiaggia al termine de “La Dolce Vita” (1960), ed è un presagio dell'enorme rinoceronte di “E la nave va” (1983).
Quando “Prova d'orchestra” uscì, Fellini disse qualcosa che oggi nel 2012 sembra molto suggestivo: "Tutti gli eventi orribili che stiamo vivendo non solo politici, ma anche dettati dalla confusione, dai disastri e dalle più profonde fratture della società, non so cosa si può fare per cambiarli. Ma quello che voglio mostrare è sempre diretto a livello individuale. Poi, invece di scambiare pezzi di informazione politica, cerchiamo di condividere le informazioni o il nostro inconscio. il film [“Prova d'orchestra”] parla delle conseguenze di tale "super-coscienza", che è solamente politica , invece di prendere cura del nostro inconscio. "**
"La musica ci salva, cerchiamo di apprenderne le note"
L'arpista ha una gambaspappolata dal crollo e viene evacuato, altri rimangono sepolti sotto i massi del muro. Il Direttore allora si alza e dice a tutti i presenti nell'Auditorium: " La musica ci salva, cerchiamo di apprenderne le note" Senza una parola, uno dei musicisti ribelli incomincia a eseguire la musica seguendo il Direttore d'orchestra, e tutti gli altri musicisti prendono il loro strumento in silenzio. Ognuno inizia l'esecuzione della musica di Nino Rota in omaggio ai morti (“Fatale presagio”). La splendida partitura di Rota dal sottile profumo tzigano, si sovrappone ironicamente alle grida d'incitamento agli orchestrali in un tedesco urlato che richiama sempre più quello di Hitler nei suoi comizi, del Direttore d'orchestra.
La musica di Rota (spesso in asse con il lavoro di Fellini) ricorda anche che qui la musica scritta per il circo e i film muti, come un ritorno alle origini del cinema, mettendo in discussione le sue radici e la sua funzione stessa al giorno d'oggi. La musica di Rota è l'innocenza e l'infanzia, nei film di Fellini. Ma per questo ultimo pezzo, Rota soprattutto abusa di un tema piuttosto tragico e grave pure nell'orchestrazione. Dietro la musica come accompagnamento dell'amato clown felliniano, un buio profondo, un grido nemmeno tanto segreto, un addio in questo caso quanto mai fatale, la dimostrazione ultima del genio musicale di Rota.
Nonostante il crollo e la polvere in sala, i musicisti suonano con forza, tutti in piedi al centro dello studio sconvolto dal caos. Alcuni durante la riproduzione della musica di Rota piangono. Fellini: "Rimanevo solo stupito di constatare che dopo essersi formato, questo gruppo eterogeneo alla fine formava un tutto unico e astratto, che eseguiva la sua musica, era un'organizzazione fatta di caos, la quale subito, mi sommerse.». **
La musica di Rota è sublime e pochissimi registi hanno filmato e saputo restituire allo spetattore tale performance musicale con tanta emozione e rispetto. Il Direttore, fachiro della situazione, muove le mani come onde infinite, è ancora una volta il sacerdote di fronte ai suoi credenti. Fellini non ha mai ripreso una volta il cielo esterno in tutto il film, ma la volta celeste qui è in realtà nient'altro che la musica stessa, come la luce, l'aria, e forse la vera realtà.
Questa è la fine
Fellini però non scelse per la fine quello che ebbe a definire "Un facile sentimentalismo". Il Direttore riacquista la sua voce autoritaria e dice all'orchestra, in un tono in crescendo: "È necessario inserire meno coloriture nella musica, il rumore non è musica, non è un tram!" E comincia a urlare contro di loro (in dissolvenza sullo schermo, noi continuiamo a sentire urlare nel buio questa nazista): "Non pensate di essere su un campo di calcio! Io allora sono un arbitro, e dove sono i vostri polmoni, il respiro della vostra musica??" Le ultime parole del direttore: "Da Capo" .
La fine del mondo non può esistere: esso come un triste leitmotiv non si ferma. Ciò che è accaduto negli Stati nel settembre 2001, o cosa è successo in Giappone l'anno scorso e in Siria attualmente ne è più di una prova comprovata. Il Fellini di “Prova d'orchestra”, nel 1978, racconta una parte della storia del nostro mondo, ma impedendosi di essere alla fine troppo esplicito. Sono i “leader”, i capi tutti, necessariamente mostruosi? Sono le persone che non hanno il “comando”, sempre innocenti? Ma chi è nato allora, se c'è, per obbedire? Chi deve coltivare la libertà: la/e leadership o l'individuo? Entrambi? Come possiamo fare per rimanere dentro l'orchestrazione della vita? È la morte dei nostri parenti l'unico modo per farci comprendere la grandezza della vita, la bellezza della tolleranza e la necessità di ascoltare/si?
"Mi rifiuto il lieto fine," ha sempre affermato Fellini, "Perché impedisce al pubblico di avere alcuna responsabilità. Al contrario, io preferisco che il mio film termini con un punto interrogativo, allora sta allo spettatore di trovare il termine giusto per la mia storia. In tutti i miei film, ho perlomeno cercato di rimanere fedele alla mia idea di lasciare nella conclusione dei punti di sospensione. Inoltre, non ho mai scritto la parola “Fine" sullo schermo. " Fellini non porta mai una "soluzione finale", ci lascia con la nostra immaginazione, lasciandocela da e per, interpretare.
Trama
Il film inizia con il vecchio copista che racconta la storia delle tre tombe dei papi e dei sette vescovi che si trova all'interno di un oratorio duecentesco, trasformato in auditorium nel 1700. La stanza vuota, riempita solo dalla voce del copista, inizia a popolarsi di leggii, spartiti, quadri che raffigurano musicisti del passato fra i quali Wolfgang Amadeus Mozart. “Oggi il pubblico non è più così”, afferma il vecchio copista (dopo aver annunciato il ritiro per sopraggiunti limiti d'età) mentre sistema i fogli per l'arrivo dell'orchestra. Ed ecco che sbuca la televisione, ancora parzialmente discreta, nel riprendere documentaristicamente la seduta di prove. Il regista (la voce è dello stesso Fellini) inizia ad interrogare tutti gli elementi dell'orchestra ad uno ad uno. I musicisti scherzano, ridono, si fanno beffe a vicenda, ascoltano la partita di calcio in radio nell'attesa di iniziare a suonare. Raccontano della assoluta necessità dei propri strumenti all'interno dell'orchestra, come a convincersi che ciascuno di loro sia lì per fare la differenza. Qualcuno, invece, si rifiuta di rispondere alle domande della troupe televisiva, forse troppo invadente, forse poco generosa nel retribuire gli sforzi altrui. Infatti, una piccola sommossa sembra fare capolino quando si scopre che l'intervista è totalmente gratuita, e la presenza dei sindacati in sala non fa che accrescere il nervosismo fra gli astanti. I racconti continuano a susseguirsi uno alla volta, i personaggi felliniani sono come al solito delineati alla perfezione. L'anziano clarinettista racconta delle sue performance davanti ad Arturo Toscanini, mentre gli altri lo canzonano colpendo la sua vanità. I trombettisti dialogano tra loro, una violinista si nasconde mentre beve un goccetto di Whisky rimproverata dai suoi compagni. Ma ecco che arriva il Direttore d'orchestra: biondo, con un forte accento tedesco, inizia a bacchettare i musicisti invitandoli subito all'ordine. Le prime prove non vanno, le note stonate che provengono dalla sala fanno notare il poco affiatamento presente, mentre il terribile Direttore comincia a spazientirsi e a rimpiangere l'ordine del passato. Dopo una lunga pausa (in cui il Direttore viene intervistato nel suo camerino privato dalla televisione), l'atmosfera che si respira in sala, colta da un improvviso black-out, non è più recuperabile. La rivoluzione è ormai compiuta al ritmo di slogan populisti e sessantottini: “La musica al potere, no al potere della musica!”. Il Direttore è ormai sconfitto, deriso, messo alla gogna dai suoi musicisti. I muri sono pieni di scritte, l'anarchia è totale. Qualcuno spara (come da regolare porto d'armi), qualcun altro fa finta di niente e continua ad ascoltare la radio (come lo Zio in “Amarcord” che continua a mangiare nonostante la confusione). Ma quando la situazione è ormai degenerata e i musicisti si ritrovano oramai gli uni contro gli altri, ecco che con fare paternalistico torna in scena il Direttore d'orchestra, pronto a ristabilire la pace nella sala e ricominciare a suonare. Tutto sembra andare per il meglio, l'armonia e la musica tornano a percorrere il proprio corso. Ma la scena finale, carica d'inquietudine e di presagi vecchi e nuovi, ci lascia con una devastante invettiva dello stesso maestro. Deluso ancora una volta dai “suoi” protetti, tra la polvere e i cumuli di macerie, inizia a blaterare: prima in italiano poi in tedesco, con foga sempre maggiore. La musica può salvare la vita, ma non il destino dell'umanità.
La critica
Giorgio Strehler sul Corriere della Sera del 14 marzo 1979: «amaro, direi disperato e inquietante apologo, questo di Fellini. Certo, proiettato sul piccolo schermo, nella placenta evasiva delle camere buie di tanti telespettatori, non solamente italiani, non potrà non lasciare sgomento chi si pone qualche domanda sul mondo in cui viviamo, sulla qualità di questa Prova d'orchestra che è nostra, che è di tutti i giorni...»
“In soli settanta minuti, Federico Fellini riassume quello che ad un occhio superficiale e poco allenato può sembrare un'anomalia rispetto alla sua solita produzione. Un Fellini che si lascia alle spalle il suo mondo per scendere fra gli umani e raccontarne le gesta. Basta leggere le cronache di questi giorni per capire: “Il Fellini sognatore, visionario, narcisista inguaribile, instancabile raccontatore di sé, avverso a ogni forma di impegno, è uscito dal proprio "ego" per dare uno sguardo fuori, alla realtà che ci circonda, mettendoci sotto gli occhi una immagine inquietante dell'Italia odierna” (Costanzo Costantini "Il Messaggero" 12 novembre 1978).
“Ma le cose non stanno propriamente in questi termini.Il messaggio del regista sembra più che mai lontano da quello che superficialmente appare: la critica della società, il brancolare nel buio senza dare allo spettatore la speranza di una via d'uscita, sono solo alcuni tratti di matita che vanno a raffigurare un disegno ben più ampio. Non mancano coloro che stanno definendo il film portavoce di intenti nazionalsocialisti di un regista che finalmente mostra la sua anima autoritaria. Ma “Prova d'orchestra” non può ridursi ad un'analisi così spicciola e superficiale. I diversi livelli di lettura presentati nel testo, mescolano perfettamente l'alchimia felliniana fra sogno, memoria e realtà, in un mondo che rimpiange il mondo. I musicisti del film sono pieni di ricordi, di sogni, qualcuno fa addirittura i tarocchi su un pianoforte. Ma Fellini non smette neanche per un attimo di sottolineare la presenza del “falso”, dell'inautentico, dell'obiettivo della telecamera che riprende in toto i loro comportamenti, e prestando la sua voce a quella dell'intervistatore. Qualcuno si azzarda a dire “ma quante fregnacce che diciamo”, il direttore d'orchestra si confida invece nel suo camerino snobbando definitivamente il pubblico massificato: “ma lei crede davvero che pubblico capisce la musica?”. È qui che bisogna insistere, che bisogna calcare la mano per leggere le metafore e i simbolismi messi in scena dal regista/direttore d'orchestra. La musica è inizialmente vista come pulsione erotica, sessuale. La suonatrice di piano si lancia in un metaforico monologo che richiama alla poligamia: per poter conoscere, imparare, bisogna suonare su tutti i pianoforti. Non esiste un piano, esiste il piano, ci dice e tutti i pianoforti del mondo sono il piano. E mentre suonano, il direttore sembra nel bel mezzo di un amplesso, invitando i musicisti stessi a spogliarsi e a faticare. Solo più tardi dirà che non c'è più passione, non c'è più musica. Manca il silenzio, la quiete. Lo stesso direttore ricorda i suoi inizi, il silenzio e la capacità della bacchetta di generare il caos. Quella bacchetta che è per Fellini il simbolo della creazione, della sfera del magico, l'esuberanza dell'artista, i suoi capricci nell'atto artistico. “Oggi tutti sono uguali, non c'è più differenza”, alludendo all'appiattimento artistico e culturale portato in auge dal medium televisivo.
In questo caso, la passione viene scambiata per autoritarismo, la superficialità con la quale si taccia il regista per aver affrontato temi così delicati, non sono altro che la risultante di un complessissimo ordine di idee: “il «politico» di Fellini non è quello di Francesco Rosi o di Elio Petri , è un «politico» legato sempre a un mondo di favola, magico, fantastico, che nasce da lontane evocazioni e da ricordi dell'infanzia. Ed ecco che ancora una volta scivola nelle immagini la paura di aver toccato e perso il sogno, nel tentativo di concedere legittimità e forza ad un'arte sempre più collusa con la televisione con la colpa, da parte di quest'ultima, di restituirla alle masse priva del suo fascino. E l'ordine felliniano, da non confondere con quello autoritario di vecchia memoria, è solo un modo per riaffermare la propria autorialità all'interno di un mondo che ha mescolato a tal punto i meccanismi del desiderio da renderli inutilizzabili.” (Enzo Natta "Filmcronache", Elle Di Ci, 1979).
Doppiatori italiani
Oreste Lionello: Baldwin Bass
Premi
Sindacato Italiano Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Anno 1979 Ha Vinto il Nastro d'Argento per la Migliore Colonna sonora (Migliore Musica) a Nino Rota (alla memoria).
Presentato fuori concorso al 32° Festival di Cannes
Napoleone Wilson
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