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Prove di scrittura – atto II

Creato il 05 marzo 2014 da Rory

bn

Immagine molto ambient col mio amico Stefano

Miei cari,

siccome è passato più di un mese dalla pubblicazione del primo capitolo delle Prove di Scrittura, ecco a voi il secondo! As ever, datemi le vostre opinioni-pareri-consigli e scusatemi se vi ammorba!

I ragazzi a Napoli ciondolano sempre a Piazza Bellini. Quelli alternativi, almeno. A “Bellini”, come si dice in gergo, c’è un po’ di tutto. Rocker dell’ultima ora, rocker della prima ora, alternativi, punkabbestia, sfrante, ubriachi e studenti universitari, che ovviamente potevano appartenere anche a ognuna di queste categorie. Angie viveva da sempre nelle vicinanze della piazza, da quando suo padre aveva preso per lei e sua sorella una casa in zona moltissimi anni prima, affinché potessero stare in centro e raggiungere senza problemi l’università. Lei aveva studiato Storia dell’Arte alla facoltà di Lettere e Filosofia che si trovava in via Porta di Massa, non troppo lontano, dove avevano studiato personaggi ben più eminenti di lei, come Benedetto Croce e San Tommaso d’Aquino. Siccome ad Angie credeva nel destino, le piaceva pensare d’avere qualcosa in comune con Croce e con San Tommaso perché, diceva, “se passeggiando abbiamo visto lo stesso cielo, avremo in qualche modo una connessione”. Una volta aveva anche costretto il suo amico Ciccio ad andare a San Domenico Maggiore per vedere il crocifisso con cui San Tommaso aveva parlato, sperando in un’infusione di Spirito Santo, salvo tornare a casa con le pive nel sacco. Forse non era il suo momento per essere folgorata sulla via di Damasco.

Angie era andata personalmente a prendere Pietro a casa sua e con lui aveva raggiunto Camilla e Daniele, che erano a Piazza Bellini con un gruppo di altri amici, poiché il concerto di The Niro sarebbe stato in un locale nelle vicinanze. Lei si guardava nervosamente attorno, tormentandosi con le dita una ciocca di capelli biondi. “Che succede?” domandò Pietro a mezza voce, guardandola, un po’ preoccupato. “Ma no, nulla” mormorò lei, sorseggiando un po’ della sua birra bionda. Era praticamente la sesta della serata ma non sembrava accusare la cosa “E’ che la prima volta che è venuto a Napoli, l’ho portato proprio qui”. Pietro scosse il capo, poggiandole una mano sull’avambraccio, in un gesto un po’ paterno “E’ solo un farabutto. Per quanto sia complicato, dovresti non pensarci più”. “State parlando di quel rincoglionito?” chiese Camilla, entrando a gamba tesa nella discussione, sebbene prima sembrasse distratta. “Già” replicò il ragazzo, facendo spallucce. “Maledetto il cazzo di giorno in cui vi siete incontrati” sbottò Camilla, vuotando la sua bottiglia di Tennent’s “Questa persona ti ha solo infelicitato, sorellina, davvero”. “A me e a voi” mormorò Angie, abbassando lo sguardo. Era molto cambiata in quel periodo, lo ravvisavano tutti. Era di un magro spettrale, aveva il volto lungo e cupo, l’espressione sofferente. Rimaneva comunque molto bella, coi suoi grandi occhi scuri e le belle labbra carnose ma qualcosa dentro di lei s’era come spento ed era questo, forse, che preoccupava maggiormente i suoi amici, il vederla così ridotta. “Io credo nel karma” sentenziò poi Camilla, guardando verso Pietro “Succederà sicuramente qualcosa”. Il ragazzo annuì, guardandola “chi genera infelicità non sarà mai felice davvero, stanne sicura” poi si rivolse nuovamente ad Angie, che languiva lì vicino. “Che dite andiamo? Così non ci perdiamo l’inizio” propose giusto per rompere il ghiaccio. Fortunatamente tutti acconsentirono, così si spostarono in gruppo verso la venue dove era stato organizzato il concerto di The Niro. Lungo la breve strada che li conduceva al locale, Pietro prese sotto braccio l’amica “Me lo fai un sorriso? Dai” la esortò “Non sei felice di vedere Davide? Vi siete sentiti?”. “Beh, lui sa che sono molto giù, mi è molto vicino in questo periodo” replicò lei teneramente, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso “Cerco di non rompergli troppo perché anche lui non è in un periodo facile. Comunque si..” terminò al volo di bere la sua birra, per gettare il bicchiere “Sono molto contenta di vederlo. Ma soprattutto, mi fa piacere che tu sia qui con me”. “Lo sai che è un piacere” ribatté subito lui, convinto “Vorrei solo vederti sorridere. E lo sai che lo dico per te, perché non è giusto che tu stia così. Sei una persona importante e non solo per me”. Lei gli sorrise ancora, in maniera sempre un po’ blanda, come se non riuscisse a fare di meglio “sei un tesoro” mormorò “ti voglio bene”. Nel frattempo avevano raggiunto l’ingresso del locale, dinnanzi al quale c’era già una discreta folla, tant’è che non riuscirono ad entrare prima di qualche minuto.

La sala era illuminata di una luce rossastra, un po’ soffusa. C’era già parecchia gente ad affollare il locale, tra chi si accalcava al bancone e chi si era già sistemata nella zona del palco, che era costeggiata da una serie di divanetti in ecopelle color cioccolato, piuttosto rovinati, come underground comanda. Il posto si chiamava “George Best” ed era uno dei preferiti di Angie e compagnia, dove tra l’altro lei aveva conosciuto diversi anni prima l’altro grande amore della sua vita, che curiosamente aveva anche lui un nome che iniziava per F, ovvero Fabio. Era il chitarrista di una band di un discreto successo, cosa che in altri tempi aveva discretamente inorgoglito Angie, che s’era sentita quasi una specie di groupie di livello, eppure adesso quel pensiero le sembrava assolutamente lontano. Persino il “Best” all’epoca aveva un altro nome, il che per lei era un qualcosa di simbolico. Aveva amato molto Fabio ma poi era tutto finito per una serie di incomprensioni di quelle che a vent’anni sono assolutamente comuni ma quando ci pensi col famoso senno di poi, capisci che non sono nulla di insormontabile. Così lui era tornato a fare la sua vita da pseudo rockstar e lei a scrivere recensioni sul disco del suo gruppo, che purtroppo non erano mai oggettive al cento per cento perché risentivano sempre di sentimenti passati mai celati davvero.

Il palco era scarsamente illuminato e un paio di tecnici sistemavano la strumentazione. “Vogliamo salutare Davide prima oppure bere una cosa?” domandò Daniele, guardando il gruppetto d’amici. “Meglio che salutiamo prima lui” rispose subito Pietro “così evitiamo di bere altro…” aggiunse rapidamente, volendosi riferire chiaramente ad Angie, che per tutta la serata non ci era andata molto leggera. I ragazzi al Best erano praticamente di casa, per cui non ebbero alcuna difficoltà ad accedere al piccolo backstage che si nascondeva alle spalle del palco e dove The Niro si preparava prima dell’esibizione. “Piccola!” esclamò il cantautore non appena la vide entrare. Le corse incontro e la abbracciò con fare quasi fraterno, stringendola a sé. “Sei dimagrita” disse subito, cingendole un fianco ossuto col braccio. Salutò poi tutto il resto della combriccola, prima di tornare sulla ragazza. “Non ci vuole proprio un genio a capire che non stai bene” le disse “ma non ne vale la pena, lo sai. Non per quello stronzo che onestamente, ha rotto l’anima a me, figuriamoci a te” Davide non le mandava mai a dire, nonostante fosse una persona sempre estremamente corretta ed anche molto alla mano. Voleva molto bene ad Angie; si erano conosciuti qualche anno prima, quando lei l’aveva intervistato per una rivista musicale con cui collaborava. C’era stato subito un certo feeling e di conseguenza, tra loro era nata una bella amicizia. Per lui era una specie di sorella minore e lei ci si confidava sempre più che volentieri, perché lui sapeva ascoltarla con pazienza e suonarle anche qualche bel pezzo se si sentiva davvero giù. “Comunque ne parliamo poi. Adesso goditi il concerto” disse baciandole la fronte. Dopo un veloce saluto, i ragazzi uscirono dal backstage per tornare nella sala principale e prendere qualcosa da bere prima che iniziasse finalmente il live.

Neanche a farlo apposta, il concerto era iniziato con “About love and indifference”, a proposito dell’amore e dell’indifferenza, pezzo risalente più o meno al 2008, ai tempi in cui Davide era un esordiente. Sembrava passato un secolo anche da allora, a volte è strano come in pochi anni possa cambiare davvero tutto. Angie e Camilla avevano insistito per piazzarsi praticamente sotto al palco, per meglio godere della performance, mentre gli altri avevano preferito un posto più in disparte, meno da fangirl. Avevano giusto avuto il tempo per recuperare un paio di drinks, munificamente offerti dal Simonetti, uno dei gestori del Best, nonché loro buon amico. In effetti, quel concerto era stato organizzato proprio per volere delle due, che una serata si erano letteralmente messe nelle orecchie del Simonetti affinché organizzasse in città il live del loro amato The Niro e lui aveva acconsentito bonariamente, dopo parecchie preghiere ma soprattutto parecchi gin tonic. Questo drink era tra l’altro uno dei preferiti di Angie, un po’ perché era citato in “Supersonic” degli Oasis, un po’ perché da diversi anni riusciva a bere esclusivamente superalcolici molto secchi, neanche fosse una novella Hernest Hemingway. “Hai visto quanta gente?” le disse Camilla, dandole di gomito “Simonetti ci dovrebbe ringraziare, altroché. Ci sono anche un sacco di groupies…” aggiunse, occhieggiando verso un gruppetto di ragazze loro coetanee che si era assiepato come loro sotto al palco e guardava adorante il cantautore. “E ci credo” le fece eco Angie, alzando la voce affinché l’amica potesse sentirla “voglio dire, ha le groupie Simone Pipers, figuriamoci Davide che è un figo”. Simone Pipers era un altro loro buon amico, leader di una rock band molto british chiamata Pipers, che loro si divertivano a prendere bonariamente in giro quando lo incontravano ma anche sui social network, sebbene lui la prendesse sempre più che sportivamente.

“She’s so far/ I won’t leave my home

When your hands run to someone else…

I want to rest.

She’s so glad, and I will live my fate

My fate is here…

Awake!

She’ll be back, I will live my fate”

Angie abbassò lo sguardo, fattosi improvvisamente cupo. Ascoltava spesso quella canzone adesso che era triste, le sembrava parlasse proprio di lei. Il problema era che non aveva ancora capito come poteva fare a vivere il suo destino. Camilla capì subito il suo malessere; oramai le era sempre così vicina che quasi era in grado di captare i suoi pensieri. Spesso dicevano infatti di essere come sorelle ed era quasi vero; avevano anche una foto in cui si baciavano che era impressionante poiché sembrava una sola immagine riflessa in uno specchio. Erano come collegate da qualcosa di indefinito e indissolubile, semplicemente due persone che si erano trovate nel cosmo.“Ti prego, sister non ti abbattere” le disse in tono deciso, quasi severo“pensa che siamo a un concerto cazzutissimo, siamo insieme e quell’idiota invece starà da qualche parte con quella sfigata che farebbe cadere il cazzo pure a Rocco Siffredi”. Angie sorrise, anche se poco convinta. Si infilò la cannuccia del cocktail tra le labbra e ne sorseggiò un po’. In effetti una delle cose che più le dava fastidio era l’essere stata rimpiazzata rapidamente con una persona molto meno esteticamente bella di lei. Angie era sempre stata estremamente consapevole della sua avvenenza; certo aveva un viso particolare ed un corpo un po’ androgino, una bellezza moderna ma che non passava inosservata; era stata prima la “bella della mamma da bambina”, da adolescente tra le più carine del liceo e poi tra le più ambite all’Università. Nel passato aveva spesso utilizzato una certa superficialità come arma per sfuggire alla vita vera e alle responsabilità, perfettamente conscia che passare per la bella biondina svampita era sicuramente più comodo e senz’altro più facile. Come molti ultimi figli, era per certi versi viziata ed abituata sempre a scegliere e ad ottenere ciò che desiderava, non era abituata a stare da parte e questa cosa, un po’ meschinamente, la faceva star male. Per molti anni aveva puntato parecchio sulla sua avvenenza, forse trascurando anche un po’ tutto il resto e adesso le sembrava che tutto questo le si stesse ritorcendo contro. “No ma hai ragione. Sono da ricovero” mormorò a mezza voce “Dai, dopo recuperiamo i ragazzi e ci facciamo un giro di cicchetti, che dici?” in quei momenti, la volontà di darsi all’alcol era sempre molta, seppure sapesse bene che non era quella la soluzione, anche se per una serata, una sola, poteva anche andare bene. Alla terza canzone decisero di cercare i ragazzi che stavano più indietro per prendere l’agognato cicchetto. “E’ davvero bravo lui” commentò Pietro, visibilmente entusiasta della performance di The Niro “non me lo aspettavo, sai?”. Daniele gli fece eco, mentre si spostavano verso il bar, dove c’era la consueta calca di gente. “Eh lo sapete che noi sentiamo soltanto musica di qualità” commentò con fare critico Camilla. Angie non s’era ripresa granché e si limitò a fare lo scontrino per le loro ordinazioni, pensando probabilmente a non si sa bene che cosa, sicuramente ricollegato alla sfiga da cui si sentiva perseguitata in quel periodo. “Ma dopo perché non lo invitiamo per una spaghettata?” propose Camilla, cercando con lo sguardo l’amica. “Mh. Si perché no” replicò lei un po’ sovrappensiero “sicuramente Vanessa ci ha lasciato un sugo o qualcosa che si prepara velocemente..” Pietro sgranò gli occhi scuri, contrariato “Vanessa, tua sorella? Ma ti ho detto centinaia di volte che dovresti imparare tu a cucinare, Angie, dai! Gli uomini vanno presi anche per la gola..” le ammiccò, divertito, recuperando poi dal bancone il suo cicchetto di whiskey. “E capirai…” ribattè Daniele ironicamente, guardando verso l’amica “tanto lei li prende per la giugulare e siamo lì… diciamo che ha risolto”.



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