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Il suo This Must Be the Place è una riflessione sull’immaginario contemporaneo legato ad alcune icone della modernità, dalla rockstar dark, interpretata da un Sean Penn truccatissimo, irriconoscibile e scioccante quando poi appare nella sua “naturalità”, al paesaggio americano dei grandi spazi aperti. Come in tutti i film di Sorrentino, lavora sulla distanza tra la realtà e il mondo interiore di un personaggio unico e irripetibile; la stessa distanza che intercorre tra lo spettatore e le immagini di un film, di un’opera d’arte, di una trasmissione televisiva che offre al pubblico la saggezza di un ospite: la distanza del potere mediatico.
Il problema, però, è che Sorrentino non può più permettersi di misurare quella distanza: ora è lui il personaggio unico e irripetibile, l’intellettuale vip per eccellenza, esposto come un trofeo da chiunque ne voglia sfruttare la popolarità. Che poi, lui, Sorrentino, insieme all’infinita schiera di icone pop da consumo collettivo, giri, scriva o dica cose interessanti, questo conta relativamente: l’importante è esaltare la sua capacità di elevarsi oltre la media, sparando sulle copertine il volto di Sean Penn e raccontando la storia miracolosa della realizzazione del film, con l’incontro tra l’ingenuo regista e la star, con la dichiarazione d’ammirazione dell’attore, il conseguente invio della sceneggiatura e l’inattesa risposta da Hollywood… Letteratura da provincia dell’impero, insomma, con il napoletano piccolo piccolo che diventa la guida dell’americano grande grande: ma quel tanto che basta per costruirci sopra un racconto di intraprendenza e redenzione all’italiana.
Che poi, ancora, This Must Be the Place, in mezzo ad alcune cose buone (c’è David Byrne che canta una canzone pazzesca!), metta sullo stesso piano la caccia a un criminale nazista e l’incontro con l’inventore del trolley, e che questo sia semplice e pretestuosa superficialità, non una citazione dei Coen, viene fatto notare solo in un secondo momento, una volta grattata la superficie lustra della confezione di classe. Ma quello che conta è proprio la superficie: è l’Autore Sorrentino che gira un film con l’Attore Sean Penn e parla di Olocausto. Se non è Grande Arte questa!
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