Quello dei Dirigenti pubblici è una della maggiori storture nel sistema pubblico, voluto e creato dalla politica che ha utilizzato, secondo logiche di interesse, l’assenza di precise limitazioni per i ruoli dirigenziali.
Come non evidenziare la contraddizione che da una parte vede la decisa diminuzione del numero dei dipendenti pubblici con relativo blocco dei contratti e dall’altra, invece, una aumento della spesa per il personale. La spiegazione, molto semplice, sta tutta nell’aumento dei ruoli dirigenziali, che non cadono dal cielo ma sono frutto esclusivamente di operazioni politiche.
Il Centro Studi del Comitato dei Dipendenti Sardi è pronto a discutere in un dibattito pubblico, in diretta streaming, il problema delle dirigenze negli enti locali e i loro costi esorbitanti, ivi compresi gli oltre 14 MILIONI di euro dei quasi 150 dirigenti dell’amministrazione centrale della Regione e gli altrettanti esorbitanti 15 MILIONI di euro degli oltre 150 dislocati nelle vari Agenzie e Enti regionali. Si presume, d’altronde, che l’on. Cossa abbia il dovere, prima di guardare in casa d’altri, di verificare che la propria sia in ordine.
Dibattito da estendere anche ai dati riportati dal Sole 24 ore, con riferimento alla relazione della Corte dei Conti della Sardegna: “4109 sono i dipendenti regionali, secondo la rilevazione del 2011. Ai quali occorre aggiungere la dotazione degli enti strumentali (ex Istituto case popolari, gli enti di diritto allo studio e le tre agenzie agricole, Agris, Argea, Laore) con 2863 lavoratori, di cui 113 dirigenti, i dipendenti dell’ente forestale (che ha più dipendenti dell’amministrazione regionale), con 4697 a tempo indeterminato e 1849 operai a scadenza. Per chiudere poi con le 29 società in house: 3751 dipendenti e 284 a tempo parziale con 36 dirigenti”
SI è pronti, per esempio a discutere del Comparto unico dei dipendenti delle autonomie locali della Sardegna, per non incorrere più in ciò che è successo solo pochi anni fa, con la legge regionale n. 9 del 2006, quando la Regione ha delegato funzioni ai Comuni e alle Province, ma non il personale che in Regione si occupava di quelle funzioni. Ci piacerebbe che l’on. Cossa inviasse (in verità avrebbe dovuto farlo già da tempo) un’interrogazione all’ass.re Rassu su questo argomento, così da avere un quadro preciso dei fatti da affrontare nel corso dell’incontro pubblico.
Ma perché, si chiederanno i cittadini, con il trasferimento delle funzioni non è stato trasferito anche il personale regionale, considerato che quelle funzioni non sarebbero più state svolte dalla Regione, obbligando così i Comuni e le Province a far fronte a queste nuove incombenze col proprio personale e, in molti casi, con la necessità di acquisire nuove professionalità?
La risposta è molto semplice: perché il contratto degli enti locali, quello per intenderci dei dipendenti comunali e provinciali, è “troppo povero” per i dipendenti regionali.
Siamo, dunque, pronti a un confronto pubblico su questi aspetti, forti del fatto che tutti i dipendenti dei Comuni e delle Province hanno stipendi medi di 1.200 euro al mese, a fronte di retribuzioni ben più significative dei dipendenti regionali, senza entrare nel merito dei contratti dei dipendenti del Consiglio Regionale: ma quello, si sa, è un mondo dorato, che
neppure gli obblighi normativi sulla trasparenza (come ha sottolineato anche la Corte dei Conti) sono riusciti a mettere in luce.
Non pare, poi, necessaria attendere la risposta all’interrogazione dell’on. Cossa per apprendere come l’incidenza del personale delle Province sul bilancio degli enti è certamente aumentata in questi due anni, ma solo in virtù del consistente taglio dei trasferimenti che ha subito soprattutto nel 2013, pur mantenendo in capo tutte le funzioni proprie e delegate.
Restiamo dunque in attesa di un urgente incontro, a porte aperte e non nelle stanze segrete, per rendere conto ai cittadini dei costi del personale dei Comuni e delle Province e quello della Regione, dirigenze e commissari compresi, senza dimenticare le consulenze d’oro della Regione Sardegna, richiamate pochi mesi orsono sempre dalla Corte di Conti.
Nel frattempo, auspichiamo che l’on. Cossa abbia l’onestà intellettuale di non speculare sul personale dipendente e contribuisca ad avviare quel processo di riforma delle autonomie locali, ora nel caos più assoluto, che ha necessità, invece, di attenzione e riflessione che niente hanno a che fare con la disinformazione di un becero qualunquismo che arriva a strumentalizzare (inaccettabile da parte di chi ricopre cariche istituzionali) un adempimento contrattuale, pur discutibile, con gli 80 milioni di euro che la Regione distribuisce (ma che termine è?) alle Province per le funzioni svolte e delegate
dalla stessa Regione nei rispettivi territori.
CHI E’ IL COMITATO
Il Comitato non ha appartenenze politiche e neppure sindacali. E’ costituito e rappresenta tutti i dipendenti delle Province Sarde, che in rete condividono proposte e percorsi da porre in essere a tutela del proprio posto di lavoro nel processo di riforma delle autonomie locali.
Due gli incontri avuti con la controparte politica in Sardegna: il 16 luglio 2013 a Cagliari con la presidente del Consiglio Regionale e i capigruppo regionali; il 22 luglio 2013 a Oristano con il Consiglio delle Autonomie Locali.
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Provincie Sarde nel caos: i dipendenti si organizzano. Nasce un comitato
Creato il 05 agosto 2013 da Yellowflate @yellowflatePossono interessarti anche questi articoli :
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