Da "il Risveglio" l'intervista Vincenzo Bernazzoli,
Presidente della Provincia di Parma.
Vincenzo Bernazzoli non ha dubbi sul fatto che il percorso lungo il quale dovrà traghettare la Provincia di Parma, di cui è presidente dal luglio 2004, sarà incerto e irto di ostacoli. La strada l’ha indicata il decreto varato dal Consiglio dei Ministri il 31 ottobre scorso. Esso prevede che dal 2014 le Province scenderanno da 86 a 51, incluse dieci città metropolitane. E la nostra nuova Provincia sarà quella di Parma e Piacenza.
Presidente cosa succederà dal 1° gennaio? Di fatto questo è un commissariamento delle Province. Da gennaio resteranno in carica solo i Presidenti che dovranno gestire una fase transitoria fino a novembre, quando ci sarà l’elezione del nuovo ente di 2° livello che per quanto ci riguarda vedrà l’accorpamento dei territori di Parma e Piacenza. In questi 11 mesi il presidente in carica dovrebbe, senza Giunta, svolgere funzioni di commissario, guidando una transizione radicale, compreso il passaggio degli asset e del patrimonio al nuovo schema organizzativo. Il decreto però porta fino alla scadenza di novembre 2013 la gestione delle funzioni. In sostanza si avvia una operazione di dismissione, però tenendo in capo le funzioni ancora per un anno e senza risorse.
Il decreto prevede che questa transizione la dovrà guidare lei, facendosi aiutare magari da qualche consigliere provinciale, perché da gennaio 2013 verranno meno le Giunte provinciali. È così? Lo considero un errore oltre che un problema molto serio. E spero che nella conversione in legge si possa tornare indietro correggendo questa indicazione. Il presidente infatti da solo dovrebbe entro nove mesi: gestire tutte le funzioni e i servizi, tra l’altro senza risorse finanziarie sufficienti; passare ad altri soggetti istituzionali asset, mutui, patrimonio, personale; gestire il passaggio delle funzioni alle unioni comunali; seguire la nascita di agenzie regionali tecniche per la gestione dei servizi; accorpare le strutture di Parma e Piacenza. È evidente che non è possibile che ciò avvenga in modo efficiente e utile per il territorio. La scelta di abolire le Province è stata portata avanti tutto sommato senza grossi contraccolpi.
Secondo lei perché ci si è concentrati proprio su questi enti? Una riforma era indispensabile perché il nostro è un sistema farraginoso e con sovrapposizioni istituzionali, ma occorreva ragionare sul sistema istituzionale nel complesso, partendo da una scelta di fondo: quale organizzazione statale si vuole, se centralista o federalista. Quella scelta noi non l’abbiamo fatta e si eliminano le Province senza capire lo schema di fondo. La considero una operazione molto condizionata dal vento dell’antipolitica. Il tema da affrontare è il rapporto fra politica e istituzioni. La mia idea è che debbano essere salvaguardate quelle più vicine ai cittadini, in contatto diretto con i loro bisogni, enti che hanno dimostrato di saper fare e risparmiare. Noi, ad esempio, in tre anni abbiamo dimostrato di saper risparmiare bilanci senza venir meno al nostro ruolo. A proposito di risorse, il presidente nazionale Upi Saitta ha annunciato che la maggior parte delle Province ricorrerà al Tar contro i tagli della spending review perché impediscono di assicurare il mantenimento dei servizi essenziali ai cittadini.
Che cosa ne pensa? È certo che i tagli – cinquecento milioni in meno sui bilanci 2012 e 1,2 miliardi per il 2013 - non ci mettono nelle condizioni per operare la messa in sicurezza degli edifici scolastici e delle strade, nemmeno di fare la manutenzione. In questo modo molte Province andranno in dissesto.
Lei ha detto che la scelta dell’accorpamento fra Parma e Piacenza la convinceva. Che possibilità vede per il futuro della nuova Provincia? Se la nuova realtà istituzionale sarà di fatto una scatola vuota è difficile discutere del futuro, dei progetti che si possono fare, anche del nome che deve avere. Beninteso, credo si possano fare progetti e sarebbe meglio iniziare a gettare le basi di un lavoro comune con Reggio Emilia e Modena. Ma nel momento in cui si toglie la possibilità di agire, tutto cambia. Il tema vero è che con un indebolimento della prossimità, le comunità rischiano di allontanarsi dal momento decisionale. Se le funzioni delle Province potranno essere svolte dalle Unioni di Comuni avremo una garanzia; ma se le Unioni non faranno, in fretta, quel salto di qualità enorme che serve, inevitabilmente il processo decisionale si sposterà ai livelli regionali in un rapporto che sarà tra Regione e città capoluogo con un rischio per i territori più deboli o marginali. Pertanto auspichiamo che i gruppi parlamentari possano apportare modifiche importanti per rendere utile questo percorso di riforma.
Mentre il giornale va in stampa il ministro Patroni Griffi ha fatto sapere che il governo, nonostante i tempi strettissimi, non intende rinunciare al decreto che ridisegna le province con un assetto nuovo per la governance, con il sistema elettivo di secondo grado e funzioni di area vasta sul territorio. Le resistenze a livello locale sono forti, ma il governo farà di tutto per approvare una riforma di tipo strutturale che avrà i suoi effetti positivi in prospettiva
*************** E' nato nel 1955.
Laureato in Pedagogia all’Università di Parma nel 1980.
Sposato, è padre di due figli.
Dal 1981 al ‘93 è stato funzionario sindacale nella Cgil.
E' impiegato in una cooperativa che si occupa di lavoro temporaneo.
Per due mandati Sindaco di Fontanellato dal 1993 al 1997 e dal 1997 al 2001, eletto in una lista civica di Centro Sinistra.
Vice presidente della Provincia dal 1999, ha assunto le funzioni di Presidente a seguito della scomparsa del Presidente Andrea Borri, avvenuta il 7 agosto 2003.
Eletto per la prima volta Presidente nel giugno 2004.
Riconfermato Presidente nel giugno 2009.
E' Presidente di Upi (Unione Province d'Italia) - Emilia Romagna.
* Biografia dal sito web istituzionale della Provincia di Parma