Psicologi e guaritori di omosessuali

Da Psicologiagay
 

Mi è stato segnalato un video (disponibile su YouTube e in giro per la rete) di Saverio Tommasi, attore toscano che già in passato si era occupato di “indagare” il binomio omosessualità = malattia.

Vi ripropongo il video, aggiungendo qualche dato subito dopo.

Ascoltando con attenzione le risposte dei miei colleghi io ho avuto l’impressione che:

  • Ci si senta competenti a lavorare con pazienti omosessuali anche senza formazione specifica.
  • Si voglia a tutti i costi “acchiappare” il cliente (e in tempi di crisi si può anche capire, no?
  • Si tenda a spostare il problema dall’orientamento sessuale ad altro.
  • Si eviti di dire esplicitamente (tranne qualche caso) che l’omosessualità è una malattia da curare, ma non si dica esplicitamente neanche il contrario.
  • Si dica che tutto è risolvibile, basta che il cliente inizi una psicoterapia senza specificare nè l’obiettivo, nè la modalità, nè gli assunti di base che il terapeuta ha in merito all’omosessualità.

E’ ovvio ed è preferibile che di alcuni dettagli sul percorso psicoterapeutico se ne parli di persona, ma forse le persone omosessuali gradirebbero sapere, prima di fissare un appuntamento (magari a pagamento) se il terapeuta al quale si sono rivolti ha una visione distorta della propria situazione.

Molti studi  (es. Lyons, 2010) affermano che un numero elevato di psicologi non possiede un adeguato livello di competenze in ambito LGB. Ancora meno se parliamo di Queer o T* o Intersessualità.

Uno studio americano del 2002 riporta che il 28% degli psicologi intervistati non ha mai effettuato un training formale, ufficiale, sul lavoro clinico con clienti LGB. In Italia credo che la % salga fino al 99%.

Qualche scuola di specializzazione effettua lezioni specifiche su orientamento sessuale e identità di genere, rari i casi di tirocini con clienti LGB.

Eppure la ricerca conferma che una formazione teorica e un tirocinio pratico al fine di acquisire competenze specifiche per clienti LGB permette differenze sostanziali nel trattamento rispetto ad un gruppo di controllo privo della stessa opportunità.

Mi capita sempre più spesso che colleghi in dubbio si rivolgano a me chiedendomi un parere su casi clinici di persone omosessuali o transessuali, o chiedendo se ci sono corsi di formazione sulla tematica. Vuol dire che qualcosa si sta muovendo e che molti, di sicuro tra i più giovani, sanno cogliere i propri limiti e vogliono avere strumenti adeguati per lavorare in modo serio e professionale.


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