Psicologia: handicap
Da Isa Voi
@VoiIsa
I consigli della psicologa dell'età evolutiva, dott.ssa Milena Giacobbe “Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita rende più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte ed il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine sarà una rinascita” (Pontiggia)È un’affermazione che dà speranza ma che investe di una grossa responsabilità genitori, insegnanti, educatori e tutti coloro che si accostano al mondo dell’handicap. Le domande che assillano tuti gli attori sono essenzialmente concrete: in che modo operare, cosa “dare” di fronte a situazioni di handicap, come rendere il più autonomo e felice possibile un bambino per cui magari anche i movimenti più semplici sono difficilissimi? Si tratta di oggettivare la speranza in senso operativo senza non solo costruirsi traguardi irraggiungibili, ma anche senza dare false illusioni.La ricetta è apparentemente semplice: porre l’attenzione sulla qualità della vita che si può raggiungere. Perciò in primo luogo porre l’accento sulla qualità delle relazioni favorendole il più possibile. Può sembrare banale: “ Stiamo loro vicino a diamo affetto, che tutto passa!”: assolutamente no, perché si tratta invece di soddisfare il bisogno innegabile di relazioni umane tra individui, che non sconfigge la disabilità, ma dona benessere alla persona e che a causa di impedimenti “concreti” a volte risulta difficilissimo raggiungere.Ci sono altri bisogni che talvolta passano in secondo piano, soprattutto di fonte ad handicap fortemente invalidanti, quali il bisogno di espressione, comunicazione, conoscenza e formazione. Penso alla mia esperienza: l’uso del computer per Cristian non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche mezzo di affermazione delle proprie capacità e del desiderio costante di formazione. In questo non è certo diverso da qualsiasi altra persona che utilizza il PC per il suo lavoro!Concentrarsi sui bisogni di ogni persona e tendere al suo benessere concentrarsi sulle forze vive e sulle capacità anche residue e difficilmente perfettibili, piuttosto che contemplare passivamente e con rassegnazione l’handicap. Nelle culture del nord, per esempio, si cede raramente all’assistenza intesa come sostituzione. Se Federica è in grado di vestirsi da sola, ma impiega mezz’ora, l’intervento che può aiutarla non è qualcuno che la vesta, ma qualcuno che organizzi spazi e tempo a sua misura! È opportuno poi aiutare i bambini ad avere la giusta percezione delle proprie difficoltà, incoraggiando l’autonomia e sviluppando il senso critico nei confronti della propria persona e della propria condizione per accettarsi. Per questo è opportuno scegliere occupazioni possibili e che abbiano un senso quotidiano, quella che io chiamo la psicomotricità dello spazzolino da denti. Conquistare la capacità di compiere un gesto utile a se stessi è una importantissima fonte di gratificazione e aumenta l’autostima! Per raggiungere tale traguardo è indispensabile dare la possibilità, come a tutti i bambini, di provare e sbagliare, per imparare anche dai propri errori: nessuno può fare tutto da solo. Tutto ciò dà dignità alla persona e fa sì che si riconosca, al di là dell’handicap, l’individuo e le sue caratteristiche. L’handicap così non può più ad essere solo uguale a sofferenza.In tutto questo ha un ruolo fondamentale la famiglia che deve essere affiancata e sostenuta senza mai essere sostituita.Spesso le famiglie sono in difficoltà nell’affidare il proprio figlio a persone estranee, accogliere questo sentimento e comprenderlo può essere il primo passo per instaurare un rapporto di fiducia volto a quella rinascita di cui parlavo all’inizio, senza false aspettative.Montale dice che : tutte le immagini portano scritto: più in là. L’invito allora è quello di non fermarsi alla prima immagine che gli altri ci danno di se stessi, ma di andare più in là.Dott.ssa Milena GiacobbePsicologa dell’età evolutivaViale Dante, 20 NovaraCel. 348.3173462
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