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Psicologo: pregiudizi o crisi d’identità?

Da Psychomer
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Simona Fonti
maggio 11, 2011Posted in: psicologiaPsicologo: pregiudizi o crisi d’identità?

Vi sono alcune definizioni “ingenue”, alcune credenze popolari, sulla figura e sul ruolo dello Psicologo:

“cura le malattie mentali”; “dallo psicologo ci vanno i pazzi, i folli, i devianti”, “se parli con un amico è la stessa cosa”, “se hai bisogno dello psicologo è perché sei debole”, “è quello che ti interpreta i sogni”, “adesso che mi hai visto, essendo psicologo, secondo te sto bene?”, “anch’io volevo fare lo psicologo” o “anch’io sono un po’ psicologo”, “non ci credo, penso che mi porterebbe via soldi senza risolvere i miei problemi”, “fanno terapie troppo lunghe”, “sono loro i primi ad aver bisogno dello psicologo” e così via … per non parlare poi della confusione fra Psicologo, Psichiatra, Psicoterapeuta …

Credo che sia capitato a tutti voi di sentire almeno una volta una delle precedenti.

Ma gli Psicologi, proprio loro, come si pongono di fronte a questo gap?

Come mai adesso che le discipline psicologiche, che anche in Italia possiedono un discreto background, non appaiono seguite da un corrispondente cambiamento di vedute da parte dell’opinione pubblica?

Gli ambiti applicativi della psicologia sono svariati (clinica, ricerca, sociale, organizzativa, educativa, formazione, familiare, giuridica, ospedaliera, ecc.), Eppure appare diffusa la percezione che non ci sia “posto”, collocazione e che l’immagine prevalente dello psicologo sia sempre la stessa dei decenni che ci hanno preceduto.

Ritengo che ci siano fondamentalmente due ordini di problemi: il primo, culturale; il secondo, collegato al primo, professionale.

Culturale per il permanere di stereotipi legati all’immaginario della malattia mentale, alla rigida distinzione sano/malato, all’identificazione/semplificazione psicologia/psicoanalisi, o psicologia/psichiatria, e a una certa “psicologia del senso comune” che resiste e non vuole proprio mollare. Chi di voi non ha mai sentito un proprio amico “fare diagnosi”?

Professionale perché … a chi spetterebbe contrastare e tentare di rimuovere tali stereotipi se non ai diretti interessati? A chi autodefinirsi e dimostrare il contrario?

La mia impressione attuale, tra le altre, è che sia in atto una strategia di esclusione della figura dello Psicologo, paventando l’illusione di poterlo sostituire con professioni improvvisate che promettono “bacchette magiche”, ma anche che si stia istaurando un clima di sfiducia e un atteggiamento di rinforzo di questa tendenza da parte di una porzione non trascurabile degli Psicologi stessi.

Ho e ho avuto frequenti occasioni di confronto con Psicologi e Psicoterapeuti, e nel raccogliere opinioni sull’argomento mi accorgo di quanto molto spesso appaia fragile la loro stessa identità professionale. Frasi del tipo: “veniamo sfruttati e basta”, “non sanno nemmeno cosa vuol dire psicologia”, “il nostro lavoro non viene apprezzato”, non sono forse affermazioni con cui ci si tiene in trappola?

Alcune volte ho assistito addirittura a mal celati scontri interni: “se non sei psicoterapeuta non puoi fare questo” (chi meglio di noi dovrebbe conoscere perfettamente la differenza tra uno psicologo e uno psicoterapeuta?), “se sei un clinico come mai ti interessi all’ambito delle risorse umane?”, “ma come, vorrai lavorare senza la specializzazione?”, “siamo troppi, ci sono troppi psicologi” (che io ho interpretato molto serenamente come: “mi vuoi rubare il lavoro”).

E’ abbastanza spiazzante. Mi sono detta … è necessaria una bella iniezione di fiducia e senso di responsabilità. Favorire noi stessi una “cultura psicologica”, tutti i giorni, sempre, in ogni forma, con pazienza e determinazione, anziché lasciar fare, nell’illusione che qualcosa o qualcuno arrivi a risolverci il problema.

D’altro canto, ho avuto l’opportunità di conoscere e confrontarmi con una parte brillante e propositiva di professionisti Psicologi e Psicoterapeuti che in sintesi si pone così: “INFORMIAMO e DIMOSTRIAMO CHE NON E’ COSI’”.

Noi dobbiamo sapere per primi chi siamo, cosa facciamo, qual è la nostra formazione e quali sono i nostri confini d’intervento, rispettarli e farli rispettare.

Chi per noi dovrebbe parlare e informare? Specificare il nostro ruolo?

L’articolo 1 dell’ordinamento della professione di Psicologo – legge 56/89 –  “Definizione della professione di Psicologo” recita così:

“La professione di Psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e d’intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione – riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.”

Se ci pensiamo bene, dice tutto.

Psicologo, non sarai più sconosciuto!

Che ne pensate?

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Ciao, mi chiamo Simona Fonti e ho 34 anni. Sono laureata in Psicologia Clinica e vivo e lavoro nella provincia di Roma. Puoi visualizzare il mio profilo completo alla pagina "about us" o contattarmi all’indirizzo e-mail: [email protected]

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