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Psicopatia e ridotta connettività prefrontale

Da Psychomer
by Carmelo Di Mauro on marzo 19, 2012

La connessione funzionale tra l’amigdala destra e la corteccia prefrontale ventromediale è ridotta negli psicopatici. Motzkin et al., (2011).

Psicopatia e ridotta connettività prefrontale

Le regioni del cervello sospettate di essere coinvolte nelle psicopatia riguardano i circuiti interattivi tra amigdala e corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC). Nella ricerca di Motzkin et al. (2011) è stata analizzata la connessione strutturale e funzionale fra queste due regioni. I ricercatori hanno coinvolto soggetti internati in una prigione di media sicurezza nel Winsconsin.

Nel primo esperimento è stata utilizzata la risonanza per tensore di diffusione (diffusion tensor imaging), che fornisce informazioni anatomiche della connettività corticale. Un campione di 14 psicopatici (metà costituita da psicopatici “a bassa ansietà” cioè psicopatici primari, l’altra metà erano “ad alta ansietà” ovvero psicopatici secondari) è stato confrontato con un gruppo di controllo di 13 partecipanti. I risultati hanno rilevato una riduzione di attività negli psicopatici della parte destra del fascicolo uncinato che collega le due regioni dell’amigdala e della vmPFC.

Psicopatia e ridotta connettività prefrontale

Nel secondo esperimento sono stati confrontati 20 carcerati psicopatici con 20 soggetti di controllo tramite la risonanza a stato di riposo (resting state fMRI) per indagare la funzionalità tra la vmPFC (associata al ragionamento, alla pianificazione e alla regolazione emotiva del comportamento) e la corteccia parietale mediale (MPC), cioè il precuneo e la corteccia cingolata posteriore. Molte ricerche hanno dato indicazioni che queste ultime regioni sono reciprocamente interconnesse con la corteccia prefrontale: se questi circuiti non funzionano bene, l’attività relativa tra le regioni dovrebbe essere bassa. Questa previsione è stata confermata: il segnale BOLD della risonanza era basso tra la corteccia prefrontale e la coppia amigdala/corteccia mediale parietale.

La ricerca di Motzkin è molto interessante non tanto per le conferme sperimentali; infatti non aggiunge niente di nuovo di quanto già sapevamo nella letteratura scientifica, ma è affascinante per due motivi. Il primo esperimento ci dà conferma della cruciale interconnessione tra regioni prefrontali e zone limbiche deputate all’elaborazione delle emozioni. Quando queste connessioni per diverse ragioni vengono danneggiate, si assiste ad un mutamento singolare della personalità: il paziente non mostra alcun deficit di natura percettiva/motoria ma un comportamento disinibito, instabile, senza regole morali con esiti disastrosi nel ragionamento, nella presa di una decisione e nella realizzazione di progetti di vita. Questi soggetti vengono chiamati “pazienti prefrontali” proprio per il ruolo preminente delle relative zone corticali situate all’incirca al di sopra delle orbite oculari.

Nel secondo esperimento, quando è stata menzionata la corteccia cingolata posteriore ho subito pensato al default mode network (DMN). Il network di default si attiva quando l’attività mentale non è rivolta a stimoli esterni ma verso il mondo interiore. Si ipotizza che il daydreaming (il sognare ad occhi aperti), il ricordo di eventi passati o la pianificazione di progetti futuri siano processi cognitivi correlati al DMN. Quindi questa rete di regioni è sostanzialmente implicata nella cognizione riflessiva, che negli psicopatici è deficitaria! Essi, che per definizione hanno un deficit di empatia e di rimorso, presentano corticalmente una riduzione di attività in quelle zone che si attivano nel ragionamento riflessivo e regolativo delle emozioni. Gli Autori però sono cauti: “comunque, per ora potrebbe essere prematuro speculare sul preciso significato funzionale della connettività ridotta in psicopatia tra vmPFC e la corteccia mediale parietale”.

Julian C. Motzkin, Newman, Kiehl and Koenigs, Reduced Prefrontal Connectivity in Psychopathy. The Journal of Neuroscience, 30 November 2011, 31(48):17348-17357; doi:10.1523/JNEUROSCI.4215-11.2011


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