Pubblicare un libro, si sa, è solo il primo, grande passo.
Per quanto possa essere emozionate e appagante, il romanzo non si vende da solo. Specialmente se la casa editrice che ha scelto di investire su di voi non riesce a farvi arrivare sugli scaffali delle librerie. Sta all’autore e all’editore promuovere il libro, farlo conoscere al grande pubblico.
Ma queste sono cose che saprete già, a meno che non vi siate appena affacciati sul fantastico (?!) mondo dell’editoria.
Restringiamo il campo alla pubblicizzazione su Internet.
È una cosa che fanno tutti. Ormai è automatico. Subito dopo la pubblicazione (ma anche prima, per chi preferisce giocare d’anticipo) l’autore/autrice dà il via a una scia di eventi funesti.
Partiamo dal gradino più basso.
LO SPAM.
Tuono. Fulmini. Urla di donne e bambini. Risata malvagia.
Ti arriva un messaggio privato su Facebook. Una cosa tipo: “Ciao!” o anche, “Hey, ciao!”, in ogni caso un saluto entusiasta. “È appena uscito il mio ultimo romanzo (anche se magari è il primo che pubblicano) per la TIZIOCAIO EDITORE. Si intitola CAPPUCCETTO ROSSO, è un pornosoft con sfumature fantasy. Qui trovi il sito/la sinossi/la copertina.”

Il termine SPAM deriva dall’omonima carne in scatola, molto pubblicizzata.
In realtà ho sbagliato. Me ne rendo conto solo adesso. C’è un gradino precedente a questo fastidioso approccio stile Testimoni di Geova. Lo SPAM BRUTALE.
Ti arriva un messaggio tipo:
“il mio nuovo libro! non perderlo!” o una variante con più punti esclamativi e abbreviazioni da sms, che quelli i grillini portano la nomea, ma mica sono soli…
In ogni caso, a questo messaggio/trionfodelmarketing 2.0 e della cortesia si accompagna un link a un sito/una pagina Facebook o, per i più pragmatici, direttamente il link ad Amazon, così nemmeno perdi tempo a capire di che cavolo parla e lo compri
Poi c’è anche il: DRITTO AL PUNTO, l’equivalente di uno che si presenta a un appuntamento col preservativo tra le dita. Un solo link. Né ciao, né compra il mio libro. Le parole sono per i deboli, pupa.
Mettiamo in chiaro una cosa: lo SPAM risulta particolarmente fastidioso perché 1) è fatto in modo maleducato 2) è rivolto a un ESTRANEO. Un conto è dire a un amico: uscirà il mio libro, ho aperto un blog, ho scritto un post che potrebbe interessarti. Un conto è andare da Pinco Pallino e investirlo con la nostra nuova conquista, il nostro nuovo capolavoro.
È come se un commerciante di scarpe andasse in giro per strada a dire: “Fantastici mocassini! Che aspetti, comprali! Hanno ricevuto 5 stelle su 5 su Anobii!”
Voi direte: esistono anche i venditori ambulanti.
Sì. E sono identici agli spammari.
Ora, mettetevi una mano sul cuore; se siete credenti l’altra mano mettetela sulla Bibbia o sull’equivalente per la vostra religione, e se ne avete il coraggio dite: “A me gli ambulanti non danno fastidio”.
Ma soprattutto, avete mai comprato qualcosa da un ambulante che viene spontaneamente da voi? Io no. E nemmeno la gente che conosco.
A Napoli, che di ambulanti non è priva, vedo gente che compra qualcosa per strada solo quando PIOVE. E si tratta di ombrelli. (I filippini con i passeggini carichi di ombrelli sono senza ombra di dubbio i più simpatici tra gli ambulanti, è un po’ off topic ma dovevo dirlo per dovere di cronista.)
Piove, ombrello. Insomma, roba che serve subito. Con tutto il rispetto, amico spammaro, il tuo libro non è così indispensabile. Specialmente considerando che non ho ancora letto tutti i libri scritti dai miei autori preferiti, ecco.
Il P.C. sa bene che un messaggio privato è una rottura di scatole. Quindi non può fare altro che scegliere tra due soluzioni (o entrambe).
1) La pagina Facebook. Non è nient’altro che uno spazio virtuale dove la gente va una volta, su invito, clicca mi piace, e poi se ne lava le mani. La pagina Facebook è quasi inutile. E lo dice uno che ce l’ha (ma che non a caso non la pubblicizza quasi più). È molto più utile pubblicizzare sul vostro profilo personale: lì almeno i post li vedono tutti – a meno che non abbiano deciso di non seguirvi più, pur rimanendo amici – e non subite ricattini da usuraio da parte del social network, del tipo: o paghi o solo una piccola parte degli utenti vede il post.
2) Il sito: come sopra, con la differenza che è anche meno visualizzato. E per farlo come si deve servono soldi o comunque molto più tempo di una banale pagina FB.
3) Entrambe le cose.
Non ho nulla contro i P.C., proprio perché sono civili. Io stesso sono faccio Pubblicità Civile, di blog, però. Ma so bene che questo tipo di pubblicità porta a poco, se non a pochissimo, per quanto riguarda i libri. Un conto è pubblicizzare un blog, una cosa che si trova online ed è gratis, e che quindi ha senso promuovere in rete. Un’altra è sperare che, dopo aver visto una quarta di copertina online, un utente vada a comprare il vostro libro.
Io ho acquistato libri dopo averli visti su Internet quasi solo dopo aver già letto romanzi dell’autore in questione. Che avevo trovato nientepopòdimenoche in libreria.
Pubblicizzare libri su Internet non porta a niente, o quasi.
Di sicuro, l’autopromozione priva di argomentazioni (ben diversa dalle recensioni) è inutile.
Si è raggiunta la saturazione.
Ormai – avendo molti scrittori tra gli amici di Facebook – vedo libri da “acquistare assolutamente” ovunque, e finisce che non ne compro nessuno. E mica solo io. Tanti altri amici con il mio stesso vizio (leggere, ndr) si comportano come me.
E allora, che fare? Smettere di scrivere? No. Mai. Smettere di provare a pubblicare posso capirlo, smettere di scrivere no. Vuol dire togliersi un piacere, un vizio sano, che non porta a debiti economici o a malattie sessualmente trasmissibili. Togliersi una valvola di sfogo costruttiva.
Io credo che si debba pubblicizzare di più dal vivo. La cosa bizzarra è che gli autori affermati, quelli distribuiti in tutte le librerie, si sbattono tanto per fare presentazioni in giro, mentre chi è fuori dalla distribuzione importante pensa di risolvere tutto con tre click.
Portiamo i libri nei paesi di periferia, nelle scuole, nelle manifestazioni. Io abito in un paesino del Sud con poco meno di 5.000 abitanti. Ho fatto due presentazioni, qui (di libri non miei) e la gente ha comprato un numero di copie poco inferiore a quello che ho visto vendere a Napoli o Roma. Internet è una grande opportunità, ma a volte degenera in una specie di mondo parallelo che non si incontra con quello reale. E soprattutto, su Internet ognuno modella il suo mondo. Io ho un profilo Facebook pieno di libri e scrittori così come i miei amici hanno profili pieni delle loro passioni e chiusi al resto.
E invece il libro deve incontrarsi con chi non lo va a cercare.
Con chi se ne frega.
Con chi non lo conosce.
Con chi non sa che può essere un divertimento.
Con chi non ha studiato.
Questo, in Rete, non si riesce a farlo. In strada sì.
Prima parlavo di venditori ambulanti. Adesso vi faccio l’esempio del furgone dei panini che si piazza vicino a una festa di paese, o una qualsiasi attività che attira le folle. Dite che vende più lui, o il pub fighetto con il profilo su Facebook che però si trova in un posto sperduto e vi serve il GPS per arrivarci, senza contare la mezz’oretta di viaggio e i prezzi altini?
Aniello Troiano