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Pullman che vai, ansia che trovi

Da Flavialtomonte

Questa mattina la sveglia delle 7.00 mi ha ricordato che avrei registrato un doppiaggio – il mio primo doppiaggio – ma sicuramente si sarà dimenticato di avvertirmi del ritardo del pullman o del traffico in auto strada. Mezz’ora di ritardo sommata all’ansia di una ragazza che mi sedeva di fianco. Non faceva altro che alzarsi dal sedile a piccoli scatti per dare un’occhiata fuori dal finestrino, e tornare ad agitarsi. Oltre quella fila interminabile di macchine, un incidente. Il tratto sarebbe tornato percorribile nel giro di pochi minuti. Il tempo sembrava guastarsi, ma dietro quei nuvoloni grigi si nascondeva un grande arcobaleno che abbracciava il mare. Intanto le macchine della corsia opposta, scorrevano rapidamente.
E’ divertente guardare la carrellata delle facce degli autisti, specialmente da un punto più alto rispetto a loro. Facce tranquille, dannate, preoccupate, frettolose, sfuggenti, distratte, meste e ridicole. Forme ed espressioni differenti, in corsa, che sembrerebbe di avere già visto, ma che in realtà tendono ad somigliare lontanamente ad animali, persone, cose e oggetti già esistenti.
Arrivata a destinazione, lancio uno sguardo alla ragazza ansiosa e scendo dal pullman.
Mi torna in mente il giorno di un esame all’Università: di fianco a me, una ragazza che non la smetteva più di agitarsi e di buttare giù sospiri profondi.
E penso: per quale motivo, mi ritrovo sempre accanto ad una persona ansiosa?

Pullman che vai, ansia che trovi


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