“Non finirà dopo avermi ucciso. Troverai altri motivi per vendicarti ancora. E poi altri ancora.”
Il Punitore dovrebbe essere, per la Marvel, un eroe senza alcun potere. Viste le sue performance in azione, può venire qualche dubbio. Quanti confronti con superesseri si sono conclusi in suo favore? Quante ferite gravi sono state inferte a Frank Castle nel corso della sua tortuosa vita editoriale? Ma lui continuava, si rattoppava e andava avanti.
Garth Ennis ce lo ha raccontato come una monolitica macchina da guerra puntata a uno e un solo obiettivo. Steve Dillon ci ha fatto capire che le armi di Castle tagliano i corpi come fossero di burro. Jason Aaron ha cercato di invecchiare il personaggio, trasformando la sua rabbia in psicosi, ma nonostante gli handicap imposti lo abbiamo visto superare Bullseye, Elektra e Kingpin. Sì, vero, alla fine moriva, perché c’è un limite a tutto. Peccato però che fosse già morto per mano di Daken, quindi forse per lui la dipartita non è un concetto così definitivo.
Insomma, il Punitore col tempo è diventato un archetipo: la Vendetta che arriva, non importa cosa si faccia per sfuggirle.
Da questo punto di vista, nel leggere i cicli più lunghi del Nostro, potrebbe insinuarsi una piccola, scomoda domanda: perché non liquidare in fretta gli sventurati boss capitati nel mirino, invece di perdere tempo con pirotecniche stragi di mezze cartucce? Il Punitore, infatti, non è un sadico, non gioca con le sue vittime. E allora una possibilità è che siano stati gli sceneggiatori, di volta in volta, a giocare con lui, allungando il brodo per discutibili esigenze narrative.
È qui che vengono incontro (al lettore, a Frank e agli sceneggiatori) le storie brevi: si tratta di creare una situazione criminosa e far calare, entro una ventina di pagine, il deus ex machina con il suo consueto arsenale e qualche misurato commento sprezzante. Pochi secondi, com’è giusto che sia, ed è tutto risolto.
C’è di più: le storie one shot di Castle permettono di cambiare angolazione, introdurre varianti. Così, se la narrazione della serie sulla lunga distanza è prevalentemente basata sull’idea noir di war journal, con il crooner Frank che ci spiega la situazione a mezza bocca, in volumi come “Caccia all’uomo” invece assistiamo spesso a episodi narrati dalla prospettiva di qualcun altro.
Ma veniamo alle storie di questo Punisher Max 24. Jimmy Frisco (nel frenetico “L’incidente di Jimmy” di Jason Starr) è una mezza tacca che diventa killer per pagare debiti di gioco, ma quando attraversa la linea fra vittime e carnefici la sua sorte è segnata. I familiari di Randy (nel tarantiniano “Dove il diavolo non indugia” di Jason Latour) preferiscono massacrarsi fra loro invece di giustiziare il vigilante, immobilizzato nel loro fienile. L’elegante Mel (nel nostalgico “Il nastro” di Megan Abbot) torna sul luogo del delitto, ma invece di perpetrarlo ancora finirà in bocca alla sua stessa morte. Wang (nel banale “Caccia all’uomo” di Nathan Edmondson, unico caso in cui seguiamo il Punitore dall’inizio alla fine) cerca di fare il doppio gioco e ha modo di pentirsene. Il giovane Tommy (nel migliore racconto del lotto, il circolare “Due parole sulla vendetta” a firma Skottie Young) attira l’assassino del suo “innocente” padre in casa per pareggiare i conti, scoprendo quali sono le conseguenze della rabbia secondo Frank, qual è la condanna inappellabile per chi si erge a giudice inesorabile.
I disegni seguono la variabilità delle situazioni, con registri ed esiti molto diversi. Il tratto semplice e dinamico di Roland Boschi, le convincenti fisionomie ruvide di Connor Willumsen, i fisici levigati (e magari un po’ anonimi) di Matteo Buffagni, i compitini di un Fernando Blanco dalle ombre spesse e di un Mirko Colak dalle linee sottili.
C’è tutta l’opprimente idea di fato in agguato, in queste storie.
Un fato che non aspetta la prossima puntata e agisce subito: un destino di nome Castle.
Abbiamo parlato di:
Punisher Max #24 – Caccia all’uomo
Jason Starr, Roland Boschi, Jason Latour, Connor Willumsen, Megan Abbott, Matteo Buffagni, Nathan Edmondson, Fernando Blanco, Skottie Young, Mirko Colak
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics, maggio 2013
128 pagine, brossurato, colore – 12 €
ISBN: 9788863048520
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