Ora che i clamori per le celebrazioni in pompa magna del Giubileo Reale si sono sopiti e nei negozi le memorabilia e le scatole di biscotti con la Union Jack o l’effige della Regina vengono venduti in saldo, penso sia il caso di parlare di un altro anniversario, che non può essere disgiunto dagli eventi di questi giorni. Esattamente 35 anni fa, durante il Silver Jubilee, i Sex Pistols salivano alla ribalta della scena britannica con il controverso singolo dal titolo “God Save The Queen”. Confezionato in un’altrettanto iconica e controversa copertina, disegnata da Jamie Reid, il 45 giri si era piazzato velocemente all’apice della classifica delle vendite, sebbene fosse stato subito bandito dalla BBC e dall’Independent Broadcasting Authority, per le liriche offensive nei confronti della sovrana (a cui si imputava di far parte di un regime fascista e di non possedere nulla di umano). Il disprezzo dissacrante per l’istituzione monarchica e per il potere in generale, creò intorno ai Sex Pistols un’atmosfera di violenza. Il gruppo decise di “festeggiare” il Giubileo affittando una barca, la Queen Elisabeth, per suonare la canzone di fronte al Parlamento, ma l’imbarcazione fu bloccata dalla polizia a metà percorso e, nel caos più totale, vennero messe le manette al manager del gruppo, Malcolm McLaren, ed altri collaboratori, tra cui Vivienne Westwood. In questi decenni, John Lydon alias Johnny Rotten, ex cantante del gruppo, e la Regina, sono praticamente coesistiti in maniera inscindibile, come la testa e la croce della stessa medaglia celebrativa. Il punk britannico fu essenzialmente il prodotto di un periodo specifico e rappresentò il sintomo di una crisi. Un movimento difficile da definire, dove ideologicamete tutti erano contro tutti (i Clash contro i Sex Pistols, Johnny Rotten contro il resto della band, i punk americani contro quelli inglesi…). Ma una cosa è certa. Dalle ceneri del punk, bruciato rapidamente e gloriosamente, nacquero molte fenici, a partire da quella New Wave, di cui si percepisce l’eco ancora oggi, in tante band giovanili. E non solo. Molte tattiche di protesta usate dagli attivisti odierni, per esempio gli “indignados” con le tende di Occupy The London Stock Exchange, sono desunte dal movimento punk degli anni ’80, mentre, in paesi come la China o la Russia, il punk è ribellione, resistenza, lotta sotterranea. Molti simboli, sono stati inglobati dalla cultura visiva odierna: la copertina del disco dei Sex Pistols è ora in una mostra di ritratti della Regina, alla National Portrait Gallery; catene, borchie e creste non hanno più la valenza scioccante di un tempo. Tuttavia, il punk come sub-cultura, è sopravvissuto scalpitante fino a noi, nonostante le molte contraddizioni che lo contraddistinguono, e questo, non a causa di una sorta di nostalgia collettiva, ma in quanto seme e sinonimo di ribellione giovanile.
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