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Può l’Avvocato essere sollevato dal segreto professionale in sede di indagine preliminare dal Pubblico Ministero?

Creato il 11 ottobre 2011 da Iljester

Può l’Avvocato essere sollevato dal segreto professionale in sede di indagine preliminare dal Pubblico Ministero?

Ci si meraviglia sempre di più del modo di procedere di certe Procure, quando si ha a che vedere con i processi che coinvolgono Berlusconi. Anche il diritto processuale subisce delle «dubbie» interpretazioni, fino ad arrivare a forzare illegittimamente il segreto professionale che informa l’attività dell’Avvocato, tutelato dalle legge, tanto da trovare fondamento costituzionale nel diritto di difesa del cittadino (art. 25 Cost.).
Se è pur vero che durante la fase delle indagini, il Pubblico Ministero agisce come promotore di giustizia, e dunque non può essere considerato sullo stesso livello dell’Avvocato, come invece accade nella fase processuale, dove vi è sostanziale parità tra accusa e difesa, è anche vero che questo non giustifica l’esercizio arbitrario del potere d’indagine da parte del Procuratore della Repubblica.
Ma vediamo cosa dice l’art. 200 del codice di procedura penale:

Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria:
[…] b) gli avvocati…; [...]
Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.

La norma afferma che il giudice può sollevare l’Avvocato dal segreto professionale solo se abbia motivo (che dovrà essere esposto nel provvedimento con il quale dispone l’audizione senza la copertura ex-art. 200 c.p.p.) di dubitare circa l’opponibilità del segreto professionale. In tal caso, infatti, dispone gli opportuni accertamenti, e se il dubbio è confermato, ordina al professionista di depositare secondo verità.
Il problema dunque riguarda due questioni: anche il Pubblico Ministero può esercitare – in fase di indagine – il medesimo potere? E la regola vale anche per il difensore dell’indagato/imputato? La risposta è unica ed è piuttosto semplice nei suoi estremi.
Prima di tutto sul punto è necessario citare l’art. 362 c.p.p., che stabilisce che il Pubblico Ministero assume informazioni «dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini». La norma dispone che si applicano le disposizioni degli artt. 197, 197bis, 199, 200, 201, 202 e 203 c.p.p.
Apparentemente, dunque, pare che anche il Pubblico Ministero possa sollevare l’Avvocato dell’indagato dal segreto professionale, per via del generale rimando che l’art. 362 – relativo ai poteri di indagine del PM – opera in favore delle disposizioni sulla testimonianza.
Dico apparentemente. La verità è però un’altra ed è abbastanza ovvia nella sua considerazione logico-giuridica. La norma sul segreto professionale non include l’Avvocato della persona indagata/imputata, ma solo le persone terze (e dunque Avvocati terzi) rispetto al procedimento; persone che in un modo o nell’altro – per i propri incarichi – abbiano informazioni utili per l’accertamento dei fatti. Se così non fosse, si violerebbe pesantemente il diritto di difesa del cittadino, che verrebbe di fatto leso e svuotato dal potere dell’Autorità Giudiziaria di sollevare arbitrariamente l’Avvocato dell’indagato/imputato dal segreto professionale. E non solo. Si violerebbero persino le garanzie di libertà del difensore, che seppure non riferite esplicitamente al segreto professionale, statuiscono in via generale l’intangibilità dell’operato dell’Avvocato a tutela del proprio assistito. Del resto, persino l’art. 99 c.p.p. soccorre, affermando che al difensore competono tutte le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato. E soccorre in ultimo lo stesso art. 200 c.p.p., là dove prevede che il Giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari per accertarne l’infondatezza. Va da sé che è ictu oculi indubbia la fondatezza dell’opposizione del segreto professionale quando si tratta del difensore dell’indagato/imputato, fondandosi direttamente sul diritto di difesa e non su altre ragioni superabili con una valutazione, seppure circostanziata, del Giudice o del PM.
In altre parole, se fosse ammesso che il Pubblico Ministero e il Giudice potessero a capriccio e arbitrariamente sollevare il difensore dell’indagato/imputato dall’obbligo del segreto professionale, il diritto di difesa del cittadino verrebbe frustrato e gravemente compromesso, semplicemente perché verrebbe pregiudicato il rapporto fiduciario tra l’assistito e il proprio difensore, in quanto questi, sollevato da diritto/dovere del segreto professionale, sarebbe costretto a rivelare i contenuti dei suoi colloqui con il proprio cliente, non potendo fare diversamente per non incorrere nei reati di falsa testimonianza o di false informazioni al Pubblico Ministero. In ultimo verrebbe meno la stessa ragione del processo.
In conclusione, una più corretta e coerente interpretazione – aderente come tale ai principi di difesa e di garanzia di libertà del difensore – vuole in modo inequivoco che il potere di sollevare l’Avvocato dal segreto professionale ex-art. 200 c.p.p. non si riferisca al difensore dell’indagato/imputato, bensì a terzi professionisti. Ma se pure fosse ammissibile la tesi contraria (per via della dizione letterale dell’art. 362 c.p.p. e per un’interpretazione fantasiosa dell’art. 200 c.p.p. che non tiene conto dei principi costituzionali a garanzia del diritto di difesa), le motivazioni di deroga devono essere tali e tante da giustificare inevitabilmente l’esercizio del potere ex-art. 200 c.p.p.; potere che in ogni caso spetterebbe esclusivamente al Giudice per le indagini preliminari, nella sua qualità di organo terzo e imparziale.

 

di Martino © 2011 Il Jester 


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