Eccomi qua, dopo un epico viaggio di 24 ore ho fatto ritorno all'ovile. 25 giorni in Myanmar, 8 giorni in Cambogia. Ho scattato un numero spropositato di foto e preso con la penna biro un quaderno intero di disordinati appunti, spero di raccapezzarmici . Non sono riuscita a scrivere direttamente on the road, in Birmania internet non funziona quasi mai e comunque al limite si riesce solo ad accedere alla posta, tutto il resto è inaccessibile, "access denied", chiara drammatica scelta politica del governo in carica e poi francamente la sera ero distrutta, giusto l'energia per caricare e salvare sul mio portatile le foto della giornata, in Cambogia invece non c'è problema con la comunicazione virtuale, ma ormai mi ero organizzata diversamente e con 38 gradi all'ombra, tasso di umidità al 90%, le meningi erano cotte al vapore. Quando la pancia è piena, perché si è fatta indigestione di esperienze, incontri, panorami, emozioni, ci vuole notoriamente tempo per digerire e decantare, la rielaborazione del vissuto non è un processo rapido e mi prenderò tutto il tempo necessario, nel frattempo tento solo un primissimo bilancio a botta calda. Prima di partire le parole di un amico sono state:- questo viaggio ti piacerà da morire- e aveva perfettamente ragione, l'esperienza è stata davvero straordinaria. Mondi che ignoravo totalmente se non attraverso riviste e letture, il mio primo incontro con paesi a maggioranza buddista, grande ricchezza e varietà di paesaggi, etnie, modi di vivere, tradizioni, mentalità, cibi, una sorpresa continua, mi sentivo Alice nel paese delle meraviglie, uno stupore che non è mai venuto meno. E già che ci sono avverto subito Enrico, che non legga queste mie note birmane, saranno troppo mielose per i suoi gusti. So che mi legge per affetto, ci conosciamo da una vita, ma da cinico incallito lui non ama la mia scrittura troppo sentimentale, la vorrebbe più stringata, essenziale, caustica, ma non mi è possibile accontentarlo, questo viaggio mi è piaciuto troppo, trasuderà entusiasmo ed aggettivi da ogni poro.Qual'è la prima cosa in assoluto che mi viene in mente? Che cosa mi sono riportata a casa e nel cuore? Rispondo senza esitare un istante IL SORRISO, e lo scrivo maiuscolo e in grassetto. Particolarmente in Myanmar, più complessa e tormentata la storia della Cambogia, ne scriverò in seguito, mi ha colpito il sorriso. In Birmania tutto è sorriso. Sorridono innanzitutto i Buddha in ogni angolo ed anfratto del paese, migliaia e migliaia di sculture, rappresentazioni e dipinti in pagode, monasteri, nei piccoli altari davanti alla porta di ogni casa, palazzo, capanna o palafitta che sia. Il Maestro Gautama Buddha sorride onnipresente e rammenta ad ogni uomo la strada per liberarsi dal dolore e dalla sofferenza.
Invitano al sorriso i suoi monaci e subito le monachelle rispondono, giovani e bellissime tutte di rosa vestite che una o due volte alla settimana vanno in giro, di casa in casa, di porta in porta raccogliendo umilmente le offerte in cibo dei fedeli, non possono possedere nulla e dipendono dal prossimo per il loro sostentamento.
Sorride la natura in un grande paese dove non manca nulla, altissime vette innevate, colline, altipiani, laghi, fiumi, pianure, foreste primarie, oceano. Uomini ed animali vivono con ritmi scanditi da un orologio che sembra non avere le lancette, ma solo il giorno e la notte, la stagione asciutta e quella delle piogge, il tempo delle semine e quello dei raccolti. Sorridono le donne, spesso non ne capisci la ragione, come se ce ne volesse sempre una. Sembrano sorridere così, semplicemente, per un nonnulla, perché le guardi, perché ti guardano, perché la vita è dura e forse con un sorriso si affronta meglio.
Sorridono i bambini: così diversa la loro infanzia da quella delle nostre parti. Condividono sempre la vita di casa, duro lavoro, e tutti devono contribuire, anche loro. La scuola non è obbligatoria e neppure gratuita, in un paese prevalentemente agricolo per molti ancora un lusso che non ci si può permettere, i maggiori anche se piccolissimi curano i minori, si gioca con niente, un pezzo di legno, il petalo di un fiore, per strada, nei campi, nell'acqua, in mezzo alla polvere.
Squisito, dolcissimo, attento ad ogni nostro bisogno e naturalmente diventato un amico ha sorriso per tutto il viaggio Alex, la nostra guida. Al nostro primo incontro ho pensato che fosse peruviano, appartiene all'etnia Kayah, una delle otto grandi "famiglie etniche" che compongono la popolazione birmana. Tanto per dare una lontana idea della ricchezza umana , pensiamo che si contano 135 sottogruppi etnici, ognuno dei quali ha i propri costumi, tradizioni, credo religioso e patrimonio storico. Cercare un minimo orientamento per comprendere è stato per noi un casino colossale. Da due generazioni Alex e la sua famiglia sono cattolici, 80% della popolazione del minuscolo stato Kayah dove lui vive lo è. I cristiani rappresentano il 5% dei 50 milioni di abitanti. La sua bisnonna era ancora Padaung, questa tribù delle montagne conosciuta per gli anelli che le sue donne portano intorno al collo. Missionari, certosini mi pare di ricordare, arrivati in Birmania nel XIX° secolo hanno fatto il loro solito lavoro di apostolato e conversione, (che ho sempre deprecato), ma hanno rappresentato anche un'occasione straordinaria di educazione ed acculturamento. Alex è andato a scuola nelle loro missioni, ha potuto frequentare l'università, è venuto anche in Italia a studiare e parla un eccellente italiano, impensabile questo suo percorso senza il loro apporto nel contesto isolato nel quale viveva.
Per finire, coinvolta e plagiata dal generale sorriso, anche la mia compagna di viaggio Gastone ha esibito per tutto il viaggio un inossidabile smile colgate. La ringrazio, come sempre è stata una formidabile compagna di viaggio.
Mi sono interrogata a lungo sulle ragioni di questo SORRISO, bellissimo regalo gratuito, modo di essere, approccio al mondo . Credo che la formazione buddista ne rappresenti il perno... Purché resti, a loro, a me, a tutti noi !!
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