Quindi l’affondo: «Pensiamo che la posizione della Commissione Europea non sia stata non costruttiva. Non ha contribuito a realizzare questo progetto, e ora crea ostacoli per la sua attuazione. Perciò, se l’Europa non vuole che lo realizziamo, allora non sarà realizzato», ha spiegato il presidente russo. «Dirotteremo perciò il flusso delle nostre risorse energetiche su altri mercati e l’Europa non riceverà i volumi di gas di cui ha bisogno almeno dalla Russia. Siamo convinti che questo non corrisponda agli interessi economici dell’Europa e che provochi danni alla nostra cooperazione. Ma questa è la scelta dei nostri amici europei» ha concluso, durissimo, con parole che hanno inciso oggi sui mercati azionari: la nostra Saipem, l’azienda dell’Eni che avrebbe avuto un ruolo primario nelle fasi di lavorazione sui fondali del Mar Nero, ha registrato un pauroso ribasso in Borsa.
Col senno di poi, suonano profetiche le affermazioni rilasciate a luglio dall’ambasciatore russo a Roma Sergej Razov, che aveva per la prima volta parlato di un rischio-stop per South Stream a causa dei paletti alzati della Commissione Europea: «Ogni tentativo di bloccare il progetto South Stream potrebbe ritorcersi contro gli interessi economici dei Paesi Ue» aveva dichiarato Razov in un’intervista all’agenzia Rossija Segodnija, aggiungendo che il Terzo Pacchetto Energia applicato al gasdotto «andrebbe a incidere negativamente sul rapporto costi/benefici e sui previsti ricavi dall’investimento, da cui dipendono i finanziamenti concessi dalle banche».
Il gasdotto South Stream era stato progettato per trasportare il gas russo dal Caucaso fino all’Europa occidentale, attraverso i Balcani. Tra gli azionisti del consorzio, oltre alla russa Gazprom (che detiene la maggioranza delle azioni) anche l’Eni (20 per cento). A maggio si era parlato di una cancellazione del “ramo” italiano, che nel progetto originario avrebbe dovuto avere sbocco al Tarvisio: secondo molti analisti, una ritorsione russa all’ipotizzato “congelamento” del progetto South Stream da parte dell’Italia a favore del TAP, il Gasdotto Trans-Adriatico destinato a portare il gas dall’Azerbaigian fino in Puglia, e l’ITGI, il gasdotto d’interconnessione tra Italia, Turchia e Grecia.
Intanto, tra i due litiganti gode la Turchia: «Siamo pronti non solo ad aumentare la capacità del Blue Stream (il gasdotto che porta il gas russo in sulle rive del Bosforo, ndr), ma anche a costruire un sistema di condotte per soddisfare le crescenti esigenze dell’economia turca e – ha sottolineato Putin – se sarà ritenuto fattibile, a creare un hub supplementare del gas per i consumatori nel Sud Europa sul territorio della Turchia, al confine con la Grecia». In sostanza, Ankara farebbe da cavallo di Troia per permettere a Gazprom di consegnare comunque la sua preziosa merce all’originario target di South Stream: una possibilità che fa gongolare Erdogan, al quale non è parso vero poter fare un dispetto ai suoi ipercritici partner di Bruxelles.