E basta Monti contro tassisti e farmacisti. Adesso è arrivato il castigamatti delle lobby, a cominciare da quella più antica, anzi proprio la più antica del mondo e che vanta innumerevoli tentativi di imitazione, con operatori che vanno dalle venditrici di favori sessuali, a poeti di corte, a autorevoli giornalisti, a commentatori sussiegosi, a sindacalisti arrendevoli e così via.
Certo il ddl presentato dalla senatrice del Pd Maria Spilabotte e appoggiato dalla collega di Forza Italia Alessandra Mussolini, che ha dunque il pregio di rappresentare un successo delle larghe intese anche sotto le coltri , un po’ come il matrimonio Boccia De Girolamo e forse anche l’Italicum, concerne solo un segmento di operatori del settore della prostituzione, che per brevità chiameremo le puttane, anche se il termine sarebbe più appropriato per latri target. E regolerà la profittevole attività femminile, che a gigolò, solerti accompagnatori, autisti e massaggiatori tuttofare si accenna appena.
Le due compunte signore non fanno mistero: è un provvedimento necessario in tempi di crisi, di repressione sessuale che assume le forme più improbabili, proprio come la redenzione, morale e fiscale. Patentino professionale, partita iva per pagare le tasse, controlli psico-fisici e la possibilità di prostituirsi in appartamenti sulla base di un permesso comunale, sono alcuni dei punti chiave del disegno di legge. Con una grande attenzione per l’opportunità di allestire luoghi pubblici nei quali è consentito l’esercizio della prostituzione: pensiamo a stand, fiere campionarie, e – perché no? – corsi di formazione, per aggiornare un brand antico ma sempre più attuale convertendo le arcaiche marchette in marketing.
Eh si, è proprio nello spirito del tempo questa lodevole iniziativa che integra misure intese a sanare i bilanci dello Stato, la salute delle operatrici e magari anche qualche rarissima cattiva coscienza, legittimando un’attività in modo che assuma solo un carattere commerciale.
Resta la perplessità, spira una certa incoerenza nelle file del Pd, se si promuove un’azione in controtendenza proprio con il job act. Quello mira a smantellare controlli, regole, sicurezza, certezze, garanzie diritti, prospettive per tutti i lavoratori trasformando definitivamente la forza lavoro in eserciti disordinati e precari, ubbidienti come schiavi a un padronato senza frontiere e senza leggi, quello dell’economia informale, che li potrà trasferire come merci dove e quando vuole. Questa invece, regola e regolarizza, qualcosa che francamente potremmo aspirare che non ci fosse, auspicando un mondo sempre più utopico e inarrivabile dove l’amore non occorre compralo né venderlo, dove i corpi non sono prodotti, dove le relazioni sono libere, volontarie e autodeterminate.
Ma appunto di parla di utopia. E resta in quell’ambito visionario anche l’ipotesi che la discutibile iniziativa, a suo tempo perorata dalla Lega che voleva farle assumere il carattere di una abrogazione della Legge Merlin, pensando anche a un lodevole rilancio del mercato immobiliare sul modello dell’Olgettina magari, quartieri satelliti e new tonw, milano 3 e 4 del sesso, possa in qualche modo nel più riprovevole, infame e squallido mercato delle donne, quello largamente gestito dalla criminalità organizzata e che mette su strada immigrate trascinate in Italia per fame o illuse dal sogno di una lavoro normale, giovani e giovanissime, sottoposte a uno sfruttamento estremo e bestiale, che, proprio in quanto irregolari, sfuggirebbero a oneri e onori della proposta.
E ve le vedete le ragazzine in minigonna nel gelo del raccordo davanti al falò, prendersi un permesso dal pappone e “comunicare presso una qualunque sede delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) presenti sul territorio nazionale l’intenzione di esercitare la professione; corredare la comunicazione di un certificato di idoneità psicologica; il pagamento anticipato, su conto corrente intestato alla CCIAA alla quale si è scelto di effettuare la comunicazione, di una somma stabilita in euro 6.000 per l’esercizio full-time e in euro 3.000 per l’esercizio part-time, specificando tre dei giorni della settimana durante i quali decide di esercitare”? certo, potrebbero anche “costituirsi in una cooperativa per l’esercizio associato dell’attività di prostituzione, assoggettandosi al regime fiscale e previdenziale previsto per legge”, più favorevole. Ma c’è un ma, ovviamente, “l’autorizzazione a esercitare la professione potrà essere rilasciata solo ai cittadini italiani dell’Unione europea o stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale”.
Ecco fatto. Tutto è chiaro, c’è proprio un’indole di chi sta in alto a sprofondare sempre più giù chi è in basso, inanellando ingiustizie su ingiustizie e disuguaglianze su disuguaglianze. Oggi come sempre ci si prostituisce per necessità, perché non si è trovato altro da fare, perché non si hanno avuti a disposizione strumenti sociali, culturali, in grado di garantire il rispetto di sé, perché ci si buca, perché – lo sappiamo bene – si è ragazzine intrise di modelli fuorvianti e poco attrezzate alla dignità. Ma quelle che lo fanno per necessità senza speranza, perché sono schiave del racket o della droga, sono destinate ad essere definitivamente sommerse.
Chi invece resta a galla sono i “papponi”, i protettori, i clienti, quelli che animano il mercato interno quando non possono approfittare della rutilante offerta estera, in quel turismo sessuale del quale rappresentiamo un target d’avanguardia: il 10% dei turisti che vanno all’estero sceglie la meta a seconda della “offerta sessuale”, gli italiani sono in testa a questa classifica e nella maggior parte dei casi cercano esperienze con minori fra i 13 e i 18 anni, a conferma che a noi piace il nuovo che avanza, siano leader, corpi di bambine e bambini, idee che sembrano originali e sono vecchie e squallide come il più antico mestiere del mondo.