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Pyongyang: Guy Delisle in Corea del Nord (con George Orwell)

Creato il 29 marzo 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

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Che cosa pensare di un quarantenne che, andando a Pyongyang, capitale della Corea del Nord, per un soggiorno di lavoro di due mesi, si porta nella valigia 1984 di George Orwell

  1. E’ un incosciente colossale? 
  2. E’ un estremo snob? 
  3. E’ un totale ignorante? 
  4. Conta sul fatto che nemmeno le autorità nord coreane conoscano il romanzo?

La Corea del Nord fa capolino nei nostri giornali giusto per annunci di nuovi mirabolanti vettori balistici, di ulteriori traguardi raggiunti nel progetto nucleare, di scontri, a volte non solo diplomatici, con la Corea del Sud o di un’ennesima carestia. Chiusa verso l’esterno dalla sua nascita, è un esempio quasi unico di dittatura totalitaria dinastica, CoverPyongyangdove, cioè il padre è riuscito a trasmettere il potere al figlio. Fate mente locale: quante altre ve ne vengono in mente?

, fumettista ed animatore canadese si recò durante il 2003 per due mesi a Pyongyang, per seguire i lavori su una serie animata per ragazzi. Nel complicato mondo corrente globalizzato, la Corea del Nord è una nazione isolata, politicamente condannata senza remissione dall’Occidente, ma che, comunque, riesce ad attrarre lavoro, grazie al basso costo offerto. Come l’autore sottolinea, almeno per quanto riguarda l’animazione, molte produzioni occidentali spostano i lavori dalla Cina alla Corea del Nord; registrando questo ennesimo esempio della nostra schizofrenia economico-politica (condannare una dittatura e, contemporaneamente, passarle il denaro per sopravvivere) restiamo curiosi di scoprire la fine di questa corsa al costo minimo.

Pyongyang è il racconto, in forma di fumetto, di quel soggiorno. Lo sguardo di Delisle, che, va sottolineato, non elude il nodo critico rappresentato dalla sua stessa presenza li’, è molto attento, informato ed ha, soprattutto, il grado di ingenuità che gli consente di evidenziare con efficacia i tratti più inquietanti di quel cupo universo totalitario.
E ciò che più inquieta l’autore è non tanto la miseria, o la mancanza di libertà in se’, quanto l’apparente partecipazione della popolazione alla grottesca mitologia del regime, che informa di se’ ogni momento e dettaglio della vita dei nord coreani.

Evidenziamo questa come la suggestione più inquietante, poiché è una questione che si propone bruciante anche per noi fortunati abitatori dell’occidente liberal democratico. Certo, rispetto all’apparente sconcerto dell’autore canadese, noi che viviamo in un paese dove una significativa parte della popolazione rimpiange apertamente una delle più feroci dittature del XX secolo (quella fascista, tanto per chiarire) , in nome non di quello che effettivamente fu ma della sua mitologia, abbiamo forse strumenti e stimoli per meglio capire; ciò non toglie che la capacità del potere di modellare la vita delle persone resti sempre uno dei nodi critici delle riflessioni sul mondo in cui viviamo.
In questo senso, Delisle ci aiuta a ricordare che la tendenza del potere a fagocitare la società non è semplicemente una tentazione resa possibile dalla disponibilità di specifiche tecnologie: è, piuttosto, una strategia di sopravvivenza, che magari userà Echelon per controllare le comunicazioni telematiche, in un mondo informatizzato, ma che userà altri strumenti in contesti diversi. Insomma, il potere tende a controllare la società in cui si esprime ed utilizza gli strumenti a sua disposizione. Strumenti che, in fin dei conti son sempre i soliti: controllare l’educazione, l’informazione, la distribuzione della ricchezza.

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I due mesi di soggiorno di Delisle furono densi quanto possono esserli due mesi a Pyongyang: il tempo libero dal lavoro trascorre fra visite più o meno obbligatorie ai monumenti del regime, alle grandi opere intese a dimostrarne la suprema padronanza della tecnologia, ai musei in onore di Kim Il Sung (morto nel 1994 ma “Presidente Eterno della Repubblica“), del di lui figlio ed attuale dittatore Kim Jong Il e della dottrina di Stato, Juche, che il traduttore chiama Autosufficienza ma che, più efficacemente, avremmo tradotto con Autarchia, dottrina omologa da noi propalata dal fascismo durante il ventennio.
La piccola comunità occidentale, formata da rappresentanze diplomatiche e di organizzazioni non governative, che vive, o sopravvive, nella capitale nord coreana, diventa una sorta di oasi, dove ricalibrare periodicamente il senso della realtà, che rischia di smarrirsi nelle giornate che si immaginano plumbee (da paese del blocco sovietico nella stagnazione Brezneviana) passate a scoprire nuove accezioni di volontariato e divertimento, p3tipo pulire le autostrade con falcetti o innaffiare prati con i secchi. Le delegazioni diplomatiche sono raccolte in una cittadella inaccessibile ai cittadini nord coreani; questa separazione fisica, unita all’obbligo fatto agli stranieri di avere sempre una guida al seguito nei propri spostamenti, contribuisce all’obiettivo del regime di evitare qualsiasi contatto fra i cittadini e gli stranieri. Come in tutte le dittature, il contatto con l’altro è considerato contagio tout-court.

Come avrete capito, Pyongyang racconta un mondo orribile, un’epifania di tutte le nostre paure politiche. Ebbene, Delisle, per comunicare la realtà di questo incubo, ha scelto il tono del grottesco. Scelta efficace, che nasce non da un provincialismo supponente (tipo: “guardate quegli orientali selvaggi“), bensì dalla consapevolezza che quel mondo rischia di essere non dicibile o non credibile o troppo spaventoso, se raccontato in altro modo. Da una parte, allora, il grottesco riduce l’incubo a qualcosa che può essere affrontato, dall’altra lascia spazio alla speranza che un simile mostro non sia immortale, poiche’ il ridicolo, alla fine è destinato a crollare su se stesso.

Ora, alla fine di questa recensione, ci sembra di aver trascurato un punto fondamentale, per qualsiasi appassionato di fumetto: Pyongyang è scritto benissimo! Il senso del ritmo che si esprime in ogni tavola si rifà spesso a quello delle strisce (un esempio emblematico lo trovate nella tavola 84, ultima riga!): in entrambi i casi, non si cercano composizioni estrose, ma una cadenza ed un gioco di equilibri basato su figure, espressioni e battute. Cosi’, le sospensioni dei momenti di stupore, di riflessione o di quiete, sono sempre collocate con sapienza, apparentemente per distendere la narrazione, in realtà per accumulare nuovo materiale e definire il contesto di lettura per le pagine successive. p1Sapendo del mestiere di animatore dell’autore, non fatichiamo a trovare indizi di quella professione nella costruzione di molte scene, ma più spesso ci troviamo di fronte al reportage illustrato: tra le tante, l’illustrazione della capacità del regime di controllare capillarmente gli aiuti umanitari dà un ottimo esempio del suo stile (tavole 46 e 47: veri gioielli).

Rispetto al mondo attorno a se, Delisle si pone piuttosto come occhio ed osservazione, che come registratore. Le parole dei nord coreani sembrano uscire da un manualetto o da un catechismo, spesso così spiazzanti da obbligarci a riflettere, pena il ridurci a voyeurs in cerca di curiosità esotiche; vediamo le strade (ampie e vuote), i paesaggi, le costruzioni, i personaggi in soggettiva; e quelli scorrono attraverso le pagine accompagnate da annotazioni, che diventano via via più pensose e sempre meno distaccate.
In conclusione, Delisle in Pyongyang utilizza un’apparente leggerezza per far emergere i tratti più inquietanti di una società che ci piace pensare lontana ed isolata, ma con la quale, alla fine, collaboriamo, e che, si ha l’impressione, rappresenta il sogno realizzato di qualsiasi potere.

Come scrive l’autore (tavola 76):

A un certo livello di oppressione poco importa che forma prende la verita’, perché in fin dei conti più è enorme la menzogna, più il regime dimostra i propri poteri.

P.S.
Tornando alla domanda iniziale, lo stesso autore ci fornisce la risposta, che e’, sostanzialmente, la numero 2 (per controllare, andate alla tavola 40).

Abbiamo parlato di:
Pyongyang
Guy Delisle
Traduzione di Francesca Martucci
Rizzoli/Lizard, 2013
184 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00€
ISBN: 9788817064125

Riferimenti:
La Corea del Nord su Wikipedia: it.wikipedia.org/wiki/Corea_del_nord.

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