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Qual'e' il massimo comune denominatore tra africa e rivolte?

Creato il 30 gennaio 2011 da Alessandro @AleTrasforini
L'infinita onda di proteste che si stanno verificando in questi giorni e che si sono progressivamente allargate a macchia di leopardo in tutto il continente africano possono e devono far riflettere profondamente, anche qui.
Quale può essere l'opinione di un esperto in analisi politiche e sociologiche? E' questo il fulcro della dettagliata analisi elaborata da Pino Arlacchi in un articolo, riportato sul numero odierno de L'Unità.
Deputato europeo e considerato a livello mondiale una tra le massime autorità in tema di sicurezza umana, ha saputo dipingere un quadro preoccupante ma, al contempo, pieno di speranza per quel che riguarda i fiumi umani di proteste attualmente in corso.
Se ne riporta nel seguito qualche, significativo, frammento:
"La prima cosa da tener presente sui movimenti di protesta che stanno scuotendo il mondo arabo è che non sono una passeggera turbolenza ma riflettono sconvolgimenti profondi. [...] Le ribellioni di questi giorni in Egitto, Tunisia ed altrove, d'altra parte, sono il seguito di manifestazioni dello stesso tenore che avvengono da anni senza che i media occidentali si siano degnati di occuparsene, e dureranno ancora, al di là degli alti e bassi, nel prossimo futuro.
La radicalità di questi movimenti deriva dal materiale umano che li anima. E' una rivolta di giovani delle aree urbane, relativamente ben istruiti, non sposati.
Soggetti che hanno largo accesso all'informazione, e hanno perciò una coscienza molto acuta dei loro diritti di base. Vogliono la democrazia e lo sviluppo perchè sanno che altrove sono queste le chiavi del benessere e dell'equità sociale. [...] questi giovani hanno ben poco da perdere [...]Folle di giovani incazzati ed emarginati hanno buttato giù imperi e governi, fatto e disfatto teocrazie, fondato nuovi stati, colonizzato continenti, creato e distrutto civiltà. [...] Superato un punto di rottura, le masse di giovani senza lavoro e senza futuro scendono in piazza e tentano di rimuovere collettivamente gli ostacoli che ciascuno di loro non riesce più a superare con l'arrangiarsi personale. Questo punto di rottura può derivare dalla pura crescita demografica, oppure può nascere dalle crisi economiche, da eventi traumatici esterni o da effetti imitativi. Oppure può essere generato da tutti questi fattori messi assieme, [...]
Quale è e quale sarà la reazione delle oligarchie di fronte a questa ondata di protesta? In passato, lo strumento più efficace di risposta a queste minacce non era la repressione, o lo sterminio fisico degli oppositori, ma la guerra. Quando un regime si rendeva conto che il malcontento popolare stava per raggiungere il livello di guardia, lanciava il suo Paese in uno scontro militare che non era altro che un massacro tra due concentrazioni di giovani.
La guerra, secondo uno dei suoi più grandi studiosi, Bouthoul, non è altro che un modo per eliminare l'eccedenza della classe più pericolosa di ogni società: i giovani appena usciti dall'adolescenza ed in cerca del loro posto nel mondo. [...]
Il compromesso con le domande giovanili e popolari viene anticipato in questi giorni dai governi della Siria e della Giordania che stanno discutendo pacchetti di misure di aiuto sociale. [...]
La strada della repressione è la più rischiosa perchè si può rivoltare contro chi la imbocca. [...]
Ma l'uso della violenza contro i proprio cittadini è anche una strada senza uscita. Significa l'isolamento dalla società internazionale e dal suo sostegno politico ed economico.
Significa postporre un problema che è endemico, che si ripresenterà più forte di prima, e che può essere risolto solo con la democrazia."
Il sonno della ragion delle oligarchie, soprattutto nella società moderna intimamente e mondialmente connessa, è capace di generare mostri. Laddove un barlume di coscienza civile sia disposto a risvegliarsi, non c'è più spazio per qualsiasi ingiustizia.
QUAL'E' IL MASSIMO COMUNE DENOMINATORE TRA AFRICA E RIVOLTE?

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