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Qual è il senso della vita? Ti faccio un disegno.

Creato il 15 novembre 2013 da Plus1gmt

Succede raramente, ma succede, che poi li prendi uno ad uno – la gente, intendo – magari proprio in un giorno in cui sei di buzzo buono perché è venerdì e anche se piove pensi che singolarmente qualche margine di miglioramento ci sia. Siamo sempre anni luce dalla fiducia nel genere umano, sia chiaro, ma ti immagini che ogni individuo inscritto nel contesto più adeguato abbia qualcosa da dare. Te lo figuri nell’ambiente che gli somiglia di più a svolgere l’attività in cui è più bravo, magari raccontato dalle parole di un valente storyteller o mentre parla in un video di quelli che usano adesso, lui che ispirato si rivolge a qualcuno che non si vede fuori campo scalando congiuntivi a strapiombo e dietro lo sfondo di casa sua. Mobili Ikea volutamente sfocati, un gatto appisolato nei pressi di un calorifero, una stampa dozzinale sulla parete arancio dipinta in spugnato, una lattina vuota di una bevanda di quelle che ti danno la scossa con un fiore finto dentro che fa il paio con quello sul cruscotto di una Mini, una Cinquecento, un Maggiolino che riposa nel garage.

A questo proposito, e lo scrivo giusto perché quello che sto per dire non c’entra un cazzo ma così sembra che abbia un po’ di attinenza con quanto detto sopra, osservavo con sentita ammirazione un progettista utilizzare un software di modellazione tridimensionale, mi riferisco all’evoluzione dei programmi di ingegnerizzazione che adesso non si basano più su superfici piane ma mettono a disposizione sistemi per vedere oggetti e ambienti nella loro interezza virtuale. Così mentre questo ingegnere mi mostra un prototipo di una componente meccanica in 3D sulla sua workstation e lo muove e lo rivolta come un calzino zoomando fino al millesimo del millimetro, dentro e fuori, da solo e come renderà una volta assemblato con il resto delle parti che andranno a costituire la macchina su cui lui e i suoi colleghi stanno lavorando – e che andrà in Cina, particolare non trascurabile – penso a tutte quelle donne e quegli uomini, quelli di cui sopra dicevo che se presi singolarmente magari hanno un loro perché, come si sono stabilizzati ora nel loro modo di relazionarsi tutto veicolato da dispositivi di trasmissione e ricezione delle emozioni.

Ognuno di loro, e mi ci metto anche io ma solo perché oggi sono più buono del solito, ogni individuo elabora in ogni istante in cui impugna il suo megafono digitale touchscreen un modello virtuale delle conversazioni per anticipare poi come renderanno nella realtà. L’impatto di una parola piuttosto che un’altra nell’ambiente in cui verranno liberate, le interferenze che possono generare attriti nelle relazioni e grazie al prototipo virtuale si riescono a limare le intenzioni prima di usarle, con il sistema che evidenzia le zone a rischio da eccessivo carico. Se il layout delle conversazioni stesse può integrarsi con tutto ciò che ci sarà intorno una volta che il rapporto che dovrebbe trarne giovamento prenderà forma. Ecco, il mio contributo di oggi è che la vita è un ufficio tecnico, non siamo più fabbri del nostro destino ma poco più che disegnatori CAD®.



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