Ogni tanto tradiamo i social media, e lo facciamo come Giuda, baciandoli sulla guancia, dimenticando la motivazione della nostra scelta e perdendo il senso della loro natura.
Quando pensiamo di costruire la nostra presenza on-line con un budget irrealistico, tirando giù sul prezzo del sito che incorpora il blog e magari anche una piattaforma di e-commerce o di popolare la pagina di Facebook con un sistema semiautomatizzato che ci garantisce likers in target. Ah ah ah…
Quando pretendiamo risultati in pochi mesi, a fronte di contenuti irrilevanti per i potenziali consumatori e magari anche abbinati a considerevoli barriere di ingresso sul nostro sito che presenta una usabilità vintage anni ’90. Vedi sopra.
Quando pensiamo che possiamo farlo in casa, con un pugno di stagisti che bloggano a poco prezzo e un social media manager che chiamiamo come un pizza delivery. Tempo e denaro sprecati, reputazioneonline così così, ma grande frustrazione per una cosa che ovviamente non funziona. E di chi è la colpa?
Quando, come quelli che la sanno lunga, ci dimentichiamo di ascoltare la rete, perché non abbiamo tempo che ormai dedichiamo a preparare la prossima conferenza o scrivere delle social media policy su come usare Twitter. Che non abbiamo usato da una settimana.
Quando pensiamo che i social media siano un media-buy, qualcosa che si può acquistare come un banner pubblicitario e un video virale sia uno spot che fa ridere e che costa meno. Un albero che cade nella foresta.
Quando riusciamo ad andare in TV, magari per un servizio giornalistico, qualche minuto di gloria e pensiamo “ce l’ho fatta, questa è la mia miglior campagna, non ho bisogno del web 2.0, che è pur sempre un ripiego perché non ho abbastanza budget per fare lo spot”. Un vero bacio di Giuda.