Ci si finisce sempre, non importa con chi si parli. “Qual è la peggior cosa che hai mangiato?” era una domanda a cui una volta era facile rispondere: merda. Sì, perché è capitato, quando mi trovavo in Vietnam, che un uomo di nome Roth mi passasse un pezzetto di dolce tradizionale che mi indicava come cioccolata vietnamita. Cioccolata vietnamita molto buona, per dirla tutta. Non era male in effetti, ma tra gli ingredienti c’era il letame di mucca, cucinato così a lungo da perdere l’odore. Ma davvero, non era così male.
Il fatto è che dopo il Vietnam ci sono stati un po’ di altri paesi sulla mia strada ed avendo ognuno di questi una sua caratteristica cultura culinaria, la classifica ha subito nel tempo delle modifiche. Gli insetti in Thailandia non sono mai saliti molto in alto, che fossero cavallette o larve di api, credo perché fossero fritte, e fritte, in fondo, sono buone anche le scarpe di mio nonno. Molto male mi avevano parlato anche del durian, un frutto giallo dalla buccia spigolosa che è vietato in molti hotel asiatici per il suo odore che si dice peggiore di un tombino aperto, ma anche lì, se fosse stato in cima ad una classifica, sarebbe stata una classifica veramente povera.
Mi dovevo impegnare di più. Quando sono arrivato in Cina avevo già da qualche tempo rinuciato alla carne divenendo un seguace di questa nuova cosa del vegetarianesimo e quindi le possibilità di trovare un piatto veramente atroce erano scarse. In realtà le possibilità di trovare un piatto erano scarse. Quando ho trovato un uomo che vendeva le famose uova bollite nell’urina di bambini mi ero quasi emozionato, ma poi ho scoperto che erano nient’altro che comuni uova stagionate nel tè. Anche queste, non erano male.
In Cambogia avevo provato del serpente, del coccodrillo, delle rane alla griglia e altre bestie che non avrebbero meritato di morire se solo avessi saputo che sapevano tutte di pollo. Forse erano davvero solo pollo e io ero davvero solo un altro turista. A quel tempo non mi era così chiaro. Sono dovuto arrivare in Kyrgyzstan, dove ho dovuto fare i conti con l’unico ingrediente a disposizione: grasso di montone vecchio. Era in tutto, negli involtini, nel riso, nel pane. Grasso colante, puzzolente e soprattutto grasso. Avevo fatto un passo avanti, ma il vero competitore per la testa della classifica era la bevanda nazionale del Kyrgyzstan, ossia il latte di giumenta fermentato, servito in scodelle da zuppa. Una specialità. Al gusto era acido, aveva una consistenza strana, un po’ frizzante, e se ti andava male era anche alcolico. Sarebbe stato imbevibile se fosse stato uno shottino, ma quando entri in casa di qualcuno, da quelle parti, almeno un paio di litri vanno accettati. Dici anche grazie.
Alle sei di una mattina fredda, sempre da vegetariano, ho ingoiato una colazione a base di cervello, lingua e piede di capra bollito che è stata irrifiutabile, in Iran, pessima quasi quanto lo yogurt salato alla menta che è sempre di accompagnamento, ed è stato a quel punto, ormai quasi a casa, che mi sono trovato a fare i conti con ciò che negli ultimi anni avevo mangiato. Cosa era davvero la cosa peggiore? La torta di merda? Il latte di cavalla fermentato? Le larve di api? Un Big Mac? No, la vera vincitrice era sempre stata una e per quanto sforzo si potesse impegare a trovare un alimento più temibile, non c’era niente che poteva veramente competere con lei, la Vegemite.