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Qualche buona ragione per (non) andare in Islanda

Creato il 11 giugno 2013 da Nonsoloturisti @viaggiatori
In più di uno mi dite: e se ci andassimo adesso, in Islanda, ora che hanno dichiarato bancarotta eccetera eccetera?

Ed io a tutti voi rispondo: fate pure, miei cari – e cinici – amici. Ma attenti: non troverete l’eleganza patinata e malinconica di Bjork e dei Sigur Ros, quella è solo illusione salottiera e modaiola. Preparatevi invece ad un tristo deserto alieno (e infatti ultimamente ci hanno girato sia “Prometheus” che “Oblivion”) fatto di roccia, vapori, ghiaccio e sabbie nere, dove oltretutto non c’è quasi mai campo per il cellulare e dunque non potrete fare i ganzi instagrammando, postando e condividendo come tanto vi piace. Quanto poi alla bancarotta, facciamoci un po’ due conti: la prima volta che ci sono andato, nel 2001, i prezzi erano circa il quadruplo dei nostri: e infatti potetti permettermi una brandina in un sottoscala al costo di un quattro stelle, mentre a tavola bevevo birra d’orzo sborsando come per un nostro vinello DOCG. Oggi noi abbiamo l’euro e loro la bancarotta, i nostri prezzi sono raddoppiati, i loro si sono dimezzati causa crisi… Insomma è facile: spenderete esattamente come a casa, proprio nulla di nuovo, e tanto meno per noi che, con il caroeuro, l’ineffabile esperienza di venire spennati alla stregua di turisti sprovveduti la viviamo già a casa ogni giorno!

Ah, ma ne abbiamo parlato, e proprio con la TV islandese, quando mi ha intervistato, al mio secondo approdo sul’isola di ghiaccio e di fuoco: era l’estate del 2009, ed eravamo sul molo di Seidysfiordur, dove, solcando intrepido l’oceano tempestoso, ero appena sbarcato da una nave giunta dalle isole Far Oer insieme con altri squattrinati saccopelisti, alpinisti, ciclisti e motociclisti. Nello scenario indimenticabile delle rocce vulcaniche spruzzate di neve, in un’aria così gelida e limpida da darti la sensazione di poterla toccare, sotto un cielo terso di un azzurro accecante, solcato da centinaia migliaia milioni di pulcinelle di mare sfreccianti in volo radente tutt’intorno a noi, la giornalista voleva conoscere una mia valutazione, da turista straniero, dei loro ultimi livelli di prezzi, con particolare riferimento a quello di un maglione lavorato a mano che stavo proprio in quel momento provando in un negozio di souvenir. Con lo sconto, direi un po’ meglio che in Italia, mi sono ritrovato a risponderle come mai avrei immaginato anni prima. Peccato che poi mi andasse stretto, il maglione. No, non è che sono grasso io, forse ho spalle e torace un tantino larghi, ecco tutto, e comunque loro li fanno sempre proprio stretti così, i maglioni, non ci puoi fare nulla.

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Dicevamo dei cellulari: lo sapevate che i telefonini islandesi hanno numeri di sole cinque cifre? Semplice, no? Un po’ meno semplice vi risulterà la consultazione degli elenchi del telefono, e non solo per i ricorrenti nomi da “Signore degli Anelli”. A proposito, ve lo dirò una volta per tutte: si dice Réykjavik, con l’accento sulla “e”, e non Reykjàvik con l’accento sulla “a” che è una brutta parola. Tornando a noi, l’elenco telefonico islandese lo troverete particolarmente ostico perché, con i suoi patronimici medievali vichinghi, è ordinato per… nomi di battesimo. Proprio così. Se, per esempio, voi volete chiamare Thor Olafson – e badate bene che si tratta sicuramente soltanto di un omonimo del mitico Thor – dovete andarvi a vedere tutti i Thor della città fino a scovare quel figlio di… Olaf, Thor Olafson appunto. E fin qui tutto sommato è ancora fattibile, perchè centri abitati degni di tal nome ce ne saranno tre o quattro in tutto, e la seconda città dell’isola, Akureyri, sarà poco più grande di Altavilla Irpina, così tanto per darvi uno standard di riferimento internazionale. Ove però cercaste invece per caso sua sorella, sappiate allora che il patronimico cambia, e la signora o signorina – chiamiamola Christine tanto per essere vaghi – farà Olafsdottir, cioè la figlia femmina di Olaf. Chiaro?

Come dite? La sorella… cioè le donne? Alle solite, brutti maschilisti che non siete altro! Ma sì che sono bionde bionde bionde, con gli occhioni blu e le treccione arrotolate sulle spalle e sul seno, un po’ burrose forse, ma se vi piace il genere… E poi bevono. Certo, anche gli uomini bevono, se è per questo, ma il problema è che gli uomini, dopo bevuto, e capita spesso, delle loro donne si interessano decisamente poco. E qui pertanto potrebbe teoricamente entrare in gioco l’astuto e sobrio italiano. Occhio però, che non è così facile come sembrerebbe, perché intanto matematicamente più di qualche goccetto non avrete potuto fare a meno di scolarlo anche voi, e perciò le brutte figure sono sempre in agguato! Anche perché quella è gente dall’inventiva, come dire… vulcanica!

E pensateci un po’, alle loro belle uscite di questi ultimi anni: prima la bolla scoppiata dei conti inglesi e olandesi, poi il risultato del referendum che si oppone alle istanze di risarcimento avanzate dai loro governi, e nel mezzo la clamorosa eruzione dell’Eyjafjallajokull che oscura i cieli di mezza Europa (e principalmente quelli degli aeroporti britannici… ah, ma allora è proprio una persecuzione!). E per finire in bellezza, Jón Gnarr, attore comico professionista nonché sindaco in carica della capitale, che si presenta a votare alle urne mascherato da Obi-Wan Kenobi.

E voi che volevate fare i simpatici sperando di rimorchiare… ma fatemi il piacere, che non potete proprio competere!


L'antiviaggiatore

L’antiviaggiatore

La redazione di NST ama definirmi un “viaggiatore d’altri tempi”, e non si può dire che abbia tutti i torti: a cinquant’anni suonati, ho fatto in tempo a vedere un bel po’ di mondo com’era, appena prima che si trasformasse in quello di oggi. Questo mio prezioso bagaglio di viaggi “vintage” mi ha aiutato a costruirmi una personale filosofia di viaggio con la quale mi ostino ad interpretare i cambiamenti che sperimento in giro per il pianeta.

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