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Qualche dubbio sul parlare di un “metodo Boffo” per il caso Marcegaglia / Premessa
Creato il 11 ottobre 2010 da MalvinoSenza l’esatta comprensione di cosa davvero muovesse il caso Boffo era inevitabile che l’attenzione andasse tutta al direttore di Avvenire e al direttore de il Giornale, alla Cei e a Berlusconi, alla tenuta delle relazioni tra la Santa Sede e il centrodestra, addirittura a temi alti come la privacy e la libertà di stampa. Col passare del tempo, invece, si è fatto sempre più evidente che Boffo e Feltri abbiano avuto solo il ruolo di pedine in una partita che si andava giocando, e ancora si va giocando, tra Cei e Santa Sede, il primo come obiettivo sensibile dei ruiniani, il secondo come ignavo strumento dei bertoniani. Già il 3 settembre 2009 mi sembrava che “chi ha scritto quella pagina [l’informativa che accompagnava il certificato del casellario giudiziario di Terni] è senza dubbio un volgare galoppino di arcivescovato”. Ci sono tornato sopra fino ad alcuni giorni fa, quando ho scritto che “il Giornale fu usato nella partita dell’Istituto Toniolo”.Cosa è accaduto realmente? In breve. Con l’arrivo di Bertone alla Segreteria di Stato, la Santa Sede decideva di riprendere il pieno controllo del Toniolo e dell’Università Cattolica, che col suo predecessore erano finiti in mano a Ruini. Era il 2002 quando l’allora presidente della Cei era riuscito a piazzare Ornaghi al rettorato dell’Università Cattolica e fu considerato un colpo di mano. L’anno dopo, travolto dallo scandalo che lo rivelò cocainomane, Colombo fu costretto ad abbandonare i vertici del Toniolo. I ciellini di Ruini avevano preso il posto degli ex democristiani di Sodano: era guerra per bande e ogni mezzo era lecito, anche se sporco.Si trova una spiegazione delle dimissioni di Boffo, altrimenti anche adesso senza solide ragioni, solo a leggere in questo modo il plico anonimo fatto arrivare a Feltri, dopo che averlo inviato a tutti i vescovi non aveva sortito effetto: le due bande non potevano mantenere in campo pezzi indeboliti. “Feltri non si illuda – scriveva Boffo nella sua lettera di dimissioni – c’è già dietro di lui chi, fregandosi le mani, si sta preparando ad incamerare il risultato di questa insperata operazione”; e ancora: “Io sono, da una vita, abituato a servire [chi] ha altro da fare che difendere a oltranza una persona per quanto gratuitamente bersagliata [e che] potrà sempre in futuro contare sul mio umile [ma da oggi in poi] nascosto servizio ”.Ciò detto, è corretto parlare di “metodo Boffo” nel caso Marcegaglia? Solo a ipotizzare che in Confindustria sia in atto una guerra per bande e che anche stavolta il Giornale sia stato scelto come strumento sicuro per colpire la fazione avversa. Può darsi, non si può escludere. Ma il fatto che Feltri abbia fatto marcia indietro – che abbia preferito far credere che il dossier sulla Marcegaglia fosse solo una scherzosa millanteria di Porro – più che alla telefonata di Confalonieri è dovuto all’aver finalmente capito di non essere mai stato il regista del “metodo Boffo”, tutt’al più l’attore principale, il killer sul quale si può contare a gratis. Me ne faccio convinto dopo L’Intervista Barbarica dello scorso venerdì, della quale converrà parlare a parte.
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