Magazine Diario personale

Qualche volta devi tornare

Da Nuvolesparsetraledita

Vanessa Katrin - Paesaggio di campagna

La solita strada che conosci a memoria, ne sai le curve, gli avvallamenti, le lunghe tratte dritte; sai il passaggio a livello in curva, seminascosto dai pioppi, sai le buche dell’asfalto, la ghiaia sul bordo, i paracarri di plastica che ormai hanno sostituito quelli antichi in pietra.

Una strada che hai percorso tante volte,  e l’auto viaggia quasi da sola: sei superflua – al volante – tu.

I paesi con i campanili che svettano sulle case bianche e gialle dai tetti rossi, gli alberi a segnarne i confini e a separarli; non stiano troppo vicini, qui in Langa, i paesi: ci sia almeno un ponte, un fiume, un campo di granturco, una vigna. Ci sia almeno un bosco e un prato, una distesa di ghiaione, un noccioleto da attraversare.

Una campagna che conosci da sempre, e lo sguardo trova da solo i luoghi su cui soffermarsi: qualche volta devi tornare.

I rimpianti, che brutte parole. Sono piccoli insetti neri con innumerevoli zampette svelte che corrono sotto la pelle e non lasciano requie,  non liberano mai  il respiro.

Hanno il sapore dei  fiori di loto, intriso di oblìo. Il presente manca, si sfa, svanisce, quando i rimpianti corrono lesti sotto la pelle  e fanno prudere le dita.  Si annidano sotto gli occhi per farli lacrimare senza una ragione, poi scendono in gola e formano un nodo che non va giù.

I rimpianti sono brutte parole, sono neri insetti dal sapore di oblìo, ma vivono del residuo dei ricordi, bevono gocciole di rimorsi.

Due schiere di case ai lati della strada: costruzioni senza un senso apparente, tutte disuguali. Il mulino nuovo ormai vecchio e in disuso, la panetteria che non vende più pane ma schedine del grattaevinci, macelleria tabacchino ufficio postale aperto due ore tutti i giorni poi basta.

Un paese in piano fra le colline, i campi, le strade asfaltate, la calura di fine estate; la fiera unica occasione di festa: bancarelle come tutti gli anni, il venditore di zucchero filato, il giocattolaio, l’uomo dei palloncini, il ragazzo con il pony –  venite, venite, il giro del paese con cinque euro – e la vecchia signora che tutte le volte non ti riconosce e ti chiede di chi sei figlia.

Dietro l’angolo dopo l’ultima bancarella che vende cera miele frutta di campagna e marmellata, appoggiata al muro di mattoni della casa costruita dalla cooperativa con pochi danari ma molte speranze, riconosci il suo sorriso buono nel volto abbronzato. I capelli bianchissimi brillano al sole del tardo pomeriggio; la stessa statura, il corpo massiccio, le mani grandi, quelle braccia forti.

Ti fermi, lo guardi, ha accanto due bimbe vestite di rosa e di giallo – tre e cinque anni, più o meno  – che lo precedono  impazienti. Si ferma, ti guarda: forse quarant’anni si cancellano in un balzo; quasi una vita intera si annulla, una vita che hai vissuto altrove mentre lui sempre qui.

Il tempo si blocca, si riavvolge, poi torna a passare; le due  bambine ti guardano curiose, ascoltano senza capire questo ritrovarsi straniante di parole anch’esse senza senso apparente, poi lo tirano forte: – Andiamo, nonno, andiamo sulle giostre!

– Ti avrei reso molto infelice, gli dici.

–  O forse molto felice, risponde con il suo sorriso buono nel volto abbronzato.

La mano grande, dal palmo calloso, ti sfiora appena una guancia; riprende le bimbe e subito dopo non c’è più. E tu, che qualche volta devi tornare, adesso ti fermeresti ma è passato quel tempo: ti manchi, ormai, ti manchi così tanto che neppure senti nostalgia.

Vanessa Katrin - Paesaggio di campagna

Quadri di Vanessa Katrin, da qui

La sostanza dove io manco

La sostanza dove io manco è tutta avvolta nella coperta
di lana. Di quelli che più volte ho toccato ricordo le
mani le facce le pance le voci le pettinature. Mi stanno
aiutando.

(Enigma: io sono la mancanza – la mancanza che sono
– sono ciò da cui manco – sono tutta mancanza – e non
c’è nostalgia – neppure lontananza – essendo ciò che
manca – adesso e sempre – io)

Mariangela Gualtieri

Dedicato in parte a Piero, e al suo Rimpianti .
Lo giuro, Vostro Onore, il post era già pronto da diverso 
tempo, ma non avevo avuto il tempo di cercare dei dipinti 
che me lo rappresentassero come volevo.
Sono sincera, Vostro Onore, non ho copiato.
Le idee, però, sono nell'aria, sono nuvole lievi che si 
incagliano tra le dita, poi si spargono e qualcuno - chissà 
chi, chissà dove, le vede e le riacchiappa. 
Magari molto lontano, Vostro Onore: si trovano molto lontano 
da dove sono partite.
Mi è già capitato con Massimo, con questa poesia, e con 
Sherazade, che mi ispira sempre molto.
Per favore, non mi condanni: 
il poeta è colui che ispira ben più di colui che è ispirato.
 (Paul Eluard).
Vostro Onore, gli creda, non lo dico io!
Per favore, non mi condanni!

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