Insetti sconosciuti emettevano un sommesso ma insistente stridio; o piuttosto qualcosa di simile a un frullar d’ali, il suono che potrebbe produrre la terra se rotolasse al buio nel silenzio più assoluto. Le luci dei palazzi splendevano. Non erano troppo reali e vicine perché fosse possibile toccarle. Come buchi praticati nella notte, facevano trapelare la luce di un altro mondo, più animato. Immaginai per un momento di essere un fantasma, e camminare all’infinito in un silenzio più profondo del silenzio, cogliere, ma senza mai raggiungerle, le luci di casa.
Una casa alla fine del mondo, Michael Cunningham