Qualche giorno fa in libreria afferro Qualcuno con cui correre: immagine di copertina allettante (la foto di Maria McGinley), sinossi convincente e autore che credevo andasse scoperto; lo compro, lo leggo e lo trovo banale. Ma si sa, la delusione è tanto più forte quanto più le aspettative sono alte.
David Grossman è uno scrittore di bestseller e si vede (o, per meglio dire, si legge). Stile asciutto, paratattico, studiato: talmente anonimo che non m’ha comunicato granché. Fosse solo questo il problema, non ci sarebbe troppo da ridire, ma è la trama ciò che lascia veramente a desiderare. Due adolescenti di Gerusalemme,Tamar, sensibile e tenace al tempo stesso, e Assaf, tipico sedicenne impacciato e “sfigato” che compie un prevedibile level-up nel corso della storia (insomma, i classici personaggi da teen drama), sono legati da un filo invisibile, pur incontrandosi solo nella parte finale del romanzo: Assaf, deciso a ottemperare al proprio dovere consegnando al proprietario il modulo della multa per l’abbandono di un cane (Dinka, nei fatti il personaggio più riuscito), rincorre per tutta la città la padroncina Tamar ficcatasi in una situazione più grande di lei, e nel corso dell’inseguimento si fa largo nel suo animo un sentimento nuovo (sì, un’attrazione sottile per una ragazza mai incontrata prima, della serie: succede solo nei film – o nei libri mal riusciti).
La storia di Tamar e Assaf e delle decine di personaggi che ruotano loro attorno potrebbe essere anche interessante, se non fosse che tanto i protagonisti quanto le comparse sono tracciati con una tale superficialità e un così scarso approfondimento psicologico da risultare del tutto “irreali” ai miei occhi. Insomma, no, mi rifiuto di credere che nel mondo esistano due adolescenti così banalmente “speciali” come loro, descritti da un Grossman che ha attinto senza fatica a tutta una serie di luoghi comuni sui giovani d’età compresa fra i 14 e i 16 anni. E poi, mi chiedo: ma caro Grossman, dal momento che hai scritto una storia il cui finale è prevedibile sin da pagina 135 dell’edizione Oscar Mondadori, perché non hai invece puntato l’attenzione su personaggi più interessanti cui hai dato spazio solo inizialmente (suora Teodora, Leah, Matzliah che fa una rivelazione senza senso ai fini della storia) raccontandoci qualcosa di più sul loro conto o, quantomeno, facendoci sapere che fine fanno prima dello scontato happy ending? Perché dare spazio a così tante figure senza approfondirne davvero neanche una?
Altro punto debole, a mio modesto avviso: la struttura del romanzo. Da un paragrafo all’altro si salta dal presente di Assaf al passato recente di Tamar, in un andirivieni che alla lunga storidsce. Forse è per questo che ho trovato la seconda parte, quando i piani temporali diventano uno, decisamente migliore della prima.
Mi rendo conto che, tutto sommato, Qualcuno con cui correre può essere per molti un romanzo a un tempo avvincente e delicato, ma non è la mera storia fine a se stessa che io chiedo a un libro. Io pretendo qualcosa di più: temi, concetti, rivelazioni esistenziali sottesi alla trama, talmente ben incasellati in essa da non stravolgere la forma-romanzo (ché altrimenti potrei leggere un bel saggio e passa la paura) ma da emergere sommessamente nel corso della storia, ed essere vividi, luminosi, una volta chiuso il libro. Ecco, questa profondità, almeno nel Grossman di Qualcuno con cui correre, non l’ho trovata. Confido negli altri romanzi dell’autore che mi ripropongo di leggere per cambiare opinione.
Angela Liuzzi
David Grossman, Qualcuno con cui correre, Oscar Mondadori, pp. 362, 10 euro