“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. E come ogni anno, quindi, viaggio piacevole verso casa accompagnato da una valigia piena di libri, perchè si sa che sono giorni perfetti per poltrire a letto e godersi qualche buon romanzo.
Il libro che mi son goduto di più mi aspettava in realtà proprio a casa dei miei dove, giocoforza, son rimaste quattro delle mie librerie e qualche centinaio di volumi. Fra tutti, appena prima di mettermi sotto il piumone la notte del mio arrivo, ha cominciato a brillare un romanzo che non avevo mai davvero dimenticato…
Era più o meno il 1984, la vita era una successione di mattinate a scuola e pomeriggi costellati da infinite partite di pallone nel giardino sotto casa. Ricordo una gran quantità di fumetti sul comodino e probabilmente qualche libro illustrato, ma è proprio in una delle serate di quell’anno che ebbi il mio primo incontro con un romanzo. Il destino – per il tramite del fratellone di ritorno dal Canal Grande – aveva messo nelle mie mani il primo romanzo, e si trattava de “La collina dei conigli” di Richard Adams.
Non posso dire di avere dei ricordi molto precisi delle emozioni e delle reazioni a quella prima avventura con un libro in mano, ma sono abbastanza certo di essere riuscito a convincere i miei che – in fondo in fondo – un figlio che si porta un libro a tavola per continuare a leggere non è la cosa peggiore che possa capitarti. Molto maleducato, concordo con voi, ma prendiamolo come indice di quanto le avventure di Moscardo, Parruccone e Mirtillo mi avessero colpito.
E’ abbastanza evidente che quel giovane esemplare di lettore non possa aver colto in pieno tutti i messaggi contenuti in un romanzo che continua ad avere un discreto successo, e scoprirlo a una venticinquina di anni di distanza è stato curiosissimo. Nella ricerca di un nuovo e ideale luogo per vivere che determina il viaggio di questa umanissima tribù di conigli c’è molto del desiderio di evasione e cambiamento di ognuno di noi, con una tensione ecologista modernissima che accompagna un po’ tutto il testo. Solidarietà, amicizia, lealtà verso i propri simili sono temi che fanno da colonna sonora alla narrazione, e non mi sorprende che abbiano colpito la mia fantasia di settenne. La sorpresa è stata scoprire che – complici anche i ricordi infantili, per carità – la lettura è risultata assolutamente intrigante e scorrevole, e che mi ha sostanzialmente catturato. E non devo essere stato l’unico, se è vero che negli anni le citazioni di questo romanzo si sono succedute: per dirne un paio, ha ispirato un fumetto di Dylan Dog dal titolo identico (protagonisti degli intriganti zombie-coniglietti) ed è inserito in un episodio della prima serie di Lost.
Devo ammettere che ne son felice, un po’ perchè adesso ho una buona risposta per chi mi domanda “Cosa regalo da leggere a mio figlio?” e un po’ perchè, tra tutti i “primi romanzi” possibili, questo non è affatto male.
E voi? Ricordate quale sia stato il primo libro che avete letto?